[A cura di: avvocato Paolo Ribero]
Nell’ambito dell’esame della riforma del condominio, che ha da poco compiuto il primo anno di vita, un passaggio particolarmente significativo è quello che è andato a modificare l’articolo 1118 del Codice Civile in materia di diritti dei partecipanti sulle parti comuni; articolo che ora recita come segue.
“Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene.
Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.
Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto dalle leggi speciali.
Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma”.
Il nuovo testo dell’art. 1118 Codice Civile amplia la precedente disciplina inerente i diritti dei partecipanti sulle cose comuni.
Ai primi tre commi che riprendono i principi di indivisibilità ed irrinunciabilità dei diritti sulle cose comuni e conseguenti oneri di partecipazione alla manutenzione, proporzionali al valore di proprietà di ogni condomino, segue il quarto comma che prevede le modalità con cui il condomino può distaccarsi dall’impianto di riscaldamento e condizionamento centralizzato.
Da una prima superficiale lettura parrebbe ravvisarsi una contraddizione tra i primi tre commi ed il quarto, in quanto dapprima si stabilisce l’indivisibilità e l’irrinunziabilità sulle parti comuni (tra cui espressamente l’art. 1117 C.C. include gli impianti per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria) dall’altra si prevede la possibilità – in presenza di determinate condizioni – di distacco dagli impianti di riscaldamento e condizionamento.
In realtà ciò non è, in quanto anche nell’ipotesi di distacco viene ribadito dall’ultima parte dell’articolo in esame che il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma; quindi rimane inalterato l’obbligo di contribuire alla manutenzione straordinaria dell’impianto, che permane di proprietà comune.
Pertanto il legislatore, facendo propri i principi già enunciati e ormai consolidati in giurisprudenza, ha stabilito che solo dalle spese di consumo resterebbe esentato il rinunziante.
In merito al distacco dell’impianto di riscaldamento o condizionamento, però, è opportuno sottolineare che con la legge 220/2012 non si è previsto un diritto unilaterale del condomino al distacco, ma si è subordinata tale possibilità alla realizzazione di due chiare e complesse condizioni, ossia che non si determinino:
1) notevoli squilibri di funzionamento;
2) aggravi di spesa per gli altri condòmini.
Quindi, non solo il distacco non deve procurare pregiudizio all’impianto, ma gli altri condòmini non devono vedere aggravata la propria posizione (ad es. con un aumento di spese pro capite) da tale opera.
In pratica, il condomino che intende staccarsi dall’impianto di riscaldamento dovrà dimostrare, ritengo con una perizia redatta da tecnico abilitato (che prevedo possa dare origine a contenziosi allorquando vi siano contestazioni fondate su perizia contraria), che da tale opera non consegua un aggravio di spesa in capo agli altri condòmini.
Pertanto il diritto del condomino rinunziante deve risultare compatibile con il diritto degli altri partecipanti alla comunione condominiale a non veder aumentata la propria partecipazione di spesa in conseguenza del distacco. Nella stessa ottica deve essere letto l’inciso che il legislatore della riforma ha ritenuto di dover introdurre nel terzo comma dell’articolo in commento, in cui viene ribadito l’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni anche nel caso di modifica della destinazione d’uso dell’unità immobiliare.
Quindi il condomino, rispettando la normativa in materia, ha diritto a modificare la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, ma tale diritto non può far venire meno l’obbligo di contribuzione spese che determinerebbe implicitamente un aggravio di costi sugli altri partecipanti alla comunità condominiale.