Il libro “E vissero felici e vicini” è un manuale che ricerca soluzioni e spiega ai condòmini come si può raggiungere la felicità condominiale e avere un rapporto pacifico e armonico con chi ci abita accanto.
La maggior parte degli italiani che abita in condominio avrà pensato almeno una volta nella vita, con amarezza, che le liti sono all’ordine del giorno e che non c’è niente di più tedioso delle riunioni condominiali.
Eppure, non deve essere così!
Vivere in un condominio non deve essere una lotta continua per avere ragione, ma un’occasione per migliorare la nostra empatia verso gli altri e vivere tutti più serenamente.
Conoscere i nostri diritti e i nostri doveri nell’ambito condominiale, inoltre, ci può aiutare a vivere meglio e a evitare brutte sorprese.
D’altronde, poiché passiamo molto tempo in casa, perché non assicurarci di vivere tutti insieme in armonia? seguendo la semplice formula di “– Liti +Dialogo + Servizi”.
I primi tempi, quando ne parlavo con qualcuno, vedevo chiaramente lo sconcerto e i dubbi nelle espressioni di molti miei interlocutori. A parte rare eccezioni, gli altri scoppiavano direttamente a ridere.
In effetti, abbinare due parole come felicità e condominio sembra un ossimoro, così come portare la felicità nei condomini può apparire un’utopia. Io, però, sono sempre stata convinta di potercela fare. E, soprattutto, sicura che ne valesse la pena: non volevo passare la vita a difendere le ragioni di gente impegnata a litigare.
Ho preferito trovare un modo per prevenire discussioni, cause e conflitti che spesso finiscono per degenerare, diventando cause che spesso si trascinano per anni.
Quando ho iniziato questo lavoro, nel 2004, il mio modo di affrontare le gestioni condominiali era solo un approccio diverso di vedere l’amministrazione: un’impostazione più attenta alle aspettative e alle esigenze di chi vive in condominio. Qualcosa che, oltre a me, hanno sempre fatto altri amministratori e amministratrici lungimiranti.
Ecco, come alcuni tra i miei colleghi ero piena di entusiasmo e buona volontà, ma senza un vero e proprio progetto strutturato, né un nome da dargli.
Poi qualcosa ha iniziato a cambiare.
Nel corso degli anni, la mia sensazione era quella che il lavoro sul campo diventasse sempre più difficile. Avevo l’impressione che le persone fossero ogni giorno meno tolleranti e maggiormente bisognose di attenzione.
A quel punto ho provato a domandarmi le ragioni di questo peggioramento nelle relazioni.
Le cause?
Per definirle chiaramente servirebbe un’indagine sociologica: io posso pronunciarmi solo sulle conclusioni che ho tratto come amministratrice.
In primo luogo, credo c’entri il progressivo invecchiamento della popolazione italiana e il fatto che, a parte rare eccezioni, gli anziani sono generalmente meno flessibili rispetto alla convivenza con persone diverse da loro. La loro ridotta capacità di adattamento si è sommata all’aumento di individui con culture e abitudini differenti.
Questi due elementi, messi insieme, sono diventati un mix esplosivo nella condivisione degli spazi comuni. Inoltre, chi è in pensione tende a vivere il condominio a tempo pieno, sia per quanto riguarda la presenza a casa, sia per l’attenzione dedicata ai problemi del vivere comune e alla maggiore impazienza nel vederli risolti.
Il risultato rischia di essere un flusso incessante di chiamate e richieste all’amministratore affinché ammonisca i vicini e sanzioni i loro comportamenti, senza considerare che i cambiamenti nelle abitudini richiedono tempo e pazienza.
In aggiunta a tutto questo, ho notato una maggiore solitudine: un sentimento che accresce il bisogno di essere ascoltati. E non parlo solo degli anziani: sono aumentati anche i single che vivono soli, così come le persone separate con o senza figli. Situazioni di stress e isolamento che aumentano anche l’esasperazione e il nervosismo in caso di conflitti.
Tutto questo sembra essersi amplificato nel corso della pandemia da Sars-CoV-2 scoppiata a marzo del 2020.
In ogni caso nel 2017, quando ho cominciato a definire il mio progetto, i primi segnali di questi processi in corso erano già evidenti.
È stato in quel periodo che ho cominciato a coltivare il bisogno di dare un nome e un’impostazione alle strategie per la felicità condominiale che, fino ad allora, mi ero limitata a mettere in atto seguendo il mio istinto e le mie qualità migliori, ovvero capacità comunicativa ed empatia.
Volendo misurare la felicità in modo meno lungo, complesso e scientifico, è possibile considerare aspetti pratici ed economici.
Ad esempio, per quello che ho avuto modo di constatare, i condòmini più litigiosi sono quelli in cui le assemblee hanno una durata interminabile, inversamente proporzionale alla bontà dei risultati. Spesso si rivela impossibile affrontare le questioni più importanti: i punti all’ordine del giorno vengono persi per strada mentre i partecipanti si impantanano in interventi fuori tema, con recriminazioni e relative risposte.
Tutto questo porta a perdere di vista le vere ragioni per cui si è lì. Le ore perse a discutere sottraggono tempo ed energie a decisioni importanti che andrebbero analizzate con calma, lucidità e razionalità.
Insomma, uno spreco di tempo e soldi facilmente quantificabile.
Come?
A giudicare dalla mia esperienza, gli stabili in cui si litiga invece di deliberare pacificamente, sono quelli in cui il denaro viene speso peggio. A volte anche in quanto c’è di più inutile: decreti, cause, danni che potevano essere evitati grazie ad interventi e lavori approvati in assemblea, ecc.
Quelli che ho appena menzionato sono solo alcuni degli esempi che mostrano quanto possano essere vantaggiosi l’armonia e la serenità nelle relazioni condominiali.
L’obiezione più frequente a questo punto è: “Sì, certo. Tutto molto giusto e molto bello. Ma andare d’accordo in condominio è impossibile”.
Confesso che all’nizio del mio progetto questa replica mi dava parecchio sui nervi. La vedevo solo come una scusa per non darsi da fare. Anche perché investire impegno ed energie per costruire una felicità condominiale costa molta fatica: nessuno lo sa meglio di me.
Poi, però, ho cominciato a studiare e a leggere assiduamente: volevo conoscere in modo approfondito la psicologia, le tecniche di mediazione e — in generale — tutto ciò che poteva essermi utile per affinare le mie capacità di gestione nelle relazioni tra gruppi di persone.
È stato solo a quel punto che ho avuto una rivelazione illuminante: molti di quelli che sostengono l’inevitabilità dei litigi condominiali ci credono sul serio.
La buona notizia è che si tratta di una convinzione assolutamente errata: ne ho le prove.
L’ho verificato in prima persona dopo aver visto una riduzione di circa il 30 per cento nelle liti all’interno dei condomini che amministro. Un segnale che, a giudicare dai questionari che mando annualmente, porta ad un progressivo aumento della felicità negli stabili dove le persone collaborano per una maggiore armonia.
La cattiva notizia? Cambiare le cose richiede molto impegno e costanza, sia da parte dei condòmini sia degli amministratori che si relazionano con loro. Intuito, capacità di ascolto ed empatia possono aiutare, ma la vera soluzione sta in un amministratore capace di capire che la gestione dei conti, dei fornitori, dei pagamenti e delle urgenze è importante quanto quella dei rapporti umani.
Oltre a prevenire ed evitare le liti, è importante anche creare momenti felici di aggregazione e di comunicazione.
Troppi vicini si incontrano solo durante riunioni condominiali cariche di tensioni e problemi irrisolti.
La prima idea che ho realizzato in questo senso, agli albori del mio progetto, era l’anti assemblea per eccellenza, l’aperitivo condominiale. L’obiettivo era quello di bere qualcosa e fare due chiacchiere in allegria. Divertirsi, insomma.
Mi è capitato di vedere impacciate presentazioni tra vicini che si parlavano per la prima volta o di assistere all’iniziale imbarazzo tra persone che avevano litigato anni prima ma, come succede spesso nelle situazioni conviviali, tutto si è risolto in modo amichevole.
Dopo i primi aperitivi, l’idea aveva già fatto breccia: qualcuno metteva a disposizione la sua casa, qualcun altro cucinava per l’occasione o portava altre bottiglie per ulteriori brindisi. Alcuni vicini hanno anche fatto amicizia, finendo per organizzare incontri del genere anche senza di me.
I risultati?
Un clima più rilassato alle riunioni di condominio, maggiore collaborazione e un’atmosfera visibilmente più serena sia tra i condòmini sia nei miei confronti.
A qualcuno potranno sembrare cambiamenti di poco conto, ma io li ho visti come grandi successi.
Al successo degli aperitivi sono seguite sessioni di giardinaggio nei giardini comuni in cui ci si organizzava tra vicini per abbellire gli spazi verdi condivisi.
Poi, quando tutto sembrava diventare poco a poco più semplice e mi organizzavo per mettere in pratica nuove iniziative, è arrivato il primo grande ostacolo da superare: una pandemia planetaria.
Il lockdown di marzo 2020 si è rivelato come la vera prova del nove per il mio progetto: milioni di persone bloccate nelle proprie case nelle situazioni più diverse.
Oltre ai malati in situazioni preoccupanti c’era davvero di tutto: professionisti in smartworking impegnati a saltare da una call all’altra, bambini desiderosi di giocare, ragazzi isolati dai coetanei, imprenditori e professionisti di settori che la pandemia ha messo in ginocchio, anziani e single soli, coppie in crisi costrette a passare 24 ore su 24 insieme, malati, disabili, categorie più fragili…
Insomma, un intero mondo di persone diverse che — all’improvviso — si trovavano rinchiuse fianco a fianco. E qui sono iniziate le biblioteche condominiali, la spesa sospesa, la condivisione delle password wifi.
Una delle parti poi più divertenti e nello stesso più pratiche è quella dell’individuazione delle tipologie di condòmini presenti nei vari condomini (solo alcune naturalmente) e delle soluzioni comunicative per poterli affrontare al meglio: il pignolo, il teppista, il bullo, l’assente, il rumoroso, lo spirito tragico, lo spione, il giardiniere, lo studente fuori sede, il nudista.
Insomma un vero e proprio viaggio in un mondo con il quale conviviamo quotidianamente, dal quale a volte vorremmo fuggire e con il quale invece è necessario imparare a convivere per raggiungere una felicità condominiale possibile!
A cura di: Simona BASTARI – Amministratore di CONDOMINIO FELICE

Chi é Simona Bastari: profilo dell’autore
Ragioniera, laureata in giurisprudenza all’Università di Macerata e iscritta alla seconda laurea in Scienza della comunicazione a Teramo, Simona Bastari ha intrapreso nel 2004 la professione di avvocato, entrando in società con un’altra ragazza.
Costituiscono insieme uno studio associato, che Simona decide di sciogliere nel 2015. “Anche se il lavoro andava molto bene e in rapporti con la socia erano molto buoni, inizio la professione di amministratore di condominio perché l’avvocato secondo me era troppo di parte e diventare giudice troppo difficile. Volevo pero un qualcosa che fosse mio e la persona che cercava una socia in questo ambito mi era piaciuta fin da subito”, racconta. Precisa: “Ritengo che la base giuridica per un amministratore sia fondamentale”.
Intanto, nel 2011 aveva incominciato a frequentare corsi di crescita personale, comunicazione, public speaking, gestione emozionale.
Nel 2017 si affida ad una società di personal branding che crea con lei “Condominio Felice”. “Si tratta di un brand unico in Italia perché volevo distinguermi da tutti gli amministratori e mettere al centro della mia professione la persona, il condomino, la comunicazione, con un chiaro obiettivo: diminuire la conflittualità per vivere più felicemente nel microcosmo condominio e vivere più felicemente io come amministratore”.
Oggi Simona continua a frequentare corsi per migliorare e nel contempo incomincia anche a partecipare a corsi dall’altra parte come formatore. Ha creato un brand di formazione che sia chiama “Amministratore di Successo” con Jessica Collu e Manuel de Stefano.”Sto per lanciare un mio percorso personale formativo che accompagnerà l’amministratore per 1 anno – precisa – ma è ancora presto per scoprirlo”.
Attualmente gestisce 170 condomini ad Ancona e dintorni.