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“E se cade in strada un davanzale?” – parte II. L’esito penale e quello civile

  • Quotidiano Del Condominio
  • 12 ottobre 2020

[A cura di: Fabrizio Mario Vinardi, segretario Ordine degli Ingegneri della Provincia di Torino] Quante volte, camminando per strada, ci siamo chiesti: “Se cadesse qualcosa dall’alto e mi facessi male, di chi sarebbe la responsabilità? Potrei avere diritto ad un risarcimento?”.

Iniziava così un articolo scritto qualche tempo fa (si veda E se cade in strada un davanzale? Istruzioni e precauzioni), raccontando la (sfortunata) storia dei lavori di ristrutturazione della casa di Valentina, commissionati “chiavi in mano” all’impresa “Alfa”; del subappalto alla ditta “Beta” all’insaputa del committente; del davanzale caduto in strada durante la sostituzione di un infisso da parte di un artigiano cui l’azienda Beta aveva sub-subappaltato la posa; del passante colpito e del conseguente procedimento penale per lesioni colpose (art. 590 cod. pen., che prevede nei casi più gravi fino a due anni di reclusione).

Il procedimento penale

Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica accertavano come l’omessa nomina del Coordinatore Sicurezza da parte dell’ignara Valentina non fosse in nesso di causa con l’evento, frase di sapore giuridico che, tradotta in termini semplici, diventa “non vi è alcuna relazione tra l’evento dannoso, ossia la caduta del davanzale, e l’errore di comportamento di Valentina, che non aveva provveduto a nominare il Coordinatore Sicurezza”.

Secondo la magistratura penale l’interruzione di questo nesso di causa sta nel fatto che le lavorazioni eseguite dall’impresa principale Alfa (una modesta ristrutturazione interna) non erano tali da aver potuto creare le condizioni per il distacco del davanzale (ad esempio, per propagazione di vibrazioni dovute all’impiego di martello pneumatico) durante la fase di lavoro in cui era intervenuta la ditta Beta, ossia il momento in cui l’eventuale Coordinatore avrebbe dovuto svolgere la propria attività principale.

Pertanto la fase penale della vicenda si concludeva senza alcuna condanna per Valentina, che comunque si era vista costretta ad un esborso in denaro tutt’altro che modesto per la propria difesa e la urgente messa in sicurezza del cantiere.

Come era prevedibile, il malcapitato pedone chiedeva il ristoro per le lesioni patite, rivolgendosi a un legale. I primi contatti per tentare una risoluzione stragiudiziale della lite non andavano a buon fine, non solo perché la richiesta risarcitoria era ritenuta eccessiva, ma principalmente perché risultava difficile poter trovare un accordo sul riparto della somma richiesta, a causa dell’elevato numero di potenziali controparti (Valentina, l’impresa Alfa, l’impresa Beta, l’artigiano, ecc.).

La causa civile

A circa un anno di distanza dai fatti iniziava così la causa civile, che per la parte tecnica vedeva la nomina di due distinte CTU:

  • una in materia medico-legale per valutare la gravità delle lesioni patite e il conseguente risarcimento;
  • e una in materia di sicurezza e ricostruzione della dinamica dell’evento, per la quale il Giudice disponeva anche una Integrazione scritta.

Il CTU nominato per l’analisi ricostruttiva segnalava al giudice che:

“Nei giorni precedenti il sinistro, l’immobile era stato oggetto di lavori da parte dell’impresa ALFA anche sul muro della finestra in esame.

Conseguentemente, le figure coinvolte nell’evento sono:

  1. la proprietaria dell’appartamento su cui si stavano eseguendo i lavori, sig.ra VALENTINA, committente dei lavori;
  2. l’impresa ALFA incaricata di eseguire i lavori di ristrutturazione “chiavi in mano”;
  3. il progettista, architetto Mario ROSSI;
  4. la D.L. (direzione lavori), architetto Mario ROSSI;
  5. la ditta BETA, che ha fornito gli infissi;
  6. l’artigiano Giuseppe BIANCHI, che ha eseguito i lavori sull’infisso;
  7. l’amministratore dello stabile, Carlo NERI.”

Il CTU proseguiva con indicazioni, sostanzialmente recepite dal giudice, secondo cui non emergevano responsabilità a carico dei seguenti soggetti:

  • Valentina, perché si era affidata all’impresa con la formula “chiavi in mano” e non aveva avuto ruolo attivo né nei lavori, né nella progettazione, affidandosi alla ditta commissionata;
  • ditta Beta, in quanto si era limitata a fornire gli infissi, senza operare alla posa degli stessi;
  • l’artigiano Bianchi, perché si era limitato a eseguire i lavori indicatigli, agendo su parti sulle quali l’impresa aveva già operato precedentemente (senza predisporre un POS – Piano Operativo di Sicurezza, il documento che l’impresa deve obbligatoriamente redigere prima di iniziare i lavori in un cantiere);
  • l’amministratore del condominio (peraltro non citato in causa, quindi tecnicamente si tratta di considerazioni irrilevanti), perché trattasi di lavori interni a un appartamento che non prevedevano l’interessamento della facciata o di altre parti condominiali.
    Su questo specifico punto, se il condominio fosse stato citato in causa, si sarebbero probabilmente aperte discussioni interminabili, poiché il giudice, in assenza di contraddittorio specifico non essendo il condominio citato in causa, riteneva che il davanzale fosse un bene “facente parte della facciata dell’edificio”, in ciò liberando Valentina da una eventuale responsabilità danno provocato da cosa in custodia ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.

Di contro, il CTU riconosceva responsabilità in capo:

  • alla ditta ALFA per plurimi motivi, tra cui aver effettuato lavorazioni sui muri laterali intorno alla finestra da cui si è staccato il davanzale esterno, aver posato il davanzale interno e nuovo impianto di riscaldamento per il radiatore sottofinestra. Tali lavori, secondo il CTU che si distaccava così dalle valutazioni della fase penale, quand’anche eseguiti con mezzi d’opera leggeri, avevano creato vibrazioni in grado di compromettere la stabilità del davanzale precipitato;
  • al progettista e direttore lavori (curiosamente non citato in giudizio, quindi anche in questo caso trattasi di valutazione irrilevante) per non aver vigilato sulle lavorazioni, tenuto conto che il solo esame visivo dal balcone della stanza adiacente della casa di Valentina (valutato sui rilievi fotografici in atti) permetteva di avere contezza dello stato precario del nodo davanzale – muro perimetrale portante.

Il giudice, poi, riteneva Valentina non responsabile né per culpa in eligendo (in astratto legata a una errata valutazione nell’affidarsi all’impresa ALFA) per “assenza di elementi tali da determinare un giudizio di consapevolezza di Valentina nella scelta dell’appaltatore (la cui inidoneità non può essere automaticamente dedotta dall’accaduto)”, né per culpa in vigilando (il committente ha l’obbligo di vigilare sull’andamento dei lavori), in quanto il dovere di vigilanza competeva, semmai, al direttore dei lavori formalmente nominato (ma non citato in causa).

La sentenza

La sentenza di I grado, non appellata, a fronte di una richiesta per danni patrimoniali e non patrimoniali dell’ordine dei 70.000 euro decideva, alla luce delle risultanze della CTU medico-legale, per un risarcimento di € 55.000 in favore del pedone, ponendo tale onere a carico esclusivo dell’impresa ALFA, che a meno delle franchigie veniva manlevata dalla propria Compagnia di assicurazioni vista la presenza di idonea polizza RC.

Le spese di procedura e quelle legali delle parti vittoriose, complessivamente ammontanti all’ordine di grandezza di 60.000 euro, seguivano la soccombenza e venivano quindi corrisposte dalla Compagnia assicuratrice.

In chiusura, va detto che la vicenda sin qui ricostruita deve essere ritenuta un caso particolare, poiché il giudice civile non ha avuto la possibilità di valutare le eventuali co-responsabilità dei soggetti non evocati in giudizio, quali ad esempio il condominio (che, in astratto, poteva essere riconosciuto colpevole di non aver manutenuto da molti anni la facciata), il direttore dei lavori (per non aver vigilato sui lavori) e l’artigiano Bianchi (l’unico ad aver operato direttamente sul davanzale caduto).

Conclusioni

Quali insegnamenti si possono trarre dall’epilogo civile di una vicenda con mille sfaccettature come quella di Valentina?

  1. in via preliminare, il fatto che decidere strategicamente di convenire in giudizio, oppure no, una o più controparti può essere decisivo – sia in senso positivo sia negativo – nel giudizio.
    Ad esempio, se il condominio fosse stato citato nella causa e si fosse validamente difeso col proprio avvocato e il proprio consulente tecnico, magari le conclusioni sulla natura “comune” del davanzale avrebbero potuto essere diverse;
  2. poi che il trasferimento del rischio ad una Compagnia di assicurazioni è in generale una buona scelta: nel caso specifico, la polizza dell’impresa ALFA ha manlevato l’azienda dal dover corrispondere circa 115.000 euro tra risarcimento e spese di procedura;
  3. infine, che la scelta di un professionista competente è fondamentale anche in caso di modesti lavori di ristrutturazione: Valentina aveva preferito il contratto “chiavi in mano” dell’impresa ALFA e non aveva avuto così la possibilità di avere il parere di un professionista di fiducia da lei nominato, in quanto i tecnici erano stati scelti dall’impresa (ancorché pagati dal committente).
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