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QUANDO L’ODORE DELLA PIZZA DIVENTA MOLESTIA OLFATTIVA PER I CONDÒMINI

  • Redazione
  • 25 novembre 2016
Gli odori provenienti dalla pizzeria sono ritenuti molesti dagli inquilini del palazzo sovrastante, i quali trovano sponda nella Corte di Cassazione, che conferma la decisione del tribunale e condanna la proprietaria del locale a risarcire i condòmini.
Di seguito le motivazioni della sentenza.

———————–

CORTE DI CASSAZIONE

Sez. III pen., sent. 26.10.2016, 

n. 45225

———————–


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 ottobre 2015 il Tribunale di Vicenza ha condannato l’imputata alla pena dell’ammenda, oltre che al risarcimento del danno alla parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, con liquidazione di provvisionale provvisoriamente esecutiva, in relazione al reato di cui all’art. 674 cod. pen., a lei contestato per avere cagionato, quale titolare di una pizzeria, molestia e disturbo agli inquilini residenti negli appartamenti posti al di sopra del locale, a causa degli odori derivanti dalla cottura.

2. Avverso la sentenza l’imputata ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, in primo luogo, l’erronea applicazione della disposizione incriminatrice, nonché la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione. Si rammenta, in particolare, che si tratterebbe di una delle tante cause proposte dai vicini nei confronti della pizzeria, la quale si era trasferita altrove anche per atti di sabotaggio che aveva subito in ore notturne. 

Non si sarebbe considerato che, in presenza di molestie di tipo di tipo olfattivo, la valutazione della normale tollerabilità è rimessa al giudice, che la deve effettuare in base al criterio di stretta tollerabilità.

Si sostiene, in secondo luogo, che vi sarebbe stato un travisamento dei fatti, perché gli odori caratteristici della pizza erano inidonei a cagionare molestie olfattive vere e proprie, e che le prove orali sul punto risultavano contraddittorie. Nessuno dei testimoni, infatti, avrebbe ritenuto insopportabili le esalazioni, pur avendole percepite. E non si sarebbe tenuto conto degli accertamenti svolti dai funzionari dell’Agenzia regionale per l’ambiente.

(omissis)

3. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza davanti a questa Corte, il difensore della parte civile evidenzia che il reato per il quale si procede è di mero pericolo, con la conseguenza che non è necessario che l’emissione provochi un effettivo nocumento alle persone. E, del resto, vi sarebbe un unico testimone che dichiara di non avere mai percepito odori molesti nella sua abitazione, correttamente ritenuto dal giudice inattendibile. Quanto alle statuizioni civili, si sostiene che il giudizio civile introdotto con citazione del 25 luglio 2014 avrebbe un oggetto diverso rispetto alla costituzione di parte civile nel presente giudizio. In ogni caso, l’art. 75, comma 3, cod. proc. pen. consentirebbe la permanenza della costituzione di parte civile con l’eventuale sospensione del procedimento civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è infondato.

4.1. I primi due motivi di doglianza – che possono essere trattati congiuntamente, perché attengono alla motivazione della sentenza in punto di responsabilità penale – sono infondati.

Infatti la sentenza impugnata reca sul punto una motivazione pienamente sufficiente e logicamente coerente, laddove evidenzia che le prove testimoniali risultano sostanzialmente convergenti nell’affermare che i cattivi odori derivanti dalla cottura delle pizze nell’esercizio dell’imputata si avvertivano anche a finestre chiuse e comunque sul vano scala e nella zona del garage e, in alcuni orari, invadevano le stanze dei vari appartamenti. Tali odori erano stati percepiti anche dal funzionario della ASL che aveva proceduto all’accertamento dei fatti e, seppure in misura minore dal tecnico dell’Agenzia regionale per l’ambiente. Correttamente, dunque, il giudice di primo grado ha concluso per la sussistenza del superamento del limite delle normale tollerabilità, che funge da criterio di legittimità delle emissioni ai sensi della seconda parte dell’art. 674 cod. pen.. E non può essere sindacato in questa sede – risultando sufficientemente motivata – l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui il teste E., unico che non aveva percepito cattivi odori, deve essere ritenuto inattendibile, per la sua dichiarata inimicizia con le persone offese.

(omissis)

5.Il ricorso deve essere, dunque, rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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