“Ormai accogliamo con sospetto e preoccupazione ogni proposta normativa che implichi una qualche innovazione, sia pure nel senso di una razionalizzazione della normativa previdente”. È il commento del presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, all’ipotesi di introduzione di una tassa unica sulla casa (si chiamerà Local Tax) prevista dalla Legge di Stabilità 2015.
“L’esperienza pluridecennale ha dimostrato come mai sia stata introdotta una innovazione migliorativa in termini di carico fiscale per i proprietari di casa – polemizza il numero uno di Assoedilizia -. Anche recentemente, a fronte dell’esenzione Imu prima casa, si era parlato di service-tax, poi di Tuc, poi di Iuc (non si tratta di una semplice variante terminologica, ma di un cambio di impostazione concettuale), quindi di Tasi, di Tari e di Imu; ed alla fine coloro che hanno investito nel mercato degli immobili si sono trovati a pagare oltre 2 miliardi di euro in più”.
Il timore, quindi, è che anche la nuova previsione fiscale porti ad un peggioramento ulteriore dell’attuale situazione. “Addosso a chi finirà per ricadere questo nuovo tributo la cui aliquota, come si vocifera, potrà arrivare allo 0,6 per mille del valore catastale?”, si domanda Colombo Clerici, che poi lancia una stoccata anche all’ex premier Bersani: “Non si dia pena di sfasciare i patrimoni immobiliari dei privati proponendo l’istituzione della patrimoniale sulle grandi proprietà degli immobili: questi si stanno già dissolvendo per conto proprio in virtù dell’abnorme pressione fiscale concomitante con la crisi economica”.
Il riferimento è alle dichiarazioni rilasciate da Bersani nel corso di una trasmissione televisiva. “Due dati per tutti – puntualizza ancora il presidente di Assoedilizia -. In primo luogo, dal 2008 ad oggi il valore del solo patrimonio residenziale privato è passato da oltre 6.500 miliardi effettivi di euro a meno di 5.000 miliardi teorici (meno 24%). L’ Italia, nel confronto internazionale, è il Paese con il maggior livello di tassazione sugli immobili a livello mondiale: il 2,2% sul Pil e il 2,75% sul reddito disponibile, contro la media Ocse di 1,27% e 1,59%, ossia circa 1 punto in più sul Pil e 1,16 sul reddito disponibile. Ed inoltre, il gettito tributario del settore, a differenza di quanto avviene negli altri Paesi, è a carico solo di un terzo delle abitazioni e di metà degli immobili complessivi. Figuriamoci dunque il grado di pressione fiscale a carico di chi paga queste tasse”.
Di qui la polemica contro Bersani: “A parte il fatto che una patrimoniale ordinaria (cioè annuale) sugli immobili già esiste ed è assai gravosa. A quali patrimoni immobiliari da supertassare allude Bersani? A quelli che garantiscono un tetto sulla testa a quasi 3 milioni di famiglie, cioè il 19 per cento della popolazione italiana, che non possono permettersi o non intendono, per le più diverse ragioni, acquistare una casa? O a quelli che, attraverso la locazione ad uso commerciale, assicurano alle imprese italiane di minore dimensione un finanziamento indiretto della loro attività? Immaginiamo quale effetto produrrebbe poi una conseguente dismissione massiccia di immobili (per fare cassa) in termini di crisi, dei posti di lavoro e del fatturato, dell’enorme indotto che vi è collegato. Oppure si riferisce alle proprietà di borghi e castelli e palazzi monumentali? Queste, se sono ricchezze, lo sono rimaste solo sul piano culturale. Dal punto di vista economico rappresentano solo debiti: costi di gestione e tasse. Forse alle ville ai monti e al mare ? Ma queste, con buona pace di chi le vorrebbe tassare, sono già state messe fuori mercato: nessuno più le vuole acquistare. In ogni caso, la manifestazione di idee di questo genere, da parte di figure politiche di primo piano, è proprio ciò di cui si sente il bisogno per rigenerare quella fiducia verso l’economia italiana, che è condizione indispensabile per il rilancio dei consumi e degli investimenti privati, ai fini della crescita economica”.