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Ingegneri: l’abilitazione professionale non fa più gola ai neo-laureati

  • Quotidiano Del Condominio
  • 7 febbraio 2019

[A cura di: Consiglio nazionale Ingegneri] Secondo il rapporto del Centro Studi CNI, un numero non trascurabile di nuovi ingegneri decide di non iscriversi subito all’albo, assegnando alla libera professione un ruolo di opportunità di riserva da cogliere in un secondo momento. Ancora un lieve calo per le abilitazioni professionali dei laureati in ingegneria. Nel 2017, infatti, hanno conseguito l’abilitazione alla professione di ingegnere iunior 9.163 laureati, il 3% circa in meno rispetto all’anno precedente. Tralasciando i laureati di primo livello, che solo in minima parte accedono alla professione, va sottolineato come gli 8.446 abilitati alla sezione A costituiscono solo un terzo circa dell’universo potenziale di riferimento (stimato intorno ai 25mila laureati). Di questi, poi, il numero di coloro i quali hanno optato per l’iscrizione all’albo è pari a 3.746. A dispetto di quest’ultimo dato, però, il numero degli iscritti all’Albo risulta in crescita.

I dati della ricerca evidenziano anche come l’abilitazione professionale non venga ritenuta indispensabile per i laureati di primo livello, tanto che il titolo è conseguito appena dal 2,4% dell’universo potenziale. È quanto emerge dal monitoraggio annuale effettuato dal Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri.

“Sono due i fenomeni concomitanti che contribuiscono all’assottigliamento del numero di neo ingegneri iscritti all’Albo – commenta Giuseppe Margiotta, presidente del Centro Studi CNI -. Da un lato si sta contraendo di anno in anno il numero di ingegneri che decide di abilitarsi, soprattutto a causa della crisi che ha colpito prevalentemente il settore civile. Dall’altro, tra coloro che conseguono il titolo abilitante, un numero non trascurabile decide di non iscriversi all’albo, assegnando alla libera professione un ruolo di seconda opportunità da cogliere solo in caso di necessità, magari in un secondo momento”.

“È molto significativo – afferma Armando Zambrano, presidente del CNI – il fatto che nell’ultimo anno si sia registrata l’iscrizione di numerosi vecchi abilitati, sicché il numero complessivo degli iscritti al nostro albo risulta in aumento. Questo accade perché negli ultimi anni come categoria ci siamo sforzati di trasformare l’Ordine in un organismo attivo, capace anche di erogare servizi. In questa direzione, ad esempio, stanno andando due progetti in cui crediamo molto, come CERTIng e WorkIng, dedicati alla certificazione delle competenze e alle opportunità professionali per gli ingegneri iscritti”.

È difficile ritenere che tra le cause di questo progressivo distacco vi sia la difficoltà delle prove d’esame, visto che il tasso di successo si mantiene, così come nel passato, su valori elevati attestandosi, per il 2017, all’87,4%. Un fattore determinante va individuato invece nella distinzione in settori dell’Albo professionale che, di fatto, ha indotto diverse categorie di laureati in ingegneria a dubitare dell’utilità dell’iscrizione all’albo professionale. Il titolo abilitante, infatti, non costituisce un requisito “necessario” per un numero crescente di laureati in ingegneria. L’effetto di questo dato di fatto è evidente: quasi il 60% degli abilitati appartiene al settore civile e ambientale (dove l’abilitazione è requisito necessario per lo svolgimento dell’attività professionale), mentre si riduce il gruppo di abilitati appartenenti al settore dell’informazione: nel 2017 appena il 6,1% del totale degli abilitati, laddove nel 2013 la quota era più che doppia.

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  • Albo ingegneri
  • Consiglio nazionale Ingegneri
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