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CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE: IL PROGETTO PER L’IMPIANTO SERVE OPPURE NO?

  • Redazione
  • 21 dicembre 2015

[A cura di: Vincenzo Perrotta]

Ancora dubbi su contabilizzazione del calore e installazione delle valvole termostatiche. Le ultime perplessità in ordine di tempo arrivano dalla Lombardia, dove la Regione, con la delibera di giunta X/4427 del 30 novembre scorso, ha stabilito che l’installazione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore possa avvenire senza la preventiva predisposizione di un progetto, come invece previsto dall’articolo 5 del Decreto ministeriale 37 del 2008. La delibera, in sostanza, considera questo tipo di intervento non equiparabile all’installazione, alla trasformazione e all’ampliamento di un impianto termico. E, in base a questa lettura, giudica non necessario il progetto. Una precisazione non di poco conto, che potrebbe avere creato un precedente significativo in materia di contabilizzazione del calore, con ripercussioni sulla futura evoluzione dell’applicazione della normativa a livello nazionale. E non solo. Secondo il presidente di Ancca (Associazione nazionale contabilizzazione del calore e dell’acqua) Hans Paul Griesser, questo provvedimento costituisce tuttavia un’evoluzione positiva della materia, per quanto i problemi della legge 102 del 2014 siano ben altri. Ecco le sue considerazioni.

Presidente Griesser, come si pone l’Ancca in merito a questa delibera?

La delibera della Regione Lombardia costituisce una evoluzione positiva della materia, anche se non risolve il problema di fondo. Quindi per semplificare e ridurre i costi, come Ancca riteniamo che la norma vada nella giusta direzione, ovvero verso la necessaria diminuzione della burocrazia e quindi di costi e tempistiche.

La norma regionale è in contrasto con quella nazionale? È ancora necessario un progetto per l’installazione di sistemi di termoregolazione?

Non sono un legale, quindi lascio ad altri questo tipo di valutazione. Evidentemente, ci sono interpretazioni diverse in merito, non soltanto sulla necessita del progetto, ma anche su quale sia il soggetto preposto ad eseguire l’intervento. Comunque sia, la Regione Lombardia sostiene che il progetto non sia necessario.

Ciò che posso dire è che, dalle stime dell’Ancca, almeno la metà delle oltre un milione di utenze che gestiamo, non ha mai richiesto un progetto per l’installazione di sistemi di termoregolazione. All’origine della confusione non c’è tanto la delibera della Lombardia, ma l’obbligo del progetto introdotto dalla Uni 10200 (la norma tecnica elaborata dalla Commissione del Comitato termotecnico italiano, a supporto delle disposizioni legislative in materia di ripartizione delle spese) e poi ribadito nella legge 102 del 2014.

Quando è preferibile affidarsi a un termotecnico specializzato?

Per il montaggio di ripartitori dei costi di riscaldamento, tecnicamente, una figura specializzata non serve. Da decenni un gran numero di aziende professionali specializzate esegue questo tipo di interventi senza alcun progetto da parte di termotecnici e con piena soddisfazione del consumatore finale. Non bisogna dimenticare che all’estero, in Paesi dove la contabilizzazione del calore è obbligatoria da molti anni, questi progetti non sono previsti. 

Ricordiamoci che il montaggio di ripartitori e il loro funzionamento non implicano interventi nell’impianto. Diverso è il caso dell’installazione (ad esempio) di valvole termostatiche per il bilanciamento dell’impianto, per la scelta delle pompe o per la programmazione delle centraline. E anche qui bisogna fare un distinguo: una cosa è rivolgersi a un bravo termotecnico per questo tipo di interventi e un’altra cosa è prevedere che il progetto debba essere consegnato in Comune o altro ente. In questo secondo caso si tratta di una mera procedura burocratica cui ottemperare.  

La tutela del consumatore viene mantenuta anche senza progetto?

Certamente di sì. La prova di questo arriva, di nuovo, dagli altri Paesi europei in cui la contabilizzazione è obbligatoria e diffusa da decenni, senza che sia previsto alcun progetto, inteso come atto burocratico obbligatorio. Se il condominio si rivolge ad aziende specializzate e professionali, responsabili del loro operato e che lavorano secondo le regole, il consumatore è certamente tutelato anche senza l’obbligo di consegna del progetto. Non vedo la ragione per cui in Italia non debba essere lo stesso.

Quali sono i veri nodi da risolvere secondo l’Ancca?

Come Ancca cerchiamo da tempo di condurre questa opera di semplificazione. La difficoltà maggiore della materia la si incontra, però, quando si parla di contabilizzazione e ripartizione delle spese. È qui che nascono i problemi. In particolare le difficoltà sono riconducibili soprattutto al metodo di calcolo previsto dalla Norma Uni 10200 per la ripartizione delle spese. Ad esempio, basarsi sui i millesimi di riscaldamento da ripartire come costi fissi sul fabbisogno, invece che sui metri cubi riscaldati o magari sulle potenze nominali dei radiatori installati negli appartamenti (come viene fatto ad oggi), creerebbe squilibri economici enormi tra singole utenze, soprattutto negli immobili obsoleti. In altre parole, le utenze esposte verso il nord e all’ultimo piano pagheranno molto di più, mentre quelle posizionate favorevolmente dal punto di vista energetico spenderanno molto meno per riscaldarsi. 

Questa situazione, oltre a generare un gigantesco contenzioso, non è giustificabile con l’introduzione della contabilizzazione del calore secondo i consumi. Quello che ci si dimentica è che nel condominio esiste anche un aspetto sociale che comporta una contribuzione collettiva delle spese, per cui ripartire i cosiddetti costi fissi in base ai fabbisogni è sbagliato sia dal punto di vista sociale sia da quello logico. In aggiunta, questo metodo va anche contro l’interesse al risparmio energetico perché in un condominio non si avrà mai più, ad esempio, una maggioranza che voti a favore della coibentazione del tetto, dato che a pagare una bolletta salata a causa della dispersione di calore saranno soltanto i residenti dell’ultimo piano.

Se poi si vuole assumere l’opinione di alcuni esperti legali, che sostengono che in Italia un approccio facile, diretto e socialmente compatibile non sia legalmente possibile, allora devono essere cambiate le leggi. Anzi, mi meraviglia che ancora le varie associazioni dei consumatori, politici ed altri soggetti preposti alla tutela del consumatore non si siano ancora mossi in forza.

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