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Gli indici ISTAT tornano positivi: come ottenere l’adeguamento del canone d’affitto

  • Quotidiano Del Condominio
  • 4 aprile 2017
[A cura di: Paolo Ciri – delegato UPPI Spoleto]
Dal settembre 2013 l’indice ISTAT F.O.I. (Famiglie Operai ed Impiegati), quello che viene usato per l’adeguamento dei canoni di locazione ed affitto, era sotto l’uno per cento (anno su anno, stesso mese). Nell’agosto del 2014 fu addirittura, per la prima volta, negativo. Cioè i prezzi rilevati scendevano. E sono scesi costantemente per tutto il 2015 e per otto mesi del 2016. In questa situazione i proprietari non potevano, ovviamente, chiedere adeguamento del canone; ma neppure i conduttori potevano chiedere un adeguamento in negativo, non essendo ciò previsto. Per contro, molti conduttori, specie del settore commerciale, hanno chiesto, in questi anni, riduzioni consensuali del canone, anche consistenti, ottenendole spessissimo.
Ora la rilevazione ISTAT ha segnato invece +0,9% in gennaio 2017 e +1,5% in febbraio. Torna, quindi, di attualità il tema dell’adeguamento dei canoni al costo della vita.
Adeguamento, sottolineiamo: mai dire “aumento”. Infatti, si tratta di aumento nominale ma di adeguamento in termini reali, cioè di un meccanismo che almeno non fa diminuire il valore reale del canone. O lo fa diminuire, ma solo in parte, perché non sempre l’adeguamento può essere chiesto nella misura che l’Istat rileva. “L’aggiornamento Istat” era previsto nell’articolo 24 della legge 392/78 (la famigerata legge sull’equo canone), il quale limitava al 75% l’adeguamento, rendendolo dunque parziale. La legge 431/98 ha abrogato molti articoli della 392, tra cui il 24, ma limitatamente alle locazioni abitative.
Vediamo come funziona:
  • Contratti di locazione di civile abitazione in opzione fiscale ordinaria: si può prevedere in contratto l’applicazione dell’adeguamento all’ISTAT. Non più del 100% dell’indice, altrimenti sarebbe aumento – vietato – ma neppure limitato al 75%, dato che l’articolo 24 è stato abrogato. Se non previsto in contratto, l’adeguamento non si può fare, dato che nessuna legge lo prevede.
  • Contratti di locazione di civile abitazione in opzione fiscale cedolare secca: per aderire a questo regime, previsto dal d.lgs. 23/2011 all’articolo 3, occorre rinunciare volontariamente ed esplicitamente all’adeguamento ISTAT. Quindi non si può applicare. Eventualmente si può, con le dovute formalità ed i dovuti termini, revocare il regime cedolare. Quindi tornare alla ipotesi sopra esposta della opzione fiscale ordinaria.
  • Contratti di affitto commerciale: per questi contratti rimane in vigore l’articolo 24 della 392, abrogato, come detto, solo per le locazioni abitative. Ma l’articolo giusto è il 32 (della L. 392/78), che riguarda, appunto, gli affitti commerciali (non abitativi). Quanto al limite del 75%: esso opera. Lo scrive l’art. 32 stesso. Però c’è un possibilità per applicare l’ISTAT totalmente, al 100%. La legge 14/2009 (di conversione del d.l. 207/2008) ha inserito, al secondo comma dell’art. 32 sopracitato, le parole “per i contratti stipulati per durata non superiore a quella dell’art. 27”. Ne consegue che, se le parti intendono prevedere una durata iniziale (i rinnovi saranno quelli di legge) superiore anche di un solo alla durata minima di legge, potranno pattuire anche che l’adeguamento ISTAT sia totale. In pratica, i contratti dei negozi e degli uffici affittati per 7 anni + 6 (anziché i 6+6 di legge) possono contenere una clausola di adeguamento totale (100% dell’indice pubblicato dall’Istat).
  • Cosa bisogna fare per aver diritto all’adeguamento nei contratti di civile abitazione: occorre seguire i patti presi nel contratto, essendo quelli che fanno testo, in assenza di legge. Qualora non siano dettagliati meglio seguire la procedura dei contratti commerciali, sotto descritta, normata per legge.
  • Cosa bisogna fare per aver diritto all’adeguamento nei contratti commerciali: la legge 392 prevede che “le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore…” (art. 32); ed in termini diversi ma sostanzialmente equivalenti “l’aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata” (art. 14, che sopravvive per le locazioni commerciali). In sostanza, il proprietario (o uno dei comproprietari a nome di tutti) deve chiedere l’adeguamento per raccomandata (meglio se con ricevuta di ritorno) un mese prima di quando lo vuole avere. All’incirca all’undicesimo mese di ogni periodo annuo. Se lo dimentica o lo fa in ritardo, avrà diritto all’adeguamento dal mese successivo alla richiesta e perderà la differenza per i mesi precedenti. Se lo fa con anni di ritardo, perderà la differenza mensile per tutto il passato, ma potrà sommare tutti gli indici Istat dei vari anni accumulatisi e chiederli cumulativamente nella stessa occasione. Per evitare ciò, si vorrebbe poter stabilire che l’adeguamento sia automaticamente dovuto, ma ciò è possibile solo nei contratti di civile abitazione (fuori cedolare secca). Per i commerciali la legge 392 stabilisce che venga fatto su richiesta del locatore.
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