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Sette milioni di case vuote, ma si continua a costruire. Come dire stop

  • Quotidiano Del Condominio
  • 5 luglio 2018

[A cura di: Forum Salviamo il Paesaggio] È stata ultimata nei giorni scorsi, a cura del Forum Salviamo il Paesaggio (Rete nazionale formata da oltre 1.000 organizzazioni e decine di migliaia di aderenti individuali) la prima fase di presentazione, in gran parte delle Regioni italiane, della Proposta di Legge “Norme per l’arresto del consumo di suolo e per il riuso dei suoli urbanizzati”.

Alla stesura del testo normativo ha lavorato per 13 mesi un gruppo di lavoro tecnico-scientifico multidisciplinare formato da 75 persone (architetti, urbanisti, docenti e ricercatori universitari, geologi, agricoltori, agronomi, tecnici ambientali, giuristi, avvocati, funzionari pubblici, giornalisti/divulgatori, psicanalisti, tecnici di primarie associazioni nazionali, sindacalisti, paesaggisti, biologi, attivisti…); successivamente la proposta è stata condivisa dall’intero corpo dei componenti del Forum nazionale, consentendo già all’inizio di febbraio scorso di presentarla a tutte le forze politiche per l’ultimo mese della campagna elettorale.

Diversi Partiti si erano trovati in piena armonia con la proposta normativa, ma solo due di essi – Liberi e Uguali e Movimento 5 Stelle – hanno raggiunto il quorum necessario per poter sedere nel nuovo Parlamento.

Il 23 marzo, giorno dell’insediamento della nuova legislatura, il Movimento 5 Stelle ha depositato alla Camera il testo di legge elaborato dal Forum e rubricato come AC63, prima firmataria l’On. Federica Daga. Un atto importante, poiché consentirà a questo nostro testo, nelle prossime settimane/mesi, di porsi come riferimento per tutte le necessarie discussioni in seno alla commissione competente.

I contenuti della proposta

La Proposta di legge è uno strumento per salvaguardare gli spazi vitali per il benessere dei cittadini e delle loro comunità che mette bene in evidenza come, per evitare ulteriore consumo di suolo libero, siano principi imprescindibili della gestione del territorio:

  • il riuso e la rigenerazione dei suoli già urbanizzati;
  • il risanamento del costruito attraverso ristrutturazione e restauro degli edifici a fini antisismici e di risparmio energetico;
  • la riconversione di comparti attraverso la riedificazione e la sostituzione dei manufatti edilizi vetusti.

La norma, contiene inoltre le definizioni di «suolo», «consumo di suolo», «superficie agricola, superficie naturale e seminaturale», «copertura artificiale del suolo», «impermeabilizzazione», «area urbanizzata», «area edificata», «area di pertinenza», «area infrastrutturata», «rigenerazione urbana», «servizi ecosistemici» ed «edificio», necessarie per evitare interpretazioni divergenti, indicando ruoli e compiti della tutela del suolo da parte di Ispra, Arpa, Stato, Comuni, Regioni.

Stabilisce, dunque, che non sarà consentito nuovo consumo di suolo per qualsivoglia destinazione, indicando che le esigenze insediative e infrastrutturali saranno soddisfatte esclusivamente con il riuso, la rigenerazione dell’esistente patrimonio insediativo ed infrastrutturale esistente.

La Proposta normativa costituisce, inoltre, attuazione dell’articolo 42 della Costituzione, secondo il quale «la proprietà è pubblica e privata» e «la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge… allo scopo di assicurarne la funzione sociale». Se manca la funzione sociale, dunque, viene a mancare la stessa tutela giuridica, con la conseguenza che i suoli tornano a proprietà pubblica del comune interessato e nessun indennizzo è dovuto ai proprietari che non hanno perseguito la funzione sociale dei loro beni, ovvero li hanno abbandonati.

Commento e analisi

“Le molte presentazioni illustrative regionali organizzate in queste settimane – spiegano Alessandro Mortarino e Federico Sandrone, i due coordinatori del gruppo di lavoro del Forum – avevano un obiettivo preciso: portare il dibattito e tutte le doverose analisi sulla nostra proposta normativa direttamente nei territori locali. Siamo, infatti, nella fase in cui la politica centrale si trova nella condizione obbligata di esprimere la propria volontà legislativa su un tema che tutti gli organi scientifici definiscono, assieme a noi, come di emergenza assoluta: non possiamo attendere oltre nell’agire per fermare il consumo di suolo. Ma questo dibattito nazionale deve essere allargato e coniugato anche a livello territoriale: regioni, province, comuni. E le reazioni che abbiamo registrato sono state molto importanti“.

I casi della Lombardia e della Sicilia

In Lombardia, ad esempio, la consapevolezza della visione della Proposta di Legge “dal basso” ha stimolato un’azione della rete locale nei confronti dell’ente regionale, con una serie di richieste che riguardano la vita stessa dei cittadini, e non solo la loro qualità di vita, nell’auspicio che i temi evidenziati vengano affrontati celermente durante il mandato legislativo.

“Abbiamo voluto indicare alcune priorità – illustrano Miranda Baratelli, Domenico Finiguerra e Jasmine La Morgia del coordinamento lombardo del Forum – che toccano la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione del suolo degradato, la riorganizzazione del sistema lombardo delle aree regionali protette e delle altre forme di tutela presenti sul territorio, la regolamentazione delle attività di cava, il miglioramento del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti, un’adeguata, scientificamente corretta e aggiornata metodologia per le valutazioni ambientali”.

In Sicilia, partendo dagli oltre 130mila edifici ad uso abitativo attualmente vuoti o inutilizzati, si è definita una prima piattaforma di punti prioritari su cui lavorare. “Abbiamo indicato cinque campi d’azione urgenti – afferma Salvatore Lo Balbo del Forum siciliano – che riguardano il pieno utilizzo degli immobili e delle aziende della filiera delle costruzioni sequestrate o confiscate alla mafia; l’accelerazione delle attività di acquisizione, ristrutturazione, rigenerazione, risparmio ed efficienza energetica sia del patrimonio immobiliare pubblico (case popolari) sia dei quartieri dove essi insistono; l’utilizzazione delle aree impermeabilizzate pubbliche per destinarle ad edilizia e ambienti pubblici, dalle case popolari ai luoghi di aggregazione sociale, compreso la realizzazione di ville, giardini e parchi urbani; la valutazione di una serie di interventi agevolativi, come l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e di costruzione e da ogni altro carico economico di competenza regionale, per i trasferimenti volumetrici da aree sensibili ad aree già impermeabilizzate o di compensazione tra Enti locali per un assetto coerente dei territori ricadenti tra enti confinanti; la predisposizione e finanziamento dei piani di de-cementificazione di tutte le aree sensibili e fragili del nostro territorio. Senza dimenticarci dell’abusivismo”.

Il consumo di suolo: dati nazionali

A livello nazionale, ricordiamo che solo tra il 2013 e il 2015 le nuove coperture artificiali hanno riguardato 250 chilometri quadrati di territorio, 35 ettari al giorno, 35 campi di calcio ogni 24 ore (ISPRA, 2017). In termini assoluti, il consumo di suolo si stima abbia intaccato ormai circa 23.000 chilometri quadrati del nostro territorio, una superficie pari all’Emilia Romagna, passando dal 2,7% degli anni ’50 al 7,6% stimato nel 2016.

Secondo l’ISTAT nel nostro Paese sono presenti oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate, 700mila capannoni dismessi, 500mila negozi definitivamente chiusi, 55mila immobili confiscati alle mafie. Perdiamo suolo e con esso perdiamo biodiversità, bellezza, paesaggio, qualità della vita, salute, storia, agricoltura. E il nostro Paese è in grado, oggi, di produrre appena l’80-85% del proprio fabbisogno primario alimentare, contro il 92% del 1991.

Ora la palla passa al Parlamento. E, questa volta, ci auguriamo di poter salutare una legge nazionale a tutela di tutto il suolo libero italiano rimasto.

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  • consumo di suolo
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