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ALBERGO IN CONDOMINIO: È VIETATO SE IL REGOLAMENTO NON LO PREVEDE ESPRESSAMENTE

  • Redazione
  • 6 maggio 2015

 

[A cura di: Confappi]

 

Non è consentita nessuna attività alberghiera in
condominio se espressamente vietata dal regolamento dell’edificio. Lo ha deciso
la Cassazione civile con la sentenza n. 6299, depositata il 27 marzo 2015.

Il contenzioso vede opposti, da una parte, i
proprietari di alcune unità immobiliari facenti parte di un condominio e,
dall’altra, due società proprietarie di immobili nello stesso condominio,
utilizzati però a scopo alberghiero. I primi chiedono al giudice che le due
società cessino l’attività, in quanto vietata dal regolamento condominiale. Il
Tribunale di Busto Arsizio dà ragione ai condòmini, ordinando alle società di
chiudere l’attività e ripristinare la destinazione abitativa residenziale degli
alloggi. La decisione di primo grado è confermata dalla Corte d’Appello di
Milano, che osserva come risultasse provato “che le due società svolgessero […]
attività alberghiera o residenziale turistico/alberghiera, violando la clausola
4.1 del regolamento condominiale, anche in considerazione che detta attività
poteva essere, obiettivamente, idonea a configurare un godimento,
potenzialmente, disturbante e molesto per gli altri proprietari”.

La vicenda arriva dinanzi alla Corte di Cassazione,
ma anche i giudici ermellini rigettano il ricorso delle società, osservando
come il tribunale abbia chiaramente descritto nella motivazione della sentenza
le caratteristiche che differenziano “la destinazione alberghiera o residenziale
turistico alberghiera dalla destinazione di residenza prevista dalla clausola
del regolamento condominiale”.

Già in appello i giudici avevano fatto notare come,
se da un lato la clausola del regolamento condominiale non consente di
identificare quali attività rientrerebbero nel divieto di cui si dice, “al
contrario indica semplicemente l’unico modo in cui gli immobili insistenti nel
condominio possono essere goduti dai proprietari, con l’esclusione di qualsiasi
altra destinazione”.

E quindi “la destinazione ad uso abitativo
espressamente prevista dalla clausola 4.1. del regolamento condominiale inter
partes
non può risultare derogata dal generico richiamo all’indistinto
contenuto di pregressi atti inter alios, tanto più che, sia la
destinazione abitativa degli immobili, sia l’obbligatorietà per le parti del
regolamento condominiale furono specificamente stabilite nei rogiti di
vendita”.

Una sentenza destinata a
far discutere, soprattutto se letta insieme al pronunciamento della Suprema
Corte del 20 novembre 2014 n. 24707, riguardante i bed and breakfast in
condominio. In quell’occasione, gli ermellini hanno stabilito che l’attività di
b&b è consentita anche in presenza di un regolamento condominiale
che vieta di “destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile
abitazione o di ufficio professionale privato”. Addirittura, secondo i giudici,
l’utilizzo degli appartamenti a tale scopo non comporterebbe il cambio di
destinazione d’uso ai fini urbanistici e, proprio la definizione di “civile
abitazione” citata nel regolamento, risulta essere un presupposto fondamentale
per lo svolgimento dell’attività di b&b.

 

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