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ROMA, NUOVO CROLLO, VECCHIA ESIGENZA: “SERVE IL FASCICOLO DEL FABBRICATO”

  • Redazione
  • 27 settembre 2016

“Come accaduto qualche mese fa per il palazzo di Lungotevere Flaminio, anche il crollo che si è verificato nella zona di Ponte Milvio pone interrogativi stringenti sullo stato del patrimonio edilizio della città di Roma”. A dichiararlo è l’ingegner Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma, che precisa: “Ovviamente spetterà alla magistratura, con il supporto di esperti e tecnici, fare luce sulle cause che hanno portato al cedimento strutturale dell’edificio. Un fatto è certo: in questi casi risulterebbe preziosissima l’analisi del fascicolo di fabbricato, in modo da ricostruire la successione di tutti gli interventi che sono stati realizzati all’interno dello stabile dalla sua costruzione ad oggi. L’abolizione dell’obbligatorietà di tale documento, ancora una volta, si conferma una scelta miope e avventata”.

Il perché, Simoncini lo dettaglia con una spiegazione tecnica: “Il fascicolo di fabbricato si configura come una vera e propria carta d’identità approfondita dello stabile, in cui compaiono le caratteristiche strutturali, manutentive e urbanistiche dello stesso: un punto di riferimento fondamentale per quanti si trovano a intervenire su una determinata struttura. In Italia, purtroppo, si agisce quasi sempre sull’onda emotiva di una tragedia, per poi procedere a svilire i contenuti di un provvedimento deroga dopo deroga. A Roma fu la Giunta Veltroni a introdurre l’obbligatorietà del fascicolo di fabbricato dopo il crollo di un palazzo a via di Vigna Jacobini, ma successive sentenze di Tar e Consiglio di Stato di fatto resero nulla la normativa”. 

Il risultato? “Oggi ci ritroviamo con una serie di leggi regionali, in testa quella del Lazio del 2002, che demandano a ciascun Comune di stabilire l’obbligatorietà del documento, cosa che puntualmente le singole amministrazioni evitano di fare – chiosa il docente -. Alla luce della complessiva fragilità del patrimonio edilizio italiano, non c’è dubbio che un intervento legislativo a livello nazionale dovrebbe obbligare gli enti locali a dotarsi di quanti più strumenti possibili per una conoscenza approfondita di come e quando si è intervenuto su ciascun edificio. Il tutto, ovviamente, unito all’auspicio che tecnici e professionisti si muovano sempre nel solco del rispetto delle leggi e dei codici deontologici, senza avere il profitto come unico punto di riferimento”. 

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