[A cura di: avvocato Nunzio Costa – presidente Acap]
Si parte dal rilievo in ordine alla nomina dell’amministratore avvenuta in maniera illegittima ed in assenza del quorum. L’argomento è chiaro, ed intendo effettuare una sola, semplice precisazione: qualcuno potrebbe ritenere che trattandosi della elezione avvenuta in favore dell’amministratore uscente, bastino 334 mm. Non è più così, nel senso che si tratta di una giurisprudenza nata in costanza di vecchia disciplina, applicabile solo sino al 17 giugno 2013. Dal 18.6.13 è entrata in vigore la novella del condominio. In tale novella, il legislatore ha ribadito l’esigenza dei 500,01 millesimi per “la nomina e revoca dell’amministratore, che dura in carica un anno e può essere riconfermato”, senza per questo agire legislativamente in merito ai millesimi necessari per la riconferma, con ciò scegliendo quindi la strada che anche per tale ipotesi siano necessari gli stessi quorum per la nomina.
L’argomento è confermato dall’art. 1129 c.c. che richiede l’accettazione esplicita dell’incarico e l’indicazione specifica del compenso, senza possibilità di poterlo desumere per relationem (dal preventivo, dalla proposta presentata l’anno precedente). La mancanza di tale requisito è sanzionata con la sanzione più grave prevista dal codice civile: la nullità, senza appello o sanatorie. L’unica strada percorribile è una nuova assemblea che rimedi alla mancanza, ma la nomina è valida solo dalla assemblea che ha raccolto l’accettazione esplicita e l’indicazione del compenso.
Infatti in questo periodo, qualsiasi condomino, anche da solo, può convocare l’assemblea per la nomina dell’amministratore, proprio perché vi è sede vacante. Si badi bene: si tratta di norma eccezionale, introdotta esplicitamente dal legislatore per la prima volta e quindi che non lascia margini di interpretazione differente. Si badi ancora che il legislatore non indica la possibilità per il condomino di richiedere la nuova convocazione di assemblea, o ad un numero minimo di condòmini ex art. 66 d.a.c.c., di innescare il procedimento di autoconvocazione. Attribuisce il potere diretto di convocare anche ad un solo condomino, il che vuol dire che l’amministratore non c’è, e quindi si deve provvedere immediatamente a questa mancanza attribuendo, eccezionalmente, a uno qualsiasi dei condòmini il potere di convocazione.
Dunque, dal combinato disposto delle norme si deducono due circostanze:
1) anche in caso di rinnovo devono essere rispettate tutte le norme valide per la prima nomina:
2) la mancata accettazione esplicita e la mancata indicazione del compenso generano una vacatio, non sussumibile con la prorogatio e quindi l’amministratore uscente che non abbia adempiuto alle regole del 1129 c.c. non può compiere alcuna attività.
Ove mai operasse, ogni conseguenza sarebbe riferibile solo alla sua persona e mai al condominio; ogni contratto firmato, sarebbe firmato in proprio; ogni debito contratto, debito contratto in proprio. Ovviamente ci sarà quella parte di dottrina che cercherà di introdurre “la figura dell’amministratore apparente”, ossia quel professionista che – decaduto dall’incarico – continua ad esercitare per conto del condominio, in modo da sembrare che sia proprio l’amministratore in carica dello stesso. A tal proposito, ritengo che solo la giurisprudenza di merito potrà affrontare caso per caso le circostanze specifiche. E molto dipenderà da quello che gli organi condominiali, o anche i singoli condòmini, avranno fatto per contrastare l’esercizio abusivo dell’attività da parte dell’amministratore non legittimato.
Ossia: se l’amministratore decaduto subisce azioni da parte dei condòmini o, se uno di questi convoca una assemblea, evidenziando che vi è volontà di non proseguire nel rapporto, allora nessun giudice potrà riconoscere una qualifica seppur degradata di “amministratore apparente” al professionista non legittimato.