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Ecco cosa rischia il condomino moroso che ruba la corrente al vicino di casa

  • Quotidiano Del Condominio
  • 4 maggio 2020

La Cassazione conferma la condanna a carico di un condomino moroso che aveva manomesso il contatore dell’energia elettrica di un altro condomino, onde poi ripristinarlo dopo 5 giorni. Per gli Ermellini sussiste comunque l’aggravante della “violenza sulle cose”.

—————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 12900/2020
—————

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trento confermava la decisione del Tribunale di quella stessa città – che aveva riconosciuto F.M. colpevole di furto di energia elettrica, sottratta dal contatore di altro condomino, al quale si allacciava a seguito della interruzione dell’energia disposta dall’ente erogatore per morosità.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con il patrocinio del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento svolgendo cinque motivi.

(omissis)

2.2. Violazione dell’art. 626 cod. pen. poiché la Corte di appello aveva erroneamente negato l’inquadramento del fatto in termini di furto d’uso emergendo dalla stessa imputazione l’utilizzo dell’energia elettrica per soli cinque giorni e non potendosi ritenere sussistente l’aggravante della violenza sulle cose di cui all’art. 625 n. 2 cod.pen., poiché nella stessa sentenza si dà atto che l’imputato, dopo la manomissione del contatore, aveva ripristinato la situazione precedente dopo pochi giorni.

2.3. Violazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen. perché il danno economico causato effettivamente si riduce a pochi euro, corrispondenti all’utilizzo domestico dell’energia elettrica sottratta, cosicché, erroneamente, la Corte di appello aveva negato la circostanza attenuante del danno lieve.

(omissis)

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile, perché si risolve nella riproposizione di argomenti difensivi adeguatamente presi in esame e confutati dalla sentenza impugnata, svolge considerazioni di fatto, insuscettibili di valutazione in questa sede, prospetta motivi non fatti oggetto dell’appello, e contiene critiche in chiave di illogicità volte in realtà a sollecitare una diversa valutazione degli elementi probatori acquisiti, che esula dai poteri della Corte di Cassazione (omissis).

(omissis)

3. Correttamente la Corte territoriale ha escluso la qualificazione del fatto quale furto d’uso, come invocato dall’imputato, per la presenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 2 cod. pen., quest’ultima ritenuta sussistente per essere stato accertato che la sottrazione dell’energia elettrica era avvenuta manomettendo il contatore del vicino. Nella pacifica giurisprudenza di questa sezione, infatti, sussiste l’aggravante della violenza sulle cose, in tema di furto, tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, fa uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento nella destinazione; è, inoltre, necessario, a tal fine, che la violenza sia esercitata non già sulla “res” oggetto di sottrazione ma su altre cose il cui danneggiamento o modificazione si riveli strumentale all’“amotio” della prima (Sez. 5, n. 5266 del 17/12/2013), in modo che per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione sia necessaria un’attività di ripristino (Sez. 5, n. 7267 del 08/10/2014). Peraltro, si osserva che la circostanza che fa leva sull’avvenuta reintegrazione del contatore, successivamente alla manomissione – in ogni caso ininfluente ai fini della sussistenza della aggravante, integrata dalla mera manomissione in quanto finalizzata all’amotio – non risulta neppure prospettata con l’appello, e viene, inammissibilmente evidenziata solo nel giudizio di legittimità.

(omissis)

6. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge (art. 616 cod. proc. pen.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro 3000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Tags
  • furto di corrente elettrica
  • manomissione contatore
  • sentenze di cassazione
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