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CADUTA DI CALCINACCI SU UN’AUTO: BOTTA E RISPOSTA TRA AMMINISTRATORE E CONDOMINO

  • Redazione
  • 28 aprile 2016
La caduta di calcinacci dal palazzo condominiale avrebbe danneggiato un’auto: tra il proprietario del mezzo nasce un acceso botta e risposta, anche via lettera. Ma la difesa – pur con toni accesi – dell’amministratore, non costituisce diffamazione. Vediamo perché.

—————–
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 16142,
ud. 1.4.2016
——————

RITENUTO IN FATTO 
Con sentenza deliberata il 26/06/2014, il Giudice di pace di Cosenza aveva dichiarato V.A. colpevole del reato di diffamazione, per aver offeso la reputazione di F.G., attraverso una missiva inviata all’avv. E.G. (che, per conto della F.G., aveva diffidato l’imputato, nella qualità di amministratore di condominio, a risarcire i danni provocati dalla caduta di calcinacci dal palazzo condominiale all’autovettura della persona offesa), nella quale l’accusava di aver avanzato la richiesta “pretestuosamente” e la invitava altresì “ad evitare ulteriori e ingiustificate pretese al fine di evitare di dover procedere ad una denuncia dell’accaduto presso le Forze dell’Ordine”, così lasciando intendere che il danno denunciato non si era verificato e che quindi la persona offesa intendeva truffare l’assicurazione al fine di ottenere un risarcimento ingiusto; l’imputato era condannato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile. 
Investito dell’appello dell’imputato, il Tribunale di Cosenza, con sentenza del 30/3/2015, ha assolto V.A., ritenendo sussistente la fattispecie di cui all’art. 598 cod. pen. 
Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Cosenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – violazione degli artt. 595 e 598 cod. pen. e vizi di motivazione: le espressioni diffamatorie non si esauriscono negli aggettivi “pretestuosa” e “ingiustificata”, con i quali è stata definita la richiesta risarcitoria delle persona offesa, ma sono ravvisabili nell’ulteriore riferimento alla denuncia alle Forze dell’ordine, laddove il giudice di appello non ha verificato le continenza delle espressioni e la loro veridicità. 

CONSIDERATO IN DIRITTO 
Il ricorso non merita accoglimento. 
La sentenza impugnata muove dal rilievo che la missiva inviata dall’imputato si inseriva in un contenzioso stragiudiziale tra il condominio amministrato dallo stesso V.A. e F.G. benché allusive di una ritenuta non veridicità del danno lamentato dalla persona offesa, le espressioni di cui all’imputazione, osserva il giudice di appello, non travalicano i limiti dell’ordinaria difesa, soprattutto alla luce dell’intervallo di tempo intercorso tra la data del prospettato fatto dannoso (giugno 2010) e quella della richiesta di risarcimento (gennaio 2011), essendosi l’imputato limitato a far valere – a torto o a ragione – le istanze del condominio di cui era amministratore. 
Nei termini indicati, la motivazione della sentenza impugnata si sottrae alle censure del ricorrente. Sotto un primo profilo, il giudice di appello ha fatto buon governo del principio di diritto in forza del quale l’esimente di cui all’art. 598 cod. pen. sussiste qualora le espressioni offensive siano contenute in una diffida stragiudiziale prodromica alle successive iniziative legali (Sez. 5, n. 46864 del 28/11/2005 – dep. 22/12/2005), ferma restando la necessaria loro riferibilità, in modo diretto ed immediato, all’oggetto della controversia (Sez. 6, n. 14201 del 06/02/2009 – dep. 31/03/2009). Sotto un diverso profilo, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, l’esimente in esame non si applica allorché l’esposizione infedele espressa con la consapevolezza dell’innocenza dell’accusato integri un fatto costitutivo di illecito penale (calunnia), essendo, in tal caso, del tutto irrilevante la circostanza di avere agito nell’espletamento di condotta difensiva (Sez. 5, n. 31115 del 30/06/2011 – dep. 04/08/2011, P.O.; conf.: Sez. 6, n. 32325 del 04/05/2010 – dep. 26/08/2010): nel caso di specie, la sentenza impugnata ha dato conto dell’insussistenza, in capo all’imputato, della consapevolezza dell’innocenza dell’accusata, richiamando il dato rappresentato dal consistente lasso di tempo intercorso tra l’epoca del fatto lesivo attribuito al condominio e quella della richiesta di risarcimento avanzata dalla persona offesa, sicché la motivazione del giudice di appello non è inficiata dai rilievi del ricorrente. 
Pertanto, il ricorso del Pubblico Ministero deve essere rigettato. 

P.Q.M. 
Rigetta il ricorso del P.M. 
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