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CONDOMINIO: LA DELIBERA CHE APPROVA LE SPESE È PROVA PER IL DECRETO INGIUNTIVO

  • Redazione
  • 9 maggio 2017

Il verbale di assemblea o la delibera di approvazione del “preventivo” di spese straordinarie, costituiscono prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime, necessario al solo fine di ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento. Lo ha rimarcato la Corte di Cassazione con la sentenza 10621 del 28 aprile 2017, di cui riportiamo un estratto.

——————-

CORTE DI CASSAZIONE

Sez. II civ., sent. 28.4.2017,

n. 10621

——————

ESPOSIZIONE DEL FATTO 

D.G. propone ricorso per cassazione, in proprio ed in qualità di erede di C.A., con un unico motivo, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, che, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato la D.G. al pagamento di 17.872,66 euro, a titolo di contributo per lavori condominiali ordinari e straordinari. 

La Corte d’Appello di Firenze affermava che l’espletata Ctu aveva evidenziato che i lavori per cui è causa erano stati ultimati ed oggetto di collaudo e che l’assemblea condominiale aveva approvato il preventivo di spesa, mentre l’approvazione del prospetto di riparto doveva ritenersi implicita nell’avvenuto pagamento da parte di tutti gli altri condòmini. 

La successiva assemblea del 30.3.1996 aveva dato mandato all’amministratore di procedere urgentemente per il recupero della quota non versata dai condomini D.G. e C.A.. 

Il Condominio … resiste con controricorso. 

RITENUTO IN DIRITTO 

Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1130, 1135 c.c., 63 Disp. Att. c.c. e 633 c.p.c., in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c., censurando la statuizione della Corte d’Appello di Firenze, secondo cui l’approvazione del prospetto di riparto era da considerarsi implicita nell’avvenuto pagamento da parte di tutti gli altri condòmini. 

Deve preliminarmente respingersi l’eccezione di novità del motivo di impugnazione e violazione dell’art. 345 c.p.c., sollevata dal controricorrente, per difetto di autosufficienza. 

Si osserva, inoltre, che la statuizione della Corte d’Appello, che ha esaminato e rigettato, nel merito, tale motivo di impugnazione dell’odierno ricorrente, così implicitamente disattendendo la “novità” del motivo, non è stata impugnata con ricorso incidentale. 

Nel merito il motivo è infondato. 

Ed invero, per il disposto degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., l’amministratore del condominio ha la legittimazione ad agire in giudizio nei confronti del condomino moroso per la riscossione dei contributi, senza necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea, mentre l’esistenza o meno di uno stato di ripartizione delle spese approvato dall’assemblea rileva soltanto in ordine alla fondatezza della domanda, con riferimento all’onere probatorio a suo carico (Cass. 2452/1994; 14665/1999). 

Ed invero, l’obbligo del condomino di pagare al condominio, per la sua quota, le spese per la manutenzione e l’esercizio dei servizi comuni dell’edificio deriva dalla gestione stessa e quindi preesiste all’approvazione da parte dell’assemblea dello stato di ripartizione, che non ha valore costitutivo, ma solo dichiarativo del relativo credito del condominio. 

Il verbale di assemblea condominiale contenente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l’uso delle parti comuni, ovvero, come nel caso di specie, la delibera di approvazione del “preventivo” di spese straordinarie, costituisce dunque prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime, necessario al solo fine di ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento ai sensi dell’art. 63 disp. att.c.c. (Cass. 15017/2000). 

Deve dunque escludersi che la delibera di approvazione assembleare del piano di ripartizione costituisca un presupposto processuale o una condizione dell’azione, posto che la legittimazione ad agire dell’amministratore per il pagamento della quota condominiale trova fondamento direttamente nelle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c.. 

A seguito dell’opposizione al decreto dunque, si dà luogo ad un giudizio di cognizione ordinaria, con onere, in assenza della delibera di approvazione del piano di riparto, per l’amministratore di provare gli elementi costitutivi del credito nei confronti del condomino anche avuto riguardo ai criteri di ripartizione delle spese relative alle parti comuni dell’edificio e facoltà di quest’ultimo di contestare sussistenza ed ammontare del credito medesimo azionato nei suoi confronti. 

A tali principi si è attenuta la sentenza impugnata, onde non sussiste la dedotta violazione di legge. 

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 

(omissis)

P.Q.M. 

La Corte rigetta il ricorso. 

Condanna D.G. al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 2.400 euro, di cui 200 per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario per spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. 

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