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Tre famiglie su 4 abitano in una casa di proprietà. Assoedilizia: “Ma si è penalizzata la locazione”

  • Quotidiano Del Condominio
  • 9 gennaio 2020

Tre famiglie su quattro, in Italia, risiedono in una casa di proprietà, per un patrimonio abitativo il cui valore, complessivamente, supera i 6mila miliardi di euro.

Sono forse i dati più significativi emersi dalla nuova edizione di: “Gli immobili in Italia”, il report redatto dall’Agenzia delle Entrate in collaborazione con il Dipartimento Finanze e Sogei.

Il report “Gli immobili in Italia”

La nuova edizione di “Gli Immobili in Italia” delinea un quadro aggiornato della ricchezza, dei redditi, degli utilizzi e dei valori imponibili del patrimonio immobiliare italiano censito nel 2016, includendo, come nelle passate pubblicazioni, alcuni focus tematici sulle principali novità fiscali che hanno interessato il settore, attraverso l’elaborazione di diverse fonti informative, tra cui il catasto edilizio urbano e le quotazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare, le dichiarazioni dei redditi, le banche dati dei versamenti delle imposte sugli immobili (Imu, Tasi) e i dati del registro.

Ecco alcune informazioni rilevanti contenute nel report:

  • il 75,2% delle famiglie, tre su quattro, risiede in una casa di proprietà;
  • nel 2016 la superficie media di un’abitazione è pari a 117 mq e il suo valore medio è di circa 162 mila euro (1.385 €/mq);
  • in generale, le abitazioni possedute da persone fisiche hanno un valore complessivo, comprese le relative pertinenze, di 5.526 miliardi di euro, mentre il valore totale del patrimonio abitativo supera i 6.000 miliardi.

Le case di proprietà

La pubblicazione si apre con un capitolo, “Stock immobiliare in Italia: analisi degli utilizzi”, in cui sono descritti i dati sugli utilizzi degli immobili di proprietà delle persone fisiche, disaggregati per area geografica e con un approfondimento sulle tre principali aree metropolitane (Roma, Milano e Napoli) e analisi sub comunali per aggregazione di zone Omi o per zone Omi.

Quasi il 60% dei 57 milioni di immobili di proprietà di contribuenti in Italia è utilizzato come abitazione principale o pertinenza. In base ai dati riportati nelle dichiarazioni dei redditi, infatti, circa il 34,2% degli immobili, pari a 19,5 milioni di unità, sono abitazioni principali, a cui si somma un ulteriore 23,3% relativo alle pertinenze (cantine, soffitte, box o posti auto), circa 13,3 milioni di unità. Ipotizzando che a ogni abitazione principale corrisponda un nucleo familiare, risulta che il 75,2% delle famiglie risiede in case di proprietà.

Le abitazioni in affitto

Gli immobili dati in locazione sono circa 6 milioni (10%), mentre sono circa 1,2 milioni, poco più del 2% del totale, gli immobili concessi in uso gratuito a familiari o ad altri comproprietari. La distribuzione per aree territoriali vede al Sud il 53,5% del totale delle abitazioni utilizzata come abitazione principale, al Nord e al Centro la quota è più elevata, rispettivamente 56,8% e 58,5 per cento.

Il valore degli immobili

Per quanto riguarda il valore dello stock immobiliare in Italia, nel 2016 il valore del patrimonio abitativo ammonta complessivamente a 6.004,4 miliardi, in leggero calo rispetto al 2015 (6.096,9 miliardi) e poco meno del 50% del valore residenziale nazionale è concentrato al Nord, mentre il restante 50% è diviso tra l’area del Centro e quella del Sud e delle Isole. Il patrimonio immobiliare residenziale più consistente è in Lombardia (1.006,2 miliardi) e Lazio (761,8 miliardi).

Rispetto al valore medio, nel 2016, un’abitazione in Italia vale mediamente 162mila euro, con un valore unitario di 1.385 €/mq, in diminuzione dell’1,8% rispetto al 2015. Tra le regioni, in un quadro generale di diminuzione dei valori, fanno eccezione solo la Lombardia, in cui il valore delle case è rimasto stabile, e il Trentino-Alto Adige, unica regione a segnare un aumento del valore medio, +0,8 per cento. La superficie media di un’abitazione in Italia, calcolata come rapporto tra superficie complessiva e numero di unità abitative totali, è circa 117 mq. Le Regioni con abitazioni mediamente più grandi sono l’Umbria, il Friuli Venezia Giulia e il Veneto dove la superficie media è superiore a 130 mq, mentre quelle più ridotte, sotto 100 mq, sono in Valle d’Aosta e Liguria.

Distribuzione territoriale del valore delle case

Il secondo capitolo, “Analisi territoriale del valore del patrimonio abitativo”, analizza la distribuzione del valore del patrimonio residenziale al 2016 e il confronto rispetto al 2015,  calcolato con riferimento all’ubicazione degli immobili.

Riguardo alle tre grandi città oggetto di analisi, vengono fornite non solo le informazioni sul valore del patrimonio residenziale, ma anche su alcune caratteristiche degli immobili:

  • superficie media,
  • valore medio per unità di superficie,
  • valore complessivo,
  • valore medio per abitazione.

Per quanto riguarda Roma, il valore complessivo delle abitazioni è pari a circa 460 miliardi. La superficie media di un’abitazione ubicata nella capitale è 103 mq, con un valore medio di circa 323mila euro (3.150 €/mq) e oltre i 740mila euro nelle zone centrali più pregiate. Circa il 71% dello stock residenziale è impiegato come abitazione principale, il 14% delle abitazioni è data in locazione, e il 2,5% viene concesso in comodato ai familiari.

Superano, invece, la quota del 19% gli immobili dati in locazione a Milano e Napoli, mentre è più bassa la percentuale di case utilizzate come abitazione principale (rispettivamente il 66,1% e il 58,9%). Inoltre, a Milano il valore complessivo delle abitazioni stimato per il 2016 è pari a circa 207,4 miliardi di euro, con una superficie media per abitazione di 88 mq e un valore medio di 261mila euro (2.960 €/mq), mentre a Napoli il valore complessivo delle abitazioni è di circa 104,5 miliardi di euro.

La proprietà e la fiscalità immobiliare

Il terzo capitolo del report, “Distribuzione della proprietà e del patrimonio immobiliare”, fa riferimento ai proprietari di immobili, in relazione alle loro caratteristiche socio-demografiche ed economiche, che hanno presentato la dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2016: il matching dei dati catastali e dichiarativi di questi contribuenti consente di collegare puntualmente le informazioni relative al reddito dichiarato e alla relativa imposta con le grandezze utili al calcolo del patrimonio immobiliare come il valore catastale utilizzato per determinare le basi imponibili dei tributi sugli immobili (Vip o valore imponibile potenziale) e il valore di mercato stimato (Vsm).

Il quarto capitolo analizza l’evoluzione del prelievo sugli immobili e gli effetti dell’autonomia fiscale degli enti locali in tempi di crisi, nei principali Paesi europei, mentre il capitolo cinque descrive l’evoluzione del prelievo immobiliare in Italia, con riferimento alle variazioni di gettito intervenute nel periodo 2012-2018 relative a tutte le imposte sugli immobili: imposte di natura reddituale (Irpef, Ires e cedolare secca), patrimoniale (Imu/Tasi) e imposte sui trasferimenti e locazioni. Inoltre, illustra l’evoluzione normativa delle principali agevolazioni fiscali come le detrazioni per spese di ristrutturazione edilizia e riqualificazione energetica degli edifici e presenta  i dati delle dichiarazioni dei redditi aggiornati all’anno d’imposta 2016 sulla fruizione di queste agevolazioni.

Infine, data la crescente presenza di cittadini stranieri in Italia, il sesto capitolo è dedicato all’analisi dell’effetto dei flussi migratori sul mercato immobiliare, con stima dell’impatto sulle compravendite e sulle locazioni.

Il commento di Assoedilizia

Secondo l’indagine biennale del ministero dello Sviluppo Economico e dell’Agenzia delle Entrate (l’analisi si ferma al 2016), tre abitazioni su quattro sono occupate dalle famiglie a titolo di proprietà. Un dato che può essere interpretato positivamente, ma sul quale il presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici mostra motivate perplessità: «Non è tutto oro quel che luccica – esordisce –. Sussistono alcune criticità. Infatti le abitazione in proprietà (a differenza di quelle in locazione):

  • non producono gettito fiscale: né Imu, né imposte dirette o indirette;
  • danno luogo in misura molto minore all’indotto in quanto non si eseguono lavori di ammodernamento funzionale o estetico necessari per locare a terzi: rifacimenti di impianti (es. elettrico), o di servizi, certificazioni energetiche, imbiancature, pulizie, rifacimenti estetici di sorta. Insomma si tratta di un patrimonio edilizio economicamente statico. Il turnover abitativo della locazione comporta viceversa spese di trasloco, di ammobiliamento, di adeguamento tecnologico, professionali e via dicendo;
  • sono di impedimento ai processi di ristrutturazione economico-industriale del Paese, che richiederebbero una forte mobilità abitativa. Le case in proprietà ingessano viceversa tale mobilità ai fini non solo delle esigenze di lavoro, ma anche di studio e di famiglia;
  • costituiscono un freno all’ammodernamento delle città. La gran massa dei condomini è di ostacolo alle operazioni di rigenerazione urbana, soprattutto ove si tratti di sostituzione edilizia;
    non parliamo degli effetti sul mercato immobiliare, in termini di incontro di domanda e offerta, oggi praticamente mancante per l’80 % del patrimonio abitativo nazionale».

Colombo Clerici prosegue: «Per tanti anni in Italia si è praticata una politica abitativa distorcente penalizzando in tutti i modi la locazione abitativa privata. L’attuale situazione, che ci vede totalmente lontani dagli standard dei Paesi europei più evoluti, è la conseguenza di quella politica».

E conclude: «Decenni e decenni di politica sfavorevole alla locazione privata (ricordiamo i blocchi dei contratti i blocchi dei canoni, la legge dell’equo canone, i blocchi degli sfratti) hanno prodotto dismissioni, frazionamenti e alla fine condomini, dove mettersi d’accordo sul da farsi è assai problematico. In sintesi, la politica italiana ha sempre interpretato in modo distorto e distorcente il dettato del secondo comma dell’art. 47 della Costituzione: mettendo ostacoli sul cammino della locazione, invece di spianare la strada che porta all’acquisto in proprietà».

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