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ADDIO AGLI STUDI DI SETTORE, MA ANCHE AI “CORRETTIVI ANTI-CRISI”

  • Redazione
  • 12 settembre 2016

[A cura di: Anna D’Angelo – Nuovo FiscoOggi, Agenzia delle Entrate]

Lo studio di settore cambia volto e diventa un indicatore di “compliance”. Si può riassumere così il profondo restyling, che assume a tratti la portata di un’autentica rivoluzione, a cui sarà sottoposto lo strumento presuntivo del Fisco dedicato al reddito d’impresa e di lavoro autonomo, secondo le novità presentate nei giorni scorsi dal Mef ad associazioni di categoria e ordini professionali alla riunione della Commissione degli esperti degli studi di settore, presso la sede della Sose (Soluzioni per il sistema economico spa).

Dall’accertamento presuntivo a strumento per la compliance

Fino a oggi, lo studio di settore si è basato sulla comparazione dei ricavi o compensi dichiarati con quelli calcolati attraverso un’elaborazione statistico-matematica dei dati contabili e strutturali (settore economico, dimensione, localizzazione, modalità produttiva utilizzata e così via) indicati dallo stesso contribuente nel proprio modello. Dalla comparazione scaturisce un esito che può essere di congruità o meno dei ricavi/compensi dichiarati con quelli presunti sulla base dello studio.

Le novità presentate da ministero dell’Economia e delle Finanze e da Banca d’Italia, consentiranno di superare l’ottica “in or out” della congruità e di abbandonare gradualmente il ricorso allo studio di settore come strumento di accertamento presuntivo da parte dell’Agenzia delle Entrate: viene introdotto, infatti, l’indicatore di compliance: un dato sintetico che fornirà, su una scala da uno a dieci, il complessivo grado di “affidabilità” del contribuente. Se il livello raggiunto è elevato, il soggetto potrà accedere al regime premiale, che già oggi consente a chi vi rientra di godere di diversi vantaggi in termini di accelerazione dei tempi relativi ai rimborsi fiscali, esclusione da alcuni tipi di accertamento e una riduzione dei termini di prescrizione.

L’Agenzia delle Entrate comunicherà al contribuente l’esito dell’indicatore sintetico e le sue diverse componenti, comprese quelle che risultano incoerenti. Lo scopo è quello di incentivare il dialogo con il contribuente, stimolandolo all’adempimento spontaneo e al miglioramento, in autonomia, della propria posizione di affidabilità fiscale.

Come funziona l’indicatore di compliance

L’indicatore di compliance sarà tarato sulla base dell’attività economica svolta dal contribuente in maniera prevalente, tenendo conto quindi delle specificità di ognuna. L’indicatore assegnerà un grado di affidabilità che scaturisce da una nuova elaborazione statistico-economica dei dati dichiarati dal contribuente, fondata su un sistema di sette indici significativi (i precedenti indici di coerenza e normalità economica).

Sono diversi, inoltre, gli elementi di innovazione rispetto agli studi “tradizionali”: in primo luogo, alla stima dei ricavi si affiancheranno il valore aggiunto e il reddito d’impresa. Inoltre, il modello di regressione alla base del calcolo si fonderà su dati panel tratti dagli ultimi otto anni di storia dell’impresa o del professionista, anziché un anno solo. Questa novità apporterà un arricchimento delle informazioni e stime più accurate. 

Infine, andranno in soffitta i correttivi congiunturali (i cosiddetti “correttivi anticrisi”) predisposti ex post, dal momento che il modello di stima ingloberà già l’andamento ciclico del mercato.

Meno cluster, più semplificazione

La riforma degli studi di settore muove passi anche sulla strada della semplificazione degli adempimenti, attraverso la riduzione del numero di modelli, pur restando invariata la platea dei contribuenti interessati, e anche del numero di informazioni richieste al contribuente in sede di compilazione, in ordine all’organizzazione dell’attività. La nuova metodologia di individuazione dei modelli organizzativi consentirà così la tendenziale riduzione del numero, una maggiore stabilità nel tempo e un’assegnazione più robusta al cluster.

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