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Videosorveglianza in condominio: maggioranze, limiti e divieti

  • Quotidiano Del Condominio
  • 18 marzo 2019

[A cura di: avv. Silvio Rezzonico – presidente Confappi] Il nuovo Regolamento Ue 2016/679 in tema di trattamento dei dati personali e il successivo decreto legislativo 101/2018, che ha adeguato il Codice della privacy (Dl 196/2003) alle disposizioni del Regolamento comunitario si applicano anche in ambito condominiale.

Rispetto al passato, i cambiamenti sono pochi, con la nuova legislazione che, in sostanza, introduce regole più severe per chi materialmente è responsabile del trattamento dei dati oggetto della normativa, vale a dire l’amministratore di condominio.

L’amministratore

Questi – come disposto dall’articolo 5 del Regolamento Ue – ha l’obbligo di trattare i dati secondo liceità, correttezza e trasparenza. Il Regolamento introduce, inoltre, il concetto di “accountability” per cui spetta all’amministratore decidere come organizzare il trattamento dei dati stabilendo, fra le altre cose, in che modo garantire l’opportuna sicurezza delle informazioni, prevenendo perdite, distruzioni, furti o danni accidentali degli stessi dati. Altra novità degna di nota riguarda la delega, in passato facoltativa e ora obbligatoria, attraverso cui il condominio, titolare del trattamento dei dati, incarica l’amministratore di mettere in atto l’insieme delle misure che garantiscono il rispetto della normativa.

In definitiva, l’amministratore ha sì più responsabilità, ma anche un potere d’azione maggiore. Non è tenuto, ad esempio, a ottenere il consenso per la tenuta dei dati dei condòmini, in quanto tra i suoi compiti vi è anche quello di gestire informazioni personali dei partecipanti al condominio, come previsto dagli articoli 1129 e 1130 del Codice civile. Il consenso occorre, invece, nel caso in cui l’amministratore utilizzi i dati personali dei condòmini per attività che esulino dalla gestione diretta dell’edificio.

Videosorveglianza

Più complesso, per l’amministratore, è rispondere al condomino che chiede di installare una videocamera di sorveglianza a protezione della propria unità immobiliare. La questione è delicata, in quanto l’impianto di videosorveglianza rischia di interferire con la privacy di altri soggetti che transitano nello stabile, residenti e terze persone.

Come precisato dal Garante della privacy, il proprietario di un’abitazione indipendente non è tenuto a osservare le norme contenute nel Codice della privacy, a patto che l’angolo di visuale dell’obiettivo si limiti a inquadrare l’area da proteggere, escludendo zone pubbliche come strada e marciapiedi. Le stesse regole si applicano al singolo condomino che vuole tutelare un accesso privato (porta d’ingresso, finestra, balcone): può farlo senza l’autorizzazione dell’assemblea (non mettendo a repentaglio la stabilità dell’edificio ed evitando di lederne il decoro architettonico), ma l’obiettivo dovrà avere un raggio d’azione il più limitato possibile.

Sulla questione di recente si è espressa la Corte di Cassazione (sentenza 30 maggio-12 luglio 2017, n. 34151) secondo cui “… le scale di un condominio e i pianerottoli delle scale condominiali non assolvono alla funzione di consentire l’esplicazione della vita privata al riparo da sguardi indiscreti, perché sono, in realtà, destinati all’uso di un numero indeterminato di soggetti e di conseguenza la tutela penalistica di cui all’art. 615 bis c.p. non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese”. Ciò significa che il singolo condomino che ha installato una videocamera per fini privati, non è tenuto a rimuoverla anche nel caso in cui l’obiettivo inquadri “…la porzione di pianerottolo prospiciente la porta suddetta, nonché la rampa delle scale condominiali e una larga parte del pianerottolo condominiale”.

Sulla presunta interferenza illecita nella vita privata, la Suprema Corte ha infatti osservato che “… l’art. 615/bis è funzionale alla tutela della sfera privata della persona che trova estrinsecazione nei luoghi indicati nell’art. 614 cod. pen.; vale a dire, nell’abitazione e nei luoghi di privata dimora, oltre nelle appartenenze di essi. Si tratta di nozioni che individuano una particolare relazione del soggetto con l’ambiente ove egli svolse la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza”.

Qualche anno prima la Corte di giustizia europea (causa C 212/13 dell’11 dicembre 2014) aveva affrontato il caso di un passante che lamentava una violazione della privacy per essere stato ripreso, mentre camminava in una strada pubblica, da una telecamera posizionata dai proprietari di un appartamento in passato oggetto di atti vandalici. Per i giudici europei, la violazione lamentata dal passante è legittima, in quanto l’obiettivo della telecamera non avrebbe dovuto inquadrare oltre il confine dell’uscio di casa. L’attività di videosorveglianza non può quindi essere considerata “esclusivamente personale” e va interpretata in modo restrittivo. Ciò detto, la Corte ha comunque precisato che è necessario analizzare ogni singolo caso, bilanciando l’interesse alla privacy con quello del proprietario del bene che vuole tutelarlo. In sintesi, per la Corte europea in determinati casi le norme a tutela della privacy possono essere subordinate all’interesse legittimo del proprietario.

Le parti comuni

Per le videocamere poste a protezione delle parti comuni condominiali, l’articolo 1122 ter del Codice civile, introdotto dalla legge di riforma del condominio 220/2012, dispone che “le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136”, ossia il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà dei millesimi dello stabile. In questo caso, l’iter prevede, una volta approvata la delibera, di segnalare la presenza delle videocamere posizionando cartelli visibili e riconoscibili nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze. Le immagini registrate devono essere cancellate dopo 48 ore.

Il Garante ha, infine, osservato come l’installazione delle videocamere in condominio deve attenersi al “principio di proporzionalità”. E quindi, il loro utilizzo è sì possibile, ma solo se rappresenta l’unica soluzione percorribile rispetto ad altri sistemi, ad esempio allarmi e cancelli automatici, meno invasivi dell’obiettivo elettronico.

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