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Delibere nulle e annullabili. Considerazioni dopo una recente sentenze della Sezioni Unite

  • Quotidiano Del Condominio
  • 19 maggio 2021

Erio Iurdana (Confappi)

Il primo comma dell’articolo 1137 del Codice civile dispone che le deliberazioni prese dall’assemblea sono obbligatorie per tutti i condòmini. Ciò significa che, a prescindere dal voto espresso durante la riunione, le decisioni deliberate con una valida maggioranza devono essere accettate da tutti, compresi coloro che hanno votato contro, si sono astenuti o erano assenti. Nel caso in cui, però, le delibere siano contrarie alla legge o alle disposizioni contenute nel regolamento di condominio, ciascun condomino può impugnare la decisione dinanzi al giudice.

Una distinzione fondamentale è quella tra delibere nulle e annullabili. Le prime, a differenza delle seconde, possono essere impugnate in qualsiasi momento, senza limiti temporali. Inoltre, le delibere nulle non possono essere sanate ma sostituite con altre delibere votate in assemblea.

Per il Tribunale di Torino (sentenza 1° aprile 2015, n. 2396) le delibere nulla sono prive degli elementi essenziali; con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume), con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea; che incidono sui diritti individuali, sulle cose o sui servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condòmini; invalide in relazione all’oggetto. Per la Corte di Cassazione (sentenza 7 marzo 2005, n. 4806) rientrano tra le delibere annullabili quelle con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea; adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale; affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione o di informazione dell’assemblea; genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione; che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.

Il processo di annullamento di una delibera dipende quindi dalle tempistiche. I condòmini contrari e astenuti devono presentare il ricorso entro 30 giorni a decorrere dalla data di deliberazione, mentre per gli assenti fa fede la data in cui l’amministratore ha comunicato loro la deliberazione attraverso il verbale di assemblea. L’articolo 1137 spiega, inoltre, che «l’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria. L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione».

Il Codice civile purtroppo si limita a indicare i principi generali in materia di nullità e annullabilità, senza entrare nello specifico e, di conseguenza, nel corso degli anni il dibattito sul tema non è mai venuto meno. Di recente la Cassazione a Sezioni Unite è tornata a occuparsi dell’invalidità delle delibere, dopo che l’ultima pronuncia delle Sezioni Unite risaliva al 7 marzo 2005 (sentenza n. 4806) In quel caso, fra le altre cose, i giudici supremi avevano osservato che erano da considerarsi nulle, anche se votate all’unanimità, le delibere che modificano i criteri legali di ripartizione delle spese.

La sentenza 14 aprile 2021, n. 9839 ribadisce che sono da considerarsi nulle «le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalle legge o dalla convenzione, da valere per il futuro». Per la Corte «(…) sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio delle dette attribuzioni assembleari».

La Suprema Corte ha disposto che «in tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell’assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico – dando luogo, in questo secondo caso, ad un “difetto assoluto di attribuzioni” – e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all’ordine pubblico o al “buon costume”. Al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l’azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all’art. 1137 cod. Civ.».

Nel caso in oggetto, la Corte ha respinto il ricorso di un condomino contro un decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Messina, su richiesta del condominio. Più precisamente, il tribunale siciliano aveva ordinato al condomino il pagamento di circa 13 mila euro, pari a un terzo delle spese dei lavori di rifacimento e di impermeabilizzazione del lastrico solare dello stabile.

Per i giudici supremi, considerando la delibera condominiale in oggetto annullabile, il ricorrente avrebbe dovuto impugnare la decisione nei tempi stabiliti dall’articolo 1137 del Codice civile, ossia entro 30 giorni.

La sentenza delle Sezioni Unite ha, inoltre, stabilito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via di azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione.

 

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