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ARCHIVIO DEL CONDOMINIO

Fondo morosità incolpevole rifinanziato a metà

Dopo che per alcuni anni il Fondo morosità incolpevole non è stato rifinanziato, la Legge di Bilancio 2025 lo rifinanzia a metà, con lo stanziamento di 30 milioni di euro per il prossimo biennio, dei quali 20 milioni da utilizzare nel 2025 e i restanti 10 milioni nel 2026.
La procedura di accesso e i requisiti dovrebbero rimanere invariati, a meno che il Decreto ministeriale e le regole da parte di Comuni e Regioni inseriscano modifiche.
Si tratta di un contributo che può essere richiesto dall’inquilino che non è in grado di pagare l’affitto. Per poter ricorrere al fondo è necessario aver ricevuto la notifica di sfratto. Il contributo può arrivare fino a 12mila euro.

Il Fondo morosità incolpevole
Il Fondo morosità incolpevole, istituito dal decreto legge 102 del 2013, punta a sostenere le famiglie in difficoltà e destinatarie di uno sfratto per morosità incolpevole per il pagamento dei canoni di locazione.
La morosità incolpevole consiste in una situazione sopravvenuta che rende impossibile il pagamento del canone di locazione della casa di residenza a causa della perdita della capacità reddituale della famiglia o della sua consistente riduzione.
Il Fondo per morosità incolpevole consente agli inquilini di Comuni ad alta tensione abitativa, come ad esempio Roma, Milano e Bologna, di beneficiare di un contributo per pagare l’affitto in caso di difficoltà economica.
Tra i requisiti richiesti dal Decreto 30 marzo 2016 del Ministero dei Trasporti è previsto che la richiesta del contributo per pagare le mensilità d’affitto sia preceduta dalla verifica del reddito Isee e all’accertamento dell’effettiva difficoltà economica. È necessario, inoltre, che l’inquilino sia stato sottoposto a procedura di sfratto non dipendente dalla propria volontà.
Questi inquilini potranno presentare domanda al proprio Comune accertandosi dell’apertura del bando per il 2025 e delle risorse disponibili.

Morosità incolpevole: contributo affitti 2025
Il fondo per morosità incolpevole, è rivolto agli inquilini colpiti da procedure di sfratto per non aver pagato l’affitto per motivi non imputabili alla propria volontà. Nel 2024 ha consentito di beneficiare di un contributo fino a 12mila euro da utilizzare per pagare le mensilità arretrate e per alcune di quelle future.
La legge, che ha elencato i requisiti e l’importo del bonus per il pagamento degli affitti, spiega che si tratta delle situazioni di improvvisa impossibilità a provvedere al pagamento dell’affitto a causa della perdita o della forte riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare.
Alcuni dei casi in cui si può parlare di morosità incolpevole, a titolo esemplificativo e non esaustivo, sono:
• perdita del lavoro per licenziamento;
• accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione dell’orario di lavoro;
• cassa integrazione ordinaria o straordinaria;
• mancato rinnovo di contratti a tempo determinato o atipici;
• cessazione di attività libero-professionali o di imprese registrate dovuta a cause di forza maggiore o da perdita in avviamento consistente;
• malattia grave, infortunio o decesso di un componente del nucleo familiare che abbia comportato la notevole riduzione della capacità economica della famiglia o la necessità dell’impiego di reddito in spese mediche e assistenziali.

Requisiti per richiedere il contributo
Per poter beneficiare del contributo affitti del fondo per morosità incolpevole 2025 le regole e i requisiti dovrebbero rimanere inalterati rispetto al passato ed è necessario rispettare le seguenti condizioni:
• reddito da modello ISEE non superiore a 26.000 euro;
• destinatario di atto di intimazione di sfratto per morosità con citazione per la convalida;
• titolare di contratto di locazione di unità immobiliare a uso abitativo regolarmente registrato (sono esclusi gli immobili appartenenti alle categorie catastali A1, A8 e A9) e residenza nell’alloggio oggetto della procedura di rilascio da almeno un anno;
• cittadinanza italiana, di un Paese dell’UE, ovvero, nei casi di cittadini non appartenenti all’UE, possesso di un regolare titolo di soggiorno.
Chi presenta domanda e tutti i componenti del nucleo familiare non dovranno essere titolari di diritto di proprietà, usufrutto, uso o abitazione nella provincia di residenza di altro immobile fruibile e adeguato alle esigenze del proprio nucleo familiare.
Verranno valutate con priorità le domande presentate da richiedenti che all’interno del proprio nucleo familiare hanno almeno un componente:
• con più di 75 anni;
• minore;
• con invalidità accertata pari almeno al 74%;
• in carico ai servizi sociali o alle ASL competenti per l’attuazione di un progetto assistenziale individuale.

Importo del contributo
Se anche l’importo dovesse rimanere inalterato rispetto al 2024, il contributo affitti massimo è pari a 12mila euro, così ripartito sulla base della destinazione del bonus:
• fino a un massimo di 8mila euro per pagare gli affitti in caso di morosità incolpevole accertata dal Comune, qualora il periodo che precede la conclusione del contratto non sia inferiore a due anni, con rinuncia della procedura di sfratto da parte del proprietario;
• fino a un massimo di 6mila euro per pagare le mensilità successive qualora il proprietario rinunci alla procedura di sfratto per il tempo necessario a trovare un’altra casa;
• assicurare il versamento di un deposito cauzionale per la stipula di un nuovo contratto di locazione;
• assicurare il versamento di un numero di mensilità che corrispondano all’importo massimo concedibile di 12mila euro in relazione a un nuovo contratto di locazione a canone concordato.
Le regole e i criteri operativi saranno stabiliti dalle Regioni e dai Comuni e stabiliranno le modalità di accesso e i tempi per presentare domanda.

Efficienza energetica e mercato immobiliare

L’ultimo Rapporto dell’Enea ha esaminato le ricadute dell’efficienza energetica sul mercato immobiliare.

Gli immobili di classe energetica E, F e G rappresentano la maggioranza in tutte le tipologie, con il 72 per cento per i monolocali e il 63 per cento per le villette a schiera. Il Rapporto ha però sottolineato che la quota di immobili in classe G è diminuita, specialmente per i bilocali e le villette a schiera. Contestualmente, aumentano gli immobili in classe D e ciò costituisce un progresso rispetto agli anni passati.

Per quanto riguarda le differenze geografiche, secondo quanto emerso, nelle periferie l’83 per cento degli immobili venduti rientra nelle classi E, F e G, mentre solo il 5 per cento è in classe A o B; nelle aree di pregio il 45 per cento degli immobili appartiene alle classi A e B.

Da segnalare, poi, il ruolo giocato dalle condizioni dell’immobile: il Rapporto ha evidenziato che l’83 per cento degli edifici da ristrutturare è in classi energetiche basse, mentre il 70 per cento degli edifici nuovi raggiunge le classi A e B.

In merito all’andamento temporale delle transazioni nelle classi A e B, il Rapporto ha evidenziato una stabilità per gli immobili nuovi (70%) e una ripresa per gli immobili ristrutturati.
Secondo quanto segnalato dagli agenti immobiliari, tuttavia, l’efficienza energetica rimane un criterio secondario nella scelta immobiliare, a prevalere sono sempre ubicazione e tipologia.

Fonti di energia rinnovabile, in vigore il Testo Unico

Lunedì 25 novembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il Testo Unico sulle Rinnovabili, ovvero il testo che disciplina i regimi amministrativi per la produzione di energia da FER (Fonti di Energia Rinnovabile).

Tale provvedimento mira a creare un quadro normativo coordinato in relazione alla produzione di energia sostenibile, così da favorire una semplificazione delle procedure amministrative e snellire le procedure per la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia da fonti rinnovabili. Rispetto alla versione approvata in via preliminare ad agosto, che aveva fatto molto discutere destando non poche preoccupazioni agli operatori del settore, il testo approvato ha subito svariate modifiche.

Il provvedimento definitivo è composto da 15 articoli ed entrerà in vigore il 30 dicembre 2024 e tra le modifiche introdotte quella più importante riguarda i tre regimi amministrativi, ideati per garantire celerità e omogeneità su tutto il territorio nazionale, nonché la riduzione degli oneri burocratici.

I tre regimi amministrativi per l’installazione degli impianti sono: Attività Libera, Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) e Autorizzazione Unica.

Per quanto concerne l’Attività Libera, questa è riservata a interventi di modesto impatto e non prevede, quindi, alcuna autorizzazione o comunicazione. Si tratta di impianti fotovoltaici a 12 MW su coperture esistenti o agrivoltaici fino a 5MW, purché non localizzati in aree vincolate o su beni tutelati.

La Procedura Amministrativa Semplificata (PAS) è applicabile, invece, a interventi di media grandezza, come gli impianti che superano 1MW di potenza ma che non richiedono modifiche urbanistiche o infrastrutturali. Pertanto è necessario che il proponente abbia la disponibilità delle superfici per l’installazione dell’impianto e tale impianto deve essere conforme agli strumenti urbanistici adottati. Sempre per quanto riguarda la PAS, sarà necessario presentare tra i vari documenti anche una relazione relativa ai criteri progettuali utilizzati ai fini dell’osservanza del principio della minimizzazione dell’impatto territoriale o paesaggistico e l‘impegno al ripristino dei luoghi a seguito della dismissione dell’impianto.

Per quanto concerne gli interventi rientranti nell’Autorizzazione Unica, è necessario chiarire che tale categoria è riservata a interventi di maggiore complessità tecnica o impatto ambientale. Tale regime prevede che la richiesta venga presentata alla Regione competente per impianti sotto i 300 MW, per impianti che invece superano questa soglia la richiesta va presentata al Ministero dell’Ambiente che è l’unico ente competente, invece, per gli impianti off-shore. Tale provvedimento deve contenere anche l’obbligo al ripristino dello stato dei luoghi una volta dismesso l’impianto (con analisi dei costi) e richiede l’intesa con le Regioni interessate.

Sia le Regioni che gli Enti Locali hanno 180 giorni di tempo per adeguarsi ai principi del Testo Unico e per attuare, quindi, i nuovi regimi amministrativi. In attesa di tale adeguamento, ci sarà un periodo transitorio in cui continueranno ad essere applicate le normative previgenti.

Il Testo Unico FER introduce anche le zone di accelerazione, ovvero aree disponibili per l’installazione di impianti che il GSE (Gestore dei Servizi Energetici), dovrà individuare entro il 21 maggio 2025.
Tra le novità introdotte ci sono anche i progetti di revamping e repowering. Il primo si concentra sull’ammodernamento tecnologico senza alterare la capacità produttiva, il secondo punta a incrementare la potenza installata attraverso l’adozione di tecnologie innovative o modifiche strutturali parziali per migliorare le prestazioni degli impianti di energia rinnovabile esistenti. Per entrambi i progetti, il Testo Unico semplifica le procedure.

Entro il 2025, verrà inoltre creato uno sportello unico digitale utile a centralizzare le procedure amministrative e ottenere le autorizzazioni necessarie, inoltre, il provvedimento introduce anche un sistema sanzionatorio per chi realizza o gestisce impianti senza le necessarie autorizzazioni o comunque in modo difforme rispetto alle normative. L’importo delle sanzioni varia a seconda della gravità dell’infrazione.

A cura di: Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Allarme sulla casa: i costi in salita mettono a dura prova la proprietà immobiliare

cedolare secca casa

Il mercato immobiliare italiano si trova in una fase di profonda trasformazione. Lo conferma il Terzo Rapporto Federproprietà-Censis “Agenda 2024-2030. La transizione abitativa: la casa possibile”.
I dati rivelano un quadro di crescente difficoltà, se non addirittura crisi, per chi detiene la proprietà di immobili, con costi di gestione e manutenzione che l’82,2 per cento ritiene ormai insostenibili, specialmente per le fasce di reddito più basse (88,8 per cento).
A peggiorare il quadro, il calo del valore reale delle abitazioni (-16,8 per cento in dieci anni), combinato con il timore di un inasprimento fiscale (69,3 per cento).

I numeri del Rapporto
La proprietà della casa è sotto pressione. Il 78,9 per cento degli italiani è convinto che in passato fosse più facile acquistare una casa. A pensarlo sono: il 79,1 per cento degli anziani, il 78,9 per cento degli adulti, il 78,5 per cento dei giovani, il 77,6 per cento dei redditi bassi e il 71,8per cento dei redditi più alti.
L’82,2 per cento dei proprietari di casa pensa che i costi di gestione e manutenzione siano diventati eccessivi (lo afferma l’88,8 per cento dei redditi bassi e il 75,6 per cento di quelli più alti).
Il 69,3 per cento teme tasse più alte sulla casa, compresa una patrimoniale. Inoltre, cala il valore delle abitazioni: tra il 2° trimestre 2014 e il 2° trimestre del 2024 è diminuito in termini reali del 16,8 per cento.

La Legge Salva Casa tra opportunità e incertezze
La Legge 105/2024, nota come Salva Casa, rappresenta un tentativo di semplificare la gestione immobiliare. Ma permangono timori e incertezze. Infatti, sebbene il 44,5 per cento degli italiani esprima un’opinione favorevole, resta un significativo 24,2 per cento di indecisi.
Benché il 37,9 per cento degli italiani sia convinto che questa legge sia utile per l’economia e la società italiana, il 32,4 per cento non è convinto di ciò e il 29,7 per cento non si esprime in proposito. Tuttavia, il 26,7 per cento dichiara esplicitamente di aver realizzato piccole migliorie in casa che potrebbero beneficiare della semplificazione di sanatoria prevista dalla Legge Salva Casa.

La sostenibilità energetica: opportunità e costi
Il tema della sostenibilità energetica è centrale nel dibattito immobiliare. La transizione verso case meno energivore, con cappotto termico, caldaie a basso impatto e infissi a prova di spifferi, è considerata una necessità dal 67,6 per cento degli italiani, con una potenziale valorizzazione degli immobili riconosciuta dall’81,7 per cento.
Tuttavia, il timore di un costo elevato degli interventi frena molti: l’84 per cento delle famiglie ritiene indispensabile un supporto pubblico per affrontare le spese, un segnale che evidenzia una necessità urgente di politiche di incentivazione mirate.
Affitti brevi turistici
Un altro aspetto cruciale riguarda il fenomeno delle locazioni turistiche, che il 46,8 per cento degli intervistati considera responsabile di una trasformazione negativa del tessuto sociale e urbano.
Inoltre, il 44,4 per centoo rileva un aumento dei canoni di locazione dovuto alla competizione con il mercato degli affitti brevi. Questa situazione richiede un intervento normativo per bilanciare la promozione turistica con la sostenibilità abitativa.
Un’altra criticità riguarda l’applicazione del Codice CIN per le locazioni brevi, definita “confusa e disomogenea”. Regole contrastanti tra norme locali e nazionali creano incertezze, con obblighi difficili da rispettare, come l’esposizione del codice in stabili vincolati da divieti paesaggistici. Secondo Pezzetta, l’Italia deve agire subito per favorire la reimmissione delle case vuote sul mercato, altrimenti l’emergenza abitativa resterà irrisolta.

Il Social Housing
Il Social Housing emerge come una possibile soluzione abitativa per le fasce più deboli, ma resta poco conosciuto: solo il 28,6 per cento degli italiani sa di cosa si tratti. Tra chi lo conosce, la maggioranza lo ritiene utile soprattutto in chiave temporanea (74,4 per cento). Una maggiore diffusione di informazioni e incentivi potrebbe rendere questa opzione più attrattiva e accessibile.

Case vuote: è emergenza
In Italia, su 35 milioni di abitazioni, ben 9,5 milioni restano inutilizzate. Un’emergenza abitativa che non dipende dalle locazioni brevi, le quali rappresentano appena il 2 per cento degli immobili (6 per cento nelle città d’arte), ma da una normativa inefficace che disincentiva la locazione.
A denunciarlo è Maurizio Pezzetta, Vicepresidente Vicario di FIMAA-Confcommercio, nel corso della presentazione del Rapporto Federproprietà-CENSIS.
FIMAA propone soluzioni concrete: dimezzamento dell’IMU per chi affitta con contratti abitativi ordinari, esenzione fiscale per redditi non percepiti in caso di morosità e contratti di locazione considerati titoli esecutivi per agevolare il recupero degli immobili.

Prospettive per il futuro
Il Rapporto Federproprietà-Censis dipinge un quadro di sfide strutturali che richiedono interventi coordinati e lungimiranti. Dal supporto pubblico per l’efficienza energetica alla regolamentazione del mercato degli affitti brevi, fino alla valorizzazione del Social Housing, è evidente che la “casa possibile” passa attraverso una profonda revisione delle politiche abitative. La transizione abitativa 2024-2030 sarà una prova cruciale per il settore immobiliare e per l’intera economia italiana.
Sara Funaro, delegata Anci alle Politiche abitative e sindaco di Firenze, lancia un monito deciso: “Dopo anni di assenza di politiche per la casa, siamo davanti a una vera emergenza nazionale”. “Il diritto alla casa deve tornare accessibile a tutti – sottolinea Funaro – con misure mirate per giovani coppie, lavoratori, famiglie e studenti, soprattutto nelle aree urbane dove l’emergenza abitativa è più acuta”.
Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, richiama l’attenzione sulla necessità di azioni combinate. Oltre al rifinanziamento del fondo per il sostegno alla locazione, l’abbattimento dell’IMU per le case affittate a canone concordato e una migliore gestione dell’edilizia residenziale pubblica. Spaziani Testa evidenzia l’urgenza di rimettere in uso gli immobili abbandonati, garantendo il diritto alla casa a chi ne ha realmente bisogno.

Fotovoltaico, al termine lo “Scambio sul posto”

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Case prefabbricate: a quanto ammonta l’IVA?

Le sfide della casa

Attraverso la Risposta n. 246/2024, l’Agenzia delle Entrate si sofferma sulla tematica relativa all’aliquota IVA da pagare per l’acquisto di una casa prefabbricata da montare.

Nel caso analizzato una Società estera che opera nel settore della produzione di case prefabbricate ha venduto ad un cliente privato italiano una casa prefabbricata da montare. Tale Società ha fatto presente di aderire al regime One Stop Shop (OSS), ovvero un sistema elettronico centralizzato e digitale che consente ai soggetti passivi che forniscono servizi o cedono beni a consumatori dell’UE di dichiarare e pagare l’IVA in un unico Stato membro, quello dove sono identificati

La Società si è rivolta, quindi, all’Agenzia delle Entrate chiedendo chiarimenti sulle aliquote IVA da applicare all’operazione, sui requisiti e sulla registrazione delle fatture con aliquota ridotta e sulle eventuali sanzioni per l’errata applicazione delle aliquote agevolate.

In risposta, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che sulle cessioni delle case di legno prefabbricate la risoluzione ministeriale 503351/1974 prevede l’aliquota IVA al 22% quando il cliente acquista i pezzi della casa e li fa montare dall’impresa stessa che li ha prodotti o da terzi.

Si applica, invece, l’aliquota ridotta del 4% o del 10% quando il committente affida a un’impresa la costruzione della casa, da effettuare con i pezzi fabbricati dall’impresa stessa.

Nel caso di specie, la Società ha ribadito più volte di aver prodotto e venduto al cliente privato italiano la casa prefabbricata che sarà installata in Italia, fornendo tutti i dettagli su consegna, montaggio e sulle moderne tecnologie utilizzate per assemblare i vari pezzi.

A tal proposito, quindi, l’Agenzia ha chiarito che il caso preso in esame rientra nella prima ipotesi per ciò che concerne l’aliquota.

Difatti, basandosi su tutte le informazioni aggiuntive rese note dalla Società Istante, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’acquirente non sta acquistando una casa, come affermato inizialmente dalla Società, bensì pezzi di una casa, precisamente le pareti che andranno successivamente montate.

L’oggetto della transazione, quindi, non è la vendita di un immobile ma la vendita di pezzi prodotti da una Società ai quali deve essere applicata l’aliquota IVA del 22%.

A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Barriere architettoniche, ancora un anno di tempo per accedere al bonus

Negli ultimi anni le agevolazioni previste per l’eliminazione delle barriere architettoniche hanno subìto una serie di modifiche sostanziali e una restrizione delle condizioni di accesso alle detrazioni.

Con la Legge di Bilancio per il 2025, pare però che non preveda ulteriori modifiche e conferma la proroga già fissata al 31 dicembre 2025 relativa al Bonus Barriere Architettoniche con aliquota al 75%.

La detrazione del 75% per gli interventi di rimozione delle barriere architettoniche, è stata introdotta dalla Legge di Bilancio 2022 ed è poi stata estesa fino al 31 dicembre 2025 dalla Legge di Bilancio 2023. A partire dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2025, l’agevolazione è disponibile solo per gli interventi citati all’art. 119-ter del D.L. 34/2020 (rubricato Detrazione per gli interventi finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche) e modificato dal D.L. 212/2023.

In sostanza, quindi, il bonus barriere architettoniche riguarda gli interventi effettuati su scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici. Difatti, il D.L. 212/2023 ha escluso da tale agevolazione le spese per interventi di eliminazione delle barriere architettoniche aventi per oggetto infissi, pavimenti, servizi igienici e automazione degli impianti.

Chiaramente per i contribuenti che hanno presentato prima del 30 dicembre 2023 la documentazione richiesta o abbiano iniziato i lavori sempre prima di tale data, il D.L. 212/2023 prevede una salvaguardia per i lavori in corso e per i contratti che prevedevano il versamento di un acconto prima dell’entrata in vigore delle regole aggiornate.

Per ciò che riguarda il bonus barriere architettoniche 2025, questo consiste in una detrazione fiscale del 75% delle spese sostenute fino al 31 dicembre 2025. La detrazione è ripartita in cinque quote annuali di pari importo e i tetti massimi di spesa su cui calcolare la detrazione sono:
• 50.000 euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno;
• 40.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari;
• 30.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari in edifici condominiali con più di 8 unità.

I soggetti che possono beneficiare di tale agevolazione sono:
• persone fisiche;
• esercenti;
• professionisti;
• enti pubblici ed enti privati che non svolgono attività commerciale;
• società semplici;
• associazioni tra professionisti;
• soggetti con reddito d’impresa.

Per quanto concerne i condomini, ricordiamo che dal 1° gennaio 2023 per le delibere assembleari che approvano tali interventi di rimozione delle barriere architettoniche è necessaria la maggioranza dei partecipanti all’assemblea che rappresenti un terzo del valore millesimale dell’edificio. Sostanzialmente si tratta di un requisito meno stringente rispetto alle procedure standard relative per la deliberazione dei lavori in condominio.
La documentazione richiesta per accedere al bonus barriere architettoniche consiste nell’attestato del tecnico abilitato riguardante il rispetto dei requisiti previsti dal D.M. 236/1989 e il bonifico parlante attraverso cui sono stati effettuati i pagamenti. Chiaramente è necessario comunque conservare tutta la documentazione utile ai fini dell’ottenimento dell’agevolazione.

A cura di: Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI

Lo stato degli impianti elettrici negli edifici residenziali

Il settore degli impianti elettrici in Italia sta vivendo un periodo di evoluzione significativa, con una crescente attenzione a qualità, sicurezza e innovazione tecnologica.
Il rapporto CRESME, commissionato dalla Federazione ANIE e presentato nel corso dell’evento “Tecnologie evolute per l’edificio”, offre uno spaccato dello stato degli impianti elettrici presenti in Italia e delle attività degli installatori nel contesto residenziale e non residenziale.

Analisi di mercato ANIE-CRESME
L’analisi di mercato, realizzata a cavallo tra il 2023 e il 2024, è stata condotta intervistando i vari attori della filiera edile, dagli installatori elettrici ai progettisti, passando per gli amministratori di condominio, nonché le famiglie e gli utenti finali.
Sono state indagate e analizzate:
• le dotazioni impiantistiche presenti e realizzate negli ultimi anni da parte dei professionisti;
• il livello di soddisfazione sui vari prodotti quotidianamente utilizzati dagli utenti finali;
• le propensioni di acquisto future;
• macro trend passati e futuri visti con gli occhi dei protagonisti del settore.

Gli installatori e la loro attività
Secondo i dati raccolti, la maggior parte degli installatori elettrici ha un’esperienza significativa nel settore, con un’alta percentuale che lavora da oltre 20 anni. In particolare:
• il 38,4 per cento degli installatori ha più di 30 anni di esperienza;
• il 27,8 per cento ha tra i 21 e i 30 anni di esperienza.
In termini di dimensioni aziendali, le imprese di installazione tendono ad essere relativamente piccole, prevedendo nel 65,3 per cento dei casi meno di cinque dipendenti con un principale focus delle attività rivolto al settore residenziale (più del 62 per cento degli interventi nel 2023).

Il livello degli impianti elettrici
Gli installatori segnalano che la funzionalità degli impianti elettrici nelle unità immobiliari residenziali e terziarie da loro gestite mostra una situazione abbastanza positiva, ma con ampi margini di miglioramento ed alcuni campanelli d’allarme che meritano molta attenzione.
Nello specifico:
• più del 10 per cento degli impianti sembra non avere la Dichiarazione di Conformità (Di.Co.);
• tra gli impianti dotati di Di.Co. (58%, con il restante costituito da utenti che non sanno se la possiedono), oltre il 50 per cento non riporta la classificazione del livello:
• solo il 5,3 per cento degli impianti dotati di Di.Co. raggiunge il livello 3, ossia il massimo standard di qualità e complessità tecnologica.
Inoltre, sebbene la funzionalità degli impianti di messa a terra e delle protezioni differenziali sia generalmente buona, presenta una non conformità del 7-8 per cento. Sebbene questa percentuale possa sembrare modesta, in valore assoluto rappresenta un numero significativo di impianti potenzialmente pericolosi, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza complessiva degli edifici.
Gli interventi sugli impianti elettrici nelle abitazioni nel 2023 sono stati, per più della metà dei casi, dei rifacimenti completi (51,4 per cento), mentre per un terzo dei casi si sono effettuati rifacimenti parziali (nuovo impianto solo in alcune stanze/aree, esempio: bagni e/o cucina). Nel 35,8 per cento dei casi sono stati fatti adeguamenti normativi, quali per esempio l’installazione/sostituzione del salvavita.

Crescono i sistemi domotici e le tecnologie energetiche
Il report CRESME evidenzia anche la percezione della dinamica tecnologica tra gli installatori.
Le tecnologie tradizionali come le protezioni differenziali e l’illuminazione convenzionale sono ancora predominanti, ma c’è una crescente adozione di tecnologie evolute, quali i sistemi domotici e tutti i prodotti afferenti al settore energetico (fotovoltaico, sistemi di accumulo, colonnine di ricarica).
L’adozione di tecnologie innovative è comunque in crescita: l’installazione di impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica è sempre più comune sia nel settore residenziale sia in quello terziario. Questi interventi non solo contribuiscono alla sostenibilità ambientale, ma rispondono anche alle esigenze di efficienza energetica e riduzione dei costi di gestione.
Questi dati indicano che, sebbene ci siano progressi significativi nel settore, rimangono aree critiche che necessitano di miglioramenti per garantire una transizione sicura ed efficiente verso le tecnologie più avanzate.

Impianti elettrici: il punto di vista degli utenti finali
L’indagine sulle famiglie italiane rivela importanti informazioni sulle dotazioni impiantistiche e le tecnologie innovative presenti nelle abitazioni.
Il 76,7 per cento delle famiglie vive in abitazioni di proprietà, con il 38,4 per cento in edifici mono o bifamiliari; di tutte le famiglie intervistate, solo il 5 per cento risiede in edifici “recenti” costruiti dopo il 2010.
Gli interventi di ristrutturazione sono stati dunque numerosissimi, coinvolgendo circa la metà delle abitazioni negli ultimi dieci anni, sulle quali, per più del 60 per cento dei casi, sono stati rifatti gli impianti elettrici o, comunque, sono stati installati prodotti tecnologici in attività di rifacimento completo o parziale, adeguamenti normativi compresi.
Un terzo di tutti questi interventi é stato deciso per usufruire degli incentivi fiscali di natura governativa.
Dal censimento risulta, infine, che più di un terzo delle famiglie ha all’interno delle proprie abitazioni dei sistemi e/o dei prodotti tecnologici evoluti, quali domotica/videocitofonia e termoregolazione connessa (ed altro), sinonimo di una forte penetrazione del mondo digitale anche a livello impiantistico.

Scarsa conoscenza di caratteristiche e funzionalità dell’impianto elettrico
Purtroppo, la consapevolezza sulle specifiche degli impianti elettrici è ancora bassa:
• solo il 31,2 per cento conosce la classificazione degli impianti in tre livelli di qualità;
• poco meno della metà non ha o non sa di avere il certificato di conformità (Di.Co.);
• il 17 per cento non conosce la potenza contrattuale della propria fornitura energetica;
• il 30 per cento delle famiglie non utilizza ancora l’illuminazione a basso consumo a LED;
• più della metà non è a conoscenza o non ha mai effettuato il test del salvavita.
Questi dati indicano come il processo di ammodernamento del parco installato italiano ed il livello di consapevolezza degli utenti finali sia sicuramente a buon punto, ma preveda ancora ampi margini di miglioramento e, quindi, ottime opportunità di sviluppo e di crescita per tutto il settore elettrico.

Progettisti: cresce la richiesta domotica e di sistemi di gestione energetica
I progettisti di impianti elettrici stanno riscontrando una crescente richiesta di soluzioni avanzate e di alta qualità, con un’attenzione particolare rivolta alla sicurezza, all’efficienza energetica e alla distribuzione dati.
La loro progettazione spesso include l’integrazione di tecnologie innovative come la domotica e i sistemi di gestione energetica, che offrono maggior controllo e ottimizzazione dei consumi.
I progettisti cercano di rispondere alle esigenze dei clienti fornendo impianti che garantiscano non solo funzionalità avanzate, ma anche sostenibilità nel lungo termine e connettività.

Gli amministratori di condominio puntano sull’efficienza energetica
D’altra parte, gli amministratori di condominio sottolineano l’importanza cruciale della manutenzione regolare e dell’adeguamento normativo degli impianti elettrici.
La categoria evidenzia infatti come interventi mirati possano migliorare significativamente la sicurezza degli edifici e ridurre i consumi energetici, contribuendo così alla sostenibilità ambientale e al contenimento dei costi di gestione.
Particolare attenzione viene posta sull’installazione di sistemi di illuminazione LED e impianti fotovoltaici, che rappresentano soluzioni efficaci per aumentare l’efficienza energetica.
Inoltre, gli amministratori si concentrano sulla necessità di aggiornare costantemente gli impianti per conformarsi alle normative vigenti, garantendo così la sicurezza e l’affidabilità delle strutture condominiali.

Gli installatori rispondono con competenza all’evoluzione del settore
L’analisi dei dati del rapporto ANIE evidenzia un settore degli impianti elettrici in evoluzione, con una crescente attenzione alla sicurezza, alla qualità degli interventi e all’adozione di tecnologie innovative.
Gli installatori italiani dimostrano un alto livello di professionalità e competenza, operando in un contesto che richiede sempre più interventi su tecnologie avanzate come il fotovoltaico e le colonnine di ricarica.
Gli utenti finali dimostrano una elevata accettazione e soddisfazione delle soluzioni evolute, quali la domotica, la videocitofonia e la termoregolazione connessa, il cablaggio strutturato, dimostrando una sempre maggior attenzione verso il mondo tecnologico.
Questi trend suggeriscono una necessità continua di formazione e aggiornamento per i professionisti, oltre a un’attenzione costante alla conformità normativa e alla qualità delle installazioni.
Il futuro del settore sembra orientato verso un mix di tecnologie tradizionali consolidate e nuove soluzioni tecnologiche avanzate, con un focus sempre maggiore sulla sostenibilità e l’efficienza energetica.

“La casa che immagino”: il tipo di abitazione che i consumatori desiderano acquistare

L’indagine annuale “La casa che immagino” di Casa.it rivela che otto persone su dieci sono fiduciose di trovare la casa giusta e che una persona su due sta aspettando che i prezzi scendano per cambiare casa.
La ricerca di mercato di Casa.it, giunta alla sua quinta edizione, misura quali sono i fenomeni e le tendenze in atto nella ricerca della casa e quest’anno ha coinvolto oltre 4mila persone che hanno condiviso le loro aspettative per la loro futura abitazione e le loro esigenze, i fattori che le spingono a cercare una nuova casa e le barriere che incontrano, le motivazioni che le portano a scegliere l’acquisto o l’affitto e la loro percezione del mercato immobiliare.
“Anche quest’anno con l’indagine ‘La casa che immagino’ diamo voce ai nostri consumatori perché per noi è molto importante ascoltarli e farci portavoce delle loro aspirazioni, sogni e desideri, intercettare i trend in atto e comprendere come cambia l’identikit della casa immaginata – racconta Daniela Mora, Head of Consumer & Brand Marketing di Casa.it – Dalla ricerca emerge uno scenario di ottimismo delle persone nonostante i prezzi e la percezione di una scarsità di immobili sul mercato in linea con le proprie esigenze, ma un dato molto importante che emerge è il fatto che una persona su due stia aspettando che i prezzi scendano per cambiare casa”.

Lo scenario
Otto persone su dieci (79%) sono fiduciose di trovare la casa giusta per sé e l’ottimismo è trasversale a tutte le generazioni, ma soprattutto riguarda la Generazione Zeta (81%) e la Generazione X (80%), mentre il 79% della Silent Generation è fiducioso, il 78% dei Millennials e il 77% dei Baby Boomers.
La spinta principale per cambiare casa è il desiderio di avere uno spazio esterno. Il 35% dei consumatori, infatti, vuole cambiarla perché desidera uno spazio esterno, che sia un giardino privato, un balcone, un terrazzo abitabile o un orto. Il 29% perché vuole una casa più grande di quella attuale, il 21% perché vuole cambiare zona o Comune, il 20% perché non vuole più pagare l’affitto, il 17% perché desidera abitare vicino ai luoghi di proprio interesse.
Per più di una persona su due (62%) la ricerca della casa è influenzata dai prezzi troppo alti e dalla scarsità di immobili disponibili in linea con le esigenze. Sulla ricerca della casa impattano anche la mancata soddisfazione delle aspettative (31%), i costi di ristrutturazione troppo elevati (22%), i tassi di interesse dei mutui troppo alti (19%) e il costo della vita (17%). La Direttiva Case Green e la situazione geopolitica hanno un impatto molto limitato, solo per il 5% e il 2% delle persone.
Il trasloco, invece, non rappresenta una barriera perché solo il 28% ha dichiarato di esserne spaventato.
A causa dei prezzi elevati due persone su tre (69%) hanno modificato le proprie aspettative sulla casa che cercano ed è soprattutto la Generazione Zeta ad averle cambiate (3 persone su 4), mentre una persona su due (59%) sta aspettando che i prezzi scendano per cambiare casa e ciò è vero ancora di più per la Generazione Zeta (70%) e i Millennials (64%).
In generale, però, rispetto al 2023 sono diminuite le persone che pensano che i prezzi delle case stiano salendo dove stanno cercando. Invece, sono di più rispetto all’anno scorso le persone che pensano che i prezzi siano stabili e coloro che non hanno idea dell’andamento dei prezzi delle case, mentre solo l’8% pensa che i prezzi siano in calo.
I motivi principali per cui le persone comprerebbero una casa oggi sono simili a quelli del 2023 e attengono soprattutto alla prima casa con il 66% delle preferenze, anche se questo dato è in calo rispetto allo scorso anno dove era il 71%: oggi il 28% comprerebbe una casa per possedere una prima casa per la prima volta, il 26% per sostituire la prima casa per una più grande e il 12% per sostituire la prima casa con una più piccola. Una motivazione in crescita rispetto al 2023 è l’investimento per i figli o congiunti che dal 4% è salito al 7%.
Tra coloro che stanno cercando una casa da acquistare, quelli che ricorrerebbero al mutuo sono diminuiti leggermente, passando dal 66% del 2023 al 65%. Al mutuo ricorrerebbero soprattutto le generazioni più giovani: l’89% della Generazione Zeta, l’88% dei Millennials e il 71% della Generazione X.
Per chi opta per l’affitto, invece, si tratta soprattutto di una scelta momentanea in attesa di poter comprare casa (23%). Il 18% lo farebbe per poter cambiare appartamento e indirizzo secondo le necessità, il 16% per disinteresse rispetto alla proprietà della casa. I motivi di lavoro, invece, scendono dal 16% del 2023 al 9%.

La casa dei desideri
Andando a vedere la casa che le persone desiderano trovare, si scopre che la sua posizione è più importante delle dimensioni. Il 63%, infatti, rinuncerebbe a vivere in una casa più grande pur di vivere nel proprio luogo preferito e questa percentuale raggiunge il 73% dei Baby Boomers e il 69% della Generazione Zeta.
Solo il 46% rinuncerebbe a una zona centrale pur di vivere in una casa grande. Le generazioni più adulte sono quelle per cui vivere in una zona centrale è ancora più importante: solo il 29% della Silent Generation e il 35% dei Baby Boomers rinuncerebbe a vivere in una zona centrale pur di vivere in una casa grande.
La periferia della città resta comunque in cima alle preferenze con il 35% delle risposte. Al secondo posto c’è il centro della città con il 25%. Al terzo i piccoli borghi e la provincia con il 20%, al quarto le località di mare con il 14%, al quinto i paesini di montagna con il 4% e al sesto le località sul lago con il 2%.
La vicinanza a negozi e servizi è fondamentale, insieme a spazi verdi, giardini e parchi, supermercati e mezzi pubblici. I negozi e i servizi dal 2021 sono il punto di interesse più importante che le persone vorrebbero avere vicino e quest’anno hanno raccolto il 54% delle preferenze. Seguono gli spazi verdi, giardini e parchi con il 50%, il supermercato con il 47% e i mezzi pubblici con il 42%.
La ricerca conferma che l’appartamento continua ad essere la tipologia più cercata, raccogliendo il 44% delle preferenze, in crescita rispetto al 2023 quando era al 41%. Al secondo posto c’è la casa indipendente con il 27%, al terzo l’attico/mansarda con il 6%, al quarto la villa e la villetta a schiera con il 5% ciascuna, al quinto la casa bifamiliare/trifamiliare e il rustico/casale con il 4% rispettivamente, al sesto il terratetto/terracielo con il 2% e al settimo loft, baita/bungalow/chalet/trullo e immobile di prestigio con l’1% delle preferenze ciascuno.
I tagli più grandi continuano ad attrarre le preferenze maggiori. Infatti, le case con 3, 4 o 5 locali o più attraggono l’89% delle preferenze con un punto in più rispetto al 2023: in particolare, le case con 3 locali sono sempre quelle più cercate con il 36% delle preferenze (+2 punti rispetto al 2023). Seguono quelle con 4 locali con il 31% come nel 2023 e quelle con 5 locali o più con il 22% (-1). I bilocali raccolgono, invece, il 10% delle preferenze (-1) e i monolocali l’1% come nella rilevazione precedente.
Nel 2024 al primo posto degli spazi essenziali nella futura casa c’è il box/garage, che con il 54% delle preferenze supera il giardino privato che è al 50% e che l’anno scorso era al primo posto. Terrazzo (49%), cucina abitabile (48%), 2 o più bagni (47%) e soggiorno (47%) sono gli altri spazi ritenuti essenziali. Sopra al 30% anche il balcone (36%), la cameretta per i figli (35%) e il ripostiglio (31%). Il box/garage, il giardino privato e la cucina abitabile sono i tre spazi che negli ultimi 5 anni sono ritenuti sempre essenziali.
La luminosità, il riscaldamento autonomo e una bella vista sono le caratteristiche più ambite negli ultimi 5 anni. La luminosità quest’anno ha raccolto il 69% delle risposte, il riscaldamento autonomo il 65% e una bella vista il 46%. Al quarto posto l’aria condizionata con il 44% delle preferenze.
Importante è anche avere una casa più grande di quella attuale (32%), una connessione Internet veloce (32%), l’accessibilità con il resto della città e l’esterno (29%), un’elevata classe energetica (26%).
Nonostante un’elevata classe energetica sia ritenuta meno importante di altre caratteristiche, 2 persone su 3 hanno dichiarato che la classe energetica della futura casa è importante per loro.
Continua a salire l’interesse per le case già abitabili e cala quello per le case da ristrutturare. Il 69% delle persone preferisce le case già abitabili (+ un punto rispetto al 2023), il 20% le nuove costruzioni come nel 2023 e l’11% delle persone preferisce le case da ristrutturare (- un punto rispetto al 2023).

Per molti l’acquisto della casa é un miraggio, il 60% ripiega sull’affitto

Sono molte le famiglie italiane che non possono permettersi di acquistare una casa. Certi di ricevere un rifiuto, non provano neppure di accedere al credito e il 60 per cento dei potenziali acquirenti ripiega sulla ricerca di un’abitazione in affitto, in un contesto peraltro molto difficile.
È la fotografia che emerge dal diciassettesimo rapporto sull’Abitare di Nomisma, in collaborazione con Confindustria e con il supporto di Crif.
Negli ultimi anni, sottolinea il rapporto, l’inflazione ha eroso il reddito delle famiglie italiane, tanto che in 3 casi su 5 risulta inadeguato o appena sufficiente per far fronte alle necessità primarie. Aumentano quindi le difficoltà, soprattutto per le persone sole e le famiglie numerose, non solo per l’acquisto di una casa, ma anche per sostenere i canoni di locazione, divenuti sempre più alti.
Il report sottolinea come l’interesse delle famiglie nei confronti della casa rimane saldo: l’abitazione continua ad essere considerata non solo come un luogo dove vivere, ma anche come opportunità di investimento.
Però, a fronte di 3 milioni di famiglie che dichiarano un interesse all’acquisto nei prossimi 12 mesi, le condizioni per concretizzare la compravendita non sempre sono accessibili. Infatti, mentre secondo Nomisma la “domanda reale” vede coinvolte 980mila famiglie, le previsioni per l’anno 2024 si fermano a 700mila compravendite di abitazioni.
Contemporaneamente è in aumento la quota di famiglie in locazione che considera l’affitto come unica soluzione possibile, in considerazione della mancanza di risorse per accedere all’acquisto.
L’indagine conferma due diversi e distinti orientamenti: il primo considera l’affitto una scelta motivata da esigenze familiari e lavorative; il secondo, che riguarda la maggioranza delle famiglie, considera l’affitto una soluzione temporanea oppure obbligata perché non sussistono le condizioni economiche per accedere al mercato della compravendita.