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LA CONDOMINA CHE SI FA MALE A CAUSA DELL’ASCENSORE MALFUNZIONANTE

  • Redazione
  • 13 luglio 2016

Una condomina si infortuna a causa di un dislivello dell’ascensore al piano. Malgrado l’impianto fosse stato più volte oggetto di segnalazioni da parte dei residenti del palazzo, nonché di interventi manutentivi, il Giudice di Pace assolve gli imputati dal reato di lesioni colpose. Il Pubblico Ministero, tuttavia, fa ricorso e la Cassazione lo accoglie. Vediamo perché.

——————

CORTE DI CASSAZIONE

Sez. IV pen, sent. n. 26581/2016,

ud. 8.4.2016

————–

RITENUTO IN FATTO 

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria ricorre avverso la sentenza con la quale il Giudice di pace di Acqui Terme, in data 17 settembre 2015, ha assolto L.V. (e altri) dal reato di lesioni colpose, commesso il 29 novembre 2011 in danno di D.S.; le lesioni contestate erano state riportate dalla D.S. nell’uscire dall’ascensore condominiale, a causa del dislivello tra il piano di calpestio dell’ascensore e il piano terra ove la donna era arrivata: dislivello dovuto a malfunzionamento dell’impianto, ed in specie alla cattiva manutenzione dello stesso, ascritta agli imputati nelle loro rispettive qualità. 

Quale unico motivo del ricorso per saltum, il P.M. denuncia la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha omesso di valutare gli elementi probatori confermativi dell’ipotesi accusatoria, puntualmente indicati nel motivo in esame e riferiti all’effettiva sussistenza del difetto di funzionamento dell’impianto, riscontrato in varie occasioni anche prima dell’incidente occorso alla D.S.. 

2. La difesa degli imputati ha rassegnato memoria difensiva, depositata in Cancelleria, nella quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. 

CONSIDERATO IN DIRITTO 

1. Il ricorso de quo è stato correttamente proposto per saltum, in conformità con quanto disposto dall’art. 608, comma 1, cod. proc. pen., attesa l’inappellabilità, da parte del pubblico ministero, della sentenza di proscioglimento emessa dal giudice di pace, stabilita dall’art. 36 D. Lgs. 274/2000. 

2. Quanto al contenuto della doglianza, esso è fondato. 

La sentenza impugnata non ha effettivamente reso congrua motivazione in ordine agli elementi a riscontro della ricostruzione dei fatti fornita dalla persona offesa, alla stessa dipendenza dell’incidente dal difetto riscontrato sull’ascensore, nonché in ordine alla circostanza che il malfunzionamento dell’impianto era stato segnalato in precedenza a più riprese. 

La circostanza che il teste L. ha confermato che nell’accorrere in soccorso della D.S. notò che l’ascensore presentava un dislivello di oltre 10 cm. rispetto al piano, è stata bensì menzionata nella sentenza, ma senza rilevarne la valenza di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, nonché al fatto che l’impianto presentava evidentemente un difetto di funzionamento; al contrario, l’affermazione della persona offesa in ordine alle cause dell’incidente è stata liquidata come priva di riscontri, sul solo rilievo che ella aveva invece stimato un dislivello di 20 centimetri (ossia su una stima all’evidenza, e necessariamente, generica e approssimativa); e la produzione di un rilievo fotografico confermativo della circostanza è stata anch’essa liquidata come non attendibile, perché non preciserebbe il dislivello, non sarebbe fornita di data e non potrebbe essere ricondotta con sicurezza alla circostanza, sebbene il teste B. (tecnico S.) abbia confermato che essa raffigurava il difetto di funzionamento dell’impianto che cagionò l’infortunio. Già sotto tale profilo emerge una motivazione carente e illogica della sentenza impugnata, nella quale oltretutto si sostiene contro ogni evidenza che l’infortunio sia stato causato da un malfunzionamento dell’ascensore. 

Ma soprattutto risulta dalle fonti di prova riportate nel ricorso (esame imputato Z. e documenti indicati dal P.M. ricorrente) che vi erano state plurime segnalazioni di guasti dell’impianto, con plurimi interventi e anche con il fermo dell’impianto, fra l’altro anche in relazione a un problema che si verificava alla fermata del piano ove avvenne l’incidente; il fatto che, a fronte di ciò, sia emerso che l’infortunio fu occasionato proprio da un malfunzionamento dell’impianto pone interrogativi sulla corretta manutenzione dello stesso, interrogativi ai quali la sentenza impugnata non fornisce risposte, se non evocando il rispetto formale della normativa di settore. In definitiva, non risulta chiarito se gli imputati, nella rispettiva qualità e posizione di garanzia, abbiano o meno posto in essere i necessari interventi manutentivi, e quali possano essere state in alternativa le cause del difetto di funzionamento dell’impianto che cagionò l’infortunio. 

3. Si appalesa pertanto una carenza motivazionale della sentenza impugnata, tale da renderne necessario, in accoglimento del ricorso, l’annullamento con rinvio ad altro Giudice di pace dello stesso ufficio, trovando applicazione il principio enucleabile dall’art. 623 cod. proc. pen. in forza del quale, fatta salva l’ipotesi del ricorso per saltum disciplinata dall’art. 569, comma quarto, cod. proc. pen., il giudice di rinvio è il giudice equiordinato a quello che ha emesso la sentenza (Sez. 5, n. 2669 del 06/11/2015, dep. 2016). 

P.Q.M. 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Giudice di pace di Acqui Terme. 

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