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DECRETO CONTABILIZZAZIONE, APE TORINO: “BENE, MA È ANCORA MIGLIORABILE”

  • Redazione
  • 28 luglio 2016

[A cura di: Ape Confedilizia Torino]

È entrato in vigore il decreto legislativo n. 141/2016, che modifica e integra il provvedimento (d.lgs. n. 102/2014) che impone, in ogni condominio, di verificare se sussista l’obbligo di introdurre sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore. Sistemi – deve essere sottolineato – che non sono obbligatori in senso assoluto, ma, in linea con lo spirito della normativa, solo a condizione che determinino efficienza e risparmio energetico.

Il nuovo provvedimento interviene, in particolare, sulle modalità di suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni nonché per l’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico. Secondo il provvedimento originario, l’importo complessivo doveva essere suddiviso tra gli utenti finali in base alla norma tecnica UNI 10200. Ma per risolvere i problemi scaturenti da tale unica modalità di suddivisione, rilevati in particolare nelle estremità degli edifici, il decreto correttivo consente ora – ove tale norma tecnica non sia applicabile o siano comprovate, tramite relazione tecnica, determinate differenze di fabbisogno termico – di suddividere l’importo complessivo attribuendo una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso, gli importi rimanenti potranno essere ripartiti, “a titolo esemplificativo e non esaustivo”, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. Mentre resta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi in questione, che la suddivisione venga effettuata in base ai soli millesimi.

Si tratta – secondo Ape Confedilizia Torino – di una soluzione non perfetta, ma certamente migliorativa rispetto alla vincolatività del precedente sistema, che tanti problemi aveva causato. Ne andrà verificata l’attuazione in concreto, insieme con le altre novità del provvedimento correttivo, che confermano – comunque – la necessità di analizzare caso per caso le situazioni dei singoli condomini.

Ad ogni buon conto, l’associazione, per voce dell’avvocato Anna Rosa Penna, responsabile del coordinamento legali di Ape Torino, esprime soddisfazione, “perché con questo provvedimento si è voluto superare lo scoglio della ripartizione dei consumi imposta in prima battuta e dare un’apertura alla possibilità della ripartizione dei consumi involontari in modo libero, secondo i criteri individuati dai singoli condomini”. 

Infatti, l’articolo 9, comma 5, lettera d, nella sua nuova versione prevede che, nei casi in cui la norma Uni 10200 non è applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio, superiori al 50%, è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. 

“Le correzioni apportate all’articolo 9 – ha continuato Penna – dicono in modo evidente che l’esempio della ripartizione degli importi non è esaustiva, lasciando aperta la porta alla nostra ipotesi di introdurre dei coefficienti che consentano di ridurre al minimo le criticità rispetto alla contabilizzazione del calore degli ultimi piani, dei piani pilotis, dei sottotetti e delle unità immobiliari poste a nord. Continuiamo però ad attendere un riscontro da parte del Comitato tecnico su quei temi che non sono stati affrontati nel provvedimento del 14 luglio. Mi riferisco, ad esempio, alla possibilità di prevedere una quota di temperatura minima alla quale tutte le unità dovrebbero rimanere per minimizzare il fenomeno del riscaldamento parassita. In generale, il rischio se non si crea maggiore uniformità, è che tra i vari condomini si generino malumori e strumentalizzazioni”.

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