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L’ABITAZIONE: DA BENE RIFUGIO A CONCAUSA DELLA POVERTÀ DEGLI ITALIANI

  • Redazione
  • 16 settembre 2016

Non è tutta colpa della casa. Ma l’alloggio, e tutte le voci di uscita ad esso afferenti, hanno certamente il loro peso (e le loro responsabilità). Secondo l’analisi condotta dall’Ufficio Studi di Confcommercio, negli ultimi 10 anni è quasi triplicato (+177%) il tasso di povertà assoluta in Italia. E questo anche a causa del trend tale per cui, negli ultimi 20 anni, i prezzi dei consumi obbligati sono raddoppiati, arrivando a mangiarsi il 40% dei consumi totali delle famiglie. 

Che cosa c’entra, questo, con la casa? Molto. Perché i cambiamenti nella struttura della spesa delle famiglie sono andati ad ispessire, proprio, la quota destinata all’abitazione e ai servizi ad essa collegati (gas, luce, acqua), a scapito ad esempio degli alimentari (-2,6 punti percentuali in venti anni), del vestiario e delle calzature (-1,5%), dei mobili e degli elettrodomestici (-1,8). Quindi meno beni e più servizi, meno consumi commercializzabili e più spese obbligate 

Nello specifico, osservando i dati dell’indagine emerge che negli ultimi venti anni i beni commercializzabili – largamente assimilabili a quelli che passano dai negozi, fisici o virtuali – hanno perso in quota sulla spesa totale otto punti percentuali. Questa riduzione è andata a beneficio dei servizi commercializzabili per 3,9 punti e a favore dei consumi obbligati per 4,1 punti. La prima frazione dello spostamento deriva da un naturale processo di terziarizzazione dei consumi, la seconda dalla circostanza che i consumi obbligati sono ancora in larga parte offerti in contesti scarsamente concorrenziali che consentono prezzi e dinamiche inflazionistiche molto elevati, costringendo i consumatori a far migrare risorse dalle spese libere a quelle, appunto, obbligate. 

In particolare, sono le spese legate all’abitazione a crescere in quota (e anche in valore assoluto). Un dato su tutti: scorrendo la progressione storica dei valori a prezzi correnti (in euro), si evince con chiarezza che, se nel 1995 all’abitazione (voce da intendere in senso lato, e quindi comprendente affitti effettivi e imputati, manutenzione e riparazione dell’alloggio, acqua e altri servizi per la casa, energia elettrica, gas ed altri combustibili) afferivano 1904 euro pro-capite, nel 2016 la quota è di 3.986 euro, con un salto percentuale dal 18,4 al 23,7% dell’incidenza della casa sui consumi complessivi degli italiani.

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