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CONDIZIONATORE ESTERNO. SENZA SCIA, PAGANO ANCHE I NUOVI PROPRIETARI

  • Redazione
  • 10 settembre 2015

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con sentenza n. 10826 del 14 agosto 2015, ha stabilito che, nel caso in cui non venga presentato il modello Scia per un intervento di installazione di un condizionatore con unità esterna, sono tenuti al pagamento della sanzione amministrativa anche gli eventuali nuovi proprietari che hanno acquistato l’appartamento dopo la realizzazione dell’intervento.  

—————-

TAR DEL LAZIO

Sez. I quater, Sent. 14.8.2015,

n. 10826

—————-

Fatto e diritto

Con ricorso notificato in data 10 marzo 2009 i ricorrenti impugnano il provvedimento indicato in epigrafe con il quale è stata determinata in Euro 516,00 la sanzione amministrativa dovuta per l’istallazione di due condizionatori senza aver presentato la prescritta D.I.A.

L’impugnazione, già proposta davanti al Tribunale civile di Civitavecchia, è stata traslata davanti a questo Giudice a seguito della dichiarazione di difetto di giurisdizione in capo al giudice ordinario secondo la sentenza n. 168/2009 del Tribunale di Civitavecchia.

Con il ricorso si assume in primo luogo l’estraneità della società ricorrente e di A.M. rispetto al fatto contestato, che non sarebbe loro imputabile essendo l’installazione dei condizionatori riferibile ad epoca precedente l’acquisizione, da parte dei predetti, della disponibilità dell’immobile.

Si deduce poi difetto di motivazione, difetto dei presupposti, illogicità, sviamento, violazione della legge 689/81, considerato il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso, asseritamente in data precedente all’anno 1993, quindi addirittura in epoca precedente all’entrata in vigore del dpr 380/01, dell’art. 22 TUE e della legge 662/96.

Inoltre, secondo i ricorrenti, sarebbe maturata la prescrizione della sanzione ex art. 28 delle legge 689/81.

Si è costituito in giudizio il Comune di Civitavecchia per resistere al gravame.

Alla pubblica udienza del giorno 21 maggio 2015 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione nel merito.

Preliminarmente il Tribunale osserva che gli effetti giuridici, sostanziali e processuali, della domanda devoluta al giudice privo di giurisdizione si conservano nel giudizio proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione, in forza degli art. 24, 111 e 113 cost., quando la domanda, proposta tempestivamente innanzi al giudice privo di competenza giurisdizionale, sia tempestivamente riassunta innanzi al giudice fornito di giurisdizione; ed invero, siccome chiarito anche dal giudice delle leggi, la funzione di rendere praticabile la translatio iudicii con la conservazione degli effetti della domanda proposta al giudice risultato privo di giurisdizione, non può ritenersi affidata ad un ricorso proponibile in ogni tempo e, quindi, anche anni dopo il manifestarsi del conflitto; di conseguenza il termine perentorio per la riassunzione, per le fattispecie antecedenti alla disciplina legislativa sulla translatio iudicii di cui all’art. 59, l. 18 giugno 2009 n. 69, deve individuarsi, facendo applicazione, in via analogica dell’art. 50 c.p.c. che, nella versione ratione temporis vigente, prevedeva un termine di sei mesi dalla comunicazione dell’ordinanza che dichiara l’incompetenza del giudice adito.

Nel caso di specie il difetto di giurisdizione è stato dichiarato dal Tribunale di Civitavecchia con sentenza in data 5.2.2009, mentre il ricorso impugnatorio davanti a questo Giudice è stato notificato in data 10 marzo 2009, cosicchè può essere ritenuto tempestivo rispetto al termine sopra menzionato.

Nel merito il ricorso è infondato.

In primo luogo il Collegio osserva che è indifferente ai fini della legittimità della misura sanzionatoria adottata l’individuazione dell’effettivo responsabile dell’abuso, perché le sanzioni pecuniarie di cui all’art. 10 della legge n. 47/85 e norme successive, per il loro carattere ripristinatorio (e non punitivo), hanno natura reale e ben possono essere comminate nei confronti di coloro che, a vario titolo, hanno la disponibilità dell’immobile, ovvero a carico del proprietario, a prescindere da ogni verifica sull’imputabilità del fatto , già in ragione della omessa adozione di iniziative volte al ripristino della legalità violata.

Va poi ricordato che l’ordinamento non assoggetta ad un regime di prescrizione l’esercizio dei poteri di controllo e di sanzione da parte delle amministrazioni competenti in materia urbanistico-edilizia e paesistica: dimodochè l’accertamento dell’illecito amministrativo urbanistico-edilizio e paesaggistico, nonché applicazione delle relative sanzioni, possono intervenire anche dopo il decorso di un rilevante lasso temporale dalla consumazione dell’abuso, al quale deve riconoscersi natura permanente, con la conseguenza che esso cessa soltanto dopo la materiale esecuzione della sanzione ( cfr. di recente Consiglio di Stato , sez. V, 08/04/2014 n.1650).

Del resto, l’asserita risalenza delle opere contestate all’anno 1993 costituisce affermazione di parte ricorrente non assistita da alcun principio di prova, a fronte delle risultanze del verbale redatto dalla Polizia Municipale in atti; mentre non vi è dubbio che l’installazione di condizionatori, che incida sul prospetto dell’immobile, costituisca attività edilizia soggetta a d.i.a. (ora s.c.i.a.) dovendo risultare conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi.

Legittimamente dunque l’amministrazione ha proceduto ad irrogare la sanzione ex art. 37 del dpr 380/81 ( e di cui alla corrispondente fattispecie della legge 47/85) in relazione ad attività edilizia eseguita in assenza di alcun titolo abilitativo benché soggetta al regime della d.i.a..

Il provvedimento impugnato appare quindi correttamente ed adeguatamente motivato, anche in considerazione della natura vincolata degli atti repressivi degli abusi edilizi.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto siccome infondato.

Le spese di lite possono essere compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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