La rimozione dell’amianto resta una delle operazioni più urgenti e delicate per la tutela della salute pubblica. Nonostante il materiale sia ormai fuori legge da anni, in Italia sono ancora presenti circa 40 milioni di tonnellate potenzialmente pericolose, disseminate tra edifici civili, industriali e infrastrutture. La bonifica, però, è costosa e complessa. Per questo, il bonus rimozione amianto rappresenta un’opportunità da cogliere prima che le condizioni fiscali peggiorino.
Secondo quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate, le spese sostenute per la bonifica dell’amianto sono detraibili dalle imposte sui redditi, anche se non collegate ad altri interventi edilizi. Il riferimento normativo è l’articolo 16-bis del TUIR, che consente una detrazione del 50% per i lavori effettuati sull’abitazione principale. Ma il tempo stringe: questa aliquota sarà valida solo per gli interventi eseguiti tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2025. La spesa massima agevolabile resta fissata a 96.000 euro. Dal 2026, la detrazione scenderà al 36% per la prima casa e al 30% per le altre unità immobiliari.
Il bonus non rientra nel Superbonus, poiché la rimozione dell’amianto non è considerata un intervento di efficientamento energetico. Inoltre, resta in vigore il blocco della cessione del credito e dello sconto in fattura: l’unico modo per beneficiare dell’agevolazione è attraverso la propria capienza fiscale.
Per accedere alla detrazione, è fondamentale rispettare alcune regole. Il pagamento deve avvenire con strumenti tracciabili, come il bonifico bancario, e deve riportare la causale specifica prevista dalla normativa. Il codice fiscale del pagante deve coincidere con quello del beneficiario della detrazione. In sede di dichiarazione dei redditi, le spese vanno indicate nel quadro E del modello 730, rigo E41.
Anche le imprese possono accedere a forme di sostegno per la bonifica dell’amianto, ma attraverso canali diversi. Il bando Isi Inail, pubblicato annualmente, finanzia interventi volti a migliorare la salubrità e la sicurezza nei luoghi di lavoro. L’edizione 2025 si è già conclusa, ma nuove opportunità potrebbero aprirsi nei prossimi mesi.
Il motivo per cui lo Stato riconosce un incentivo alla rimozione dell’amianto è legato alla sua pericolosità. Utilizzato per decenni per la sua economicità e capacità di isolamento termico, l’amianto è stato bandito a causa dei gravi rischi per la salute. Le sue fibre, una volta deteriorate, possono provocare patologie gravissime come il mesotelioma, tumori al polmone, alla laringe e persino all’ovaio. Tuttavia, la legge non impone la rimozione obbligatoria, poiché il rischio è legato allo sfaldamento del materiale. Di conseguenza, la bonifica resta a carico dei proprietari.
I costi variano in base alla tipologia di intervento. Lo smaltimento semplice si aggira tra i 20 e i 25 euro al metro quadrato, ma può salire fino a 35 euro se è necessario procedere all’incapsulamento, una tecnica che blocca le fibre danneggiate per evitare la dispersione nell’ambiente. A questi costi si aggiungono le spese per la pulizia del sito, che deve essere eseguita da personale specializzato.
La rimozione dell’amianto deve essere affidata esclusivamente a ditte autorizzate, che seguano protocolli rigorosi per garantire la sicurezza. In questo contesto, le detrazioni fiscali rappresentano un incentivo concreto per chi decide di intervenire, ma il 2025 potrebbe essere l’ultimo anno per farlo alle condizioni più favorevoli.