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RIMOZIONE SIGILLI DI UN CANCELLO PER CONSENTIRE IL PARCHEGGIO AD ALTRO STABILE: È TURBATIVA

  • Redazione
  • 1 aprile 2015

Una strada privata che conduce a un condominio; un cancello ad impedirne l’accesso a terzi; l’apertura dei sigilli da parte dell’istituto di case popolari, al fine di far parcheggiare in quella via anche i residenti dello stabile dell’ente. Sono gli ingredienti di una controversa vicenda sulla quale si è espressa la Corte di cassazione con la sentenza 4498 del 25 febbraio 2014, di cui riportiamo un estratto.


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CORTE DI CASSAZIONE

Sez. II civ., sent. 25.2.2014, n. 4498

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il condominio di via (omissis) in Roma, quale possessore da oltre 30 anni dell’omonima via privata utilizzata per il transito, con ricorso del 6.11.1999 lamentava lo spoglio perpetrato dall’IACP con richiesta di reintegra deducendo che detto istituto aveva rimosso il 9.11.1998 sigilli e saldature che precedentemente chiudevano un cancello a metà della via …, consentendo il passaggio e l’utilizzo a scopo di parcheggio anche ai conduttori dello stabile dell’ente. 

L’azione, qualificata di manutenzione, veniva rigettata, decisione confermata, con sentenza 19.11.2003 nella fase ordinaria, in cui interveniva anche l’associazione inquilini di viale (omissis), in adesione alla posizione dell’IACP. 

La pronunzia, appellata dal condominio, veniva riformata dalla Corte di appello di Roma con sentenza 28.5.2007 che disponeva la cessazione di ogni turbativa da parte dell’ATER Roma e dei condòmini di viale (omissis) ed il ripristino a cura e spese dell’ATER della chiusura del cancello con saldatura, rigettava l’appello incidentale dell’associazione inquilini di viale (omissis) e condannava gli appellati alle spese. 

L’intervento adesivo dell’associazione degli inquilini degli alloggi già di proprietà IACP, ora ATER, era ammissibile. 

L’azione era stata correttamente qualificata di manutenzione ed era pacifico, perché non contestato in primo grado dall’IACP, che il condominio avesse posseduto in via esclusiva da più di trent’anni la via privata fino al 9.11.1998 allorquando l’IACP aveva rimosso i sigilli e le saldature che precedentemente chiudevano un cancello a metà della via (omissis). 

Ricorrono, con distinti ricorsi ATER con due motivi e tre quesiti e l’associazione inquilini di viale (omissis) con due motivi e relativi quesiti, resiste il condominio, che ha anche presentato memoria e prodotto autorizzazione a resistere in giudizio. 

Vi è atto di costituzione di nuovo procuratore dell’ATER sulla scorta di procura notarile.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo del ricorso ATER si denunziano vizi di motivazione col quesito se il mancato esercizio del compossesso possa comportare la perdita del diritto e se la ricostruzione della situazione di fatto fondata su prove generiche possa costituire valida motivazione. 

Col secondo motivo si deducono l’inesistenza della esclusività del titolo, la violazione dell’art. 1170 c.c. e vizi di motivazione col quesito se sia ipotizzabile una azione di manutenzione in ordine ad una via ipoteticamente privata che sia tuttavia aperta al pubblico transito. 

Con il ricorso dell’associazione, col primo motivo si denunziano violazione degli artt. 1143, 1144 c.c. e vizi di motivazione, col quesito se tenuto conto del dettato dell’art. 1102 sia lecito e legittimo ignorare una situazione originaria di compossesso e col secondo motivo, violazione dell’art. 1102 c.c. col quesito se la riapertura di un cancello da sempre esistente possa costituire atto di turbativa. 

Premessa la riunione dei ricorsi, le odierne censure sono inidonee a confutare le logiche argomentazioni della sentenza che partono dal presupposto pacifico ed incontestato di un possesso esclusivo da più di trenta anni interrotto il 9.11.1998 con la rimozione dei sigilli e delle saldature per consentire il transito ed il parcheggio anche ai conduttori dello stabile dell’ente. 

La sentenza richiama la decisione di primo grado secondo la quale il non uso spontaneo da parte dell’IACP, sebbene molto prolungato nel tempo, non implicava il possesso esclusivo del condominio ma evidenzia che di fronte ad un potere di fatto non contestato per oltre un trentennio era onere dell’ IACP dimostrare che fosse avvenuto per mera tolleranza o condiscendenza. 

Osserva questa Corte Suprema che occorre distinguere tra possesso utile ai fini della usucapione e situazione di fatto tutelabile in sede possessoria, indipendentemente dalla prova che spetti un diritto, da parte di chi è privato della disponibilità del bene. 

La relativa legittimazione attiva spetta non solo al possessore uti dominus ma anche al detentore nei confronti dello spoliator che sia titolare del diritto e tenti di difendersi opponendo che “feci sed iure feci”. 

A chi invoca la tutela è sufficiente provare una situazione di fatto, protrattasi per un periodo di tempo apprezzabile, con la conseguenza che è sufficiente un possesso qualsiasi, anche se illegittimo ed abusivo, purché abbia i caratteri esteriori di un diritto reale (Cass. 1 agosto 2007 n. 16974, 7 ottobre 1991 n. 10470). 

Le censure non superano gli argomenti correttamente svolti dalla sentenza e tentano un riesame del merito con argomentazioni in parte nuove. 

La prima del ricorso ATER non tiene conto che il non uso può far perdere il diritto di proprietà ed a fortiori il compossesso, ed in ogni caso l’azione è esperibile anche dal detentore nei confronti del possessore. 

La seconda trascura che questa Corte Suprema (S.U. 4 dicembre 2001 n. 15289, 24 gennaio 2000 n. 737; 20 luglio 1989 n. 3403) ha ritenuto legittima l’azione di spoglio tra privati anche in relazione ad un bene demaniale. 

Le argomentazioni di cui sopra consentono di rigettare anche le doglianze dell’altro ricorso – peraltro inammissibile trattandosi di interventore adesivo – perché l’iniziativa di un compossessore originario, di fronte ad una situazione di fatto protrattasi per oltre trenta anni, integra gli estremi della turbativa se si traduce, come nella specie, nella rimozione dei sigilli e delle saldature di un cancello per consentire il transito ed il parcheggio ai conduttori di altro stabile. 

Le spese seguono la soccombenza.


P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e condanna i ricorrenti alle spese in favore del condominio, liquidate in euro 2200 di cui 2000 per compensi, oltre accessori a carico di ciascuno dei ricorrenti.

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