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ABUSIVISMO E DISPERSIONE URBANA: QUANDO L’EDILIZIA FA MALE

  • Redazione
  • 9 dicembre 2015

[A cura di: Sandro Simoncini – docente Urbanistica Università La Sapienza di Roma] 

Analizzando il rapporto 2015 dell’Istat sul “Benessere equo e sostenibile in Italia”, salta subito all’occhio il dato che riguarda la crescita dell’abusivismo edilizio. Nel 2014, ogni 100 costruzioni autorizzate, ne sono state realizzate illegalmente ben 17,6, con un aumento di oltre il 15% rispetto all’anno precedente. Non c’è dubbio che tale fenomeno sia stato incentivato dalla crisi economica da cui si sta faticosamente cercando di uscire: non solo c’è chi, da proprietario, decide di edificare al di fuori delle regole per risparmiare ed eludere le tasse, infischiandosene del danno arrecato al Comune di appartenenza e ai concittadini; c’è pure il fenomeno, socialmente ed economicamente ancora più pericoloso, di aziende che per ovviare al drastico ridimensionamento del comparto edilizio sconfinano nell’illecito e nella concorrenza sleale.

Altra criticità notevole rilevata dall’Istat riguarda la progressiva diminuzione dei paesaggi rurali, scesi a un livello di poco superiore al 40% del nostro territorio. Ciò è in parte dovuto al fenomeno dell’abbandono delle campagne, per cui intere zone si trasformano in terre di nessuno; ma non è da sottovalutare l’incidenza dell’urban sprawl, vale a dire la dispersione urbana: le nostre città, in pratica, tendono sempre di più a svilupparsi verso l’esterno, erodendo disordinatamente con le proprie propaggini sempre più ampie porzioni di campagna. Di conseguenza si creano ulteriori periferie e frazioni senza le necessarie infrastrutture, con carenti servizi di trasporto pubblico e una mobilità affidata quasi esclusivamente all’automobile. Tutto ciò incide non solo dal punto di vista paesaggistico, privando il Paese di potenziali risorse economiche, ma è spesso anche la prima causa dei casi di dissesto idrogeologico a cui assistiamo quotidianamente.

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