Dal 1° gennaio 2025 sono scattati gli aumenti per colf, badanti e baby sitter, seppur contenuti. Un incremento che, secondo Alfredo Savia, presidente di Fidaldo, rappresenta un segnale positivo per le famiglie datrici di lavoro domestico, garantendo maggiore stabilità economica e sostenibilità dopo le variazioni più marcate dovute all’inflazione degli anni precedenti.
Incrementi retributivi: cosa cambia per il 2025
L’aumento complessivo delle retribuzioni è pari allo 0,96% rispetto al 2024, in linea con l’ Indice Istat dei prezzi al consumo, che ha registrato una variazione dell’1,2%.
Per una colf assunta a ore con inquadramento B, il compenso orario passa da 6,62 euro a 6,68 euro, con un incremento di 6 centesimi per ora lavorata.
Una badante convivente per una persona non autosufficiente (livello Cs) vedrà un adeguamento della retribuzione mensile, che sale da 1.127,04 euro a 1.137,86 euro, con un incremento di 10,82 euro al mese.
Per una baby sitter (inquadramento Bs), la tariffa oraria passa da 7,03 euro a 7,10 euro, con un aumento di 7 centesimi l’ora.
Stabilità e legalità nel lavoro domestico
«Questi nuovi minimi rappresentano un riferimento, ma in alcuni casi potrebbero già essere assorbiti dalle retribuzioni effettive», chiarisce Savia. La Federazione Italiana dei Datori di Lavoro Domestico (Fidaldo), che riunisce associazioni di categoria come Nuova Collaborazione, Assindatcolf, A.D.L.D. e A.D.L.C , continua a sostenere un sistema che garantisca stabilità, legalità e dignità per tutti i lavoratori domestici.
L’aggiornamento retributivo annuale è un passaggio fondamentale per trovare un equilibrio tra la tutela dei lavoratori e la sostenibilità economica delle famiglie. Con la ripresa delle trattative per il rinnovo del contratto collettivo nazionale, il 2025 potrebbe segnare un nuovo capitolo per il settore del lavoro domestico in Italia.
Il Bonus Tari, detto anche Bonus Rifiuti, è una misura che consiste in uno sconto del 25% sulla tassa rifiuti, destinato ai nuclei familiari che si trovano in condizioni di difficoltà finanziaria.
Il Bonus Sociale Rifiuti era stato inizialmente previsto dal decreto legge n. 124/2019, ma per cinque anni è rimasto inapplicato a causa della mancanza del Dpcm attuativo. Finalmente con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Dpcm 24/2025, rubricato “Regolamento recante principi e criteri per la definizione delle modalità applicative delle agevolazioni tariffarie in favore degli utenti domestici del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani in condizioni economico-sociali disagiate” tale misura è entrata in vigore dal 28 marzo 2025.
L’obiettivo di questa agevolazione è quello di consentire ai nuclei familiari più fragili di sostenere con più facilità i costi relativi alla tassa sui rifiuti, con una riduzione del 25% sull’importo, seguendo sostanzialmente il modello già applicato per il bonus sociale luce e gas.
La misura verrà riconosciuta automaticamente ai beneficiari in possesso dei requisiti previsti, di conseguenza non sarà necessario presentare alcuna richiesta apposita.
Il Bonus Tari 2025 è destinato ai nuclei familiari standard con un ISEE fino a 9.530 euro ed a famiglie numerose (con almeno 4 figli a carico) con ISEE fino a 20.000 euro.
Come previsto dalla normativa, inoltre, tali soglie verranno aggiornate ogni tre anni dall’ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente).
Non potranno usufruire di tale agevolazione i nuclei familiari con ISEE superiore alle soglie indicate e coloro che non risultano intestatari del servizio di gestione rifiuti presso l’abitazione di residenza.
Come abbiamo anticipato prima, la concessione dell’agevolazione avverrà in automatico, quindi sarà necessario semplicemente essere intestatari della tassa sui rifiuti, rientrare nelle soglie ISEE previste e aver presentato regolarmente la Dichiarazione ISEE 2025, poiché è necessario essere in possesso di un ISEE valido e aggiornato.
L’applicazione automatica di tale beneficio verrà applicata attraverso la trasmissione dei dati dei beneficiari dall’Inps ai Comuni, sarà poi l’ARERA, in accordo con il Garante della Privacy, a stabilire le modalità di trasmissione delle informazioni per garantire la protezione dei dati personali.
Una volta che i Comuni riceveranno le informazioni, potranno a loro volta applicare lo sconto del 25% direttamente sulla bolletta Tari.
Sostanzialmente, i tempi tecnici dipenderanno dalla rapidità con cui verranno definite tutte le modalità operative dall’ARERA, ma grazie a questa procedura automatizzata, i tempi burocratici verranno ridotti notevolmente e il Bonus Tari potrà essere emesso più rapidamente.
A cura di Deborah Maria Foti – Ufficio Stampa ANAPI
Pulsanti, luci, batterie: i piccoli componenti che si danneggiano sono la prima causa – 81 per cento – delle richieste di intervento per TK Elevator Italia, leader mondiale nel settore del trasporto verticale e della mobilità urbana, che nel 2024 ha gestito in totale 60 mila chiamate su tutto il territorio nazionale per problemi agli impianti ascensoristici, a marchio proprio e di terzi.
I veri e propri guasti – ossia problemi di tipo elettrico che mettono in stato di fermo l’ascensore, per sicurezza, principalmente dovuti al malfunzionamento o alla rottura di un sensore – che rappresentano i maggiori disagi per gli utenti finali, poiché l’impianto non può essere utilizzato, hanno invece un’incidenza del 4 per cento sulle chiamate di intervento.
Problemi diversi che impattano in modo più o meno importante sulla fruizione di un servizio in molti casi essenziale e che in media richiedono due interventi all’anno su ogni impianto. Un dato, però, stimato in calo per i prossimi anni, grazie allo sviluppo di sistemi evoluti di manutenzione predittiva, che consentono una riduzione del numero di uscite e miglioramenti circa l’efficienza della manutenzione.
Già grazie all’introduzione di piattaforme di manutenzione predittiva del settore basata sul cloud che combina big data e machine learning, che permettono interventi preventivi e il monitoraggio da remoto dell’impianto, si registrano tempi di intervento ridotti: ogni intervento urgente in media dura 5 minuti in meno, un calo del 7% (da 74 a 69 minuti in media).
Un risultato che si riscontra anche nella migliorata efficienza negli interventi di manutenzione programmati – 121 mila quelli effettuati da TKE Italia nel 2024 – sia per le verifiche semestrali, quelle effettuate per obbligo di legge, che per quelle concordate da contratto con il cliente. Nel caso delle semestrali, che prevedono macro-verifiche su cinque aree, i tempi si sono ridotti del 12%, passando da 50 a 44 minuti, mentre per gli interventi opzionali con verifiche su tre aree i tempi si sono ridotti del 15%, scendendo da 40 minuti a 34.
Inoltre, grazie alla messa in commercio di nuovi tipi di impianti, sarà possibile ridurre il numero di uscite per anomalie riscontrate dall’utente ma che non corrispondo a una reale problematica tecnica, casistica che rappresenta ben il 14% delle chiamate gestite da TKE Italia. Infatti, sarà possibile verificare da remoto la presenza di eventuali malfunzionamenti, per accertare la necessità di intervento, permettendo in questo modo un efficientamento del lavoro che si converte quindi in un migliore servizio, con minori costi per il cliente e migliorate tempistiche di risoluzione e intervento.
“Le soluzioni innovative e digitali ci permetteranno di essere sempre più efficienti e di ottenere miglioramenti continui nell’ambito della manutenzione, consentendoci di fornire un servizio ancora più efficace e vantaggi concreti per i clienti”, spiega Omar Riva, Amministratore Delegato di TK Elevator Italia. “Considerato, inoltre, che il parco ascensori italiano ha un’età abbastanza elevata – gli impianti che gestiamo hanno per il 77% tra i 20 e i 30 anni, quindi nei prossimi anni molti potranno essere considerati “obsoleti” (over 30) – diventa sempre più importante e strategico poter offrire una manutenzione puntuale e specifica”.
Comunicato stampa
Ad incidere in modo consistente sull’importo finale delle bollette energetiche sono gli “oneri di sistema”. Si tratta di costi fissi che, in aggiunta ai consumi, vengono conteggiati nelle bollette elettriche e, in misura inferiore, in quelle del gas.
Secondo un’analisi di Facile.it, lo scorso anno le famiglie italiane con un contratto nel mercato libero a tariffa indicizzata hanno speso in media 791 euro per la bolletta dell’energia elettrica e 1.339 euro per la bolletta del gas.
Rispetto al 2023, a parità di consumi, la bolletta della luce è diminuita del 6%, mentre quella del gas è aumentata del 3%.
L’analisi di Facile.it sulle bollette
“Guardando all’andamento degli indici – hanno spiegato gli analisti di Facile.it – vediamo che già dal secondo semestre dello scorso anno i prezzi delle materie prime sono tornati a crescere e il 2025 è iniziato con valori allarmanti che, secondo le previsioni, potrebbero aumentare ulteriormente.
Ecco perché chi si trova nel mercato libero deve prestare attenzione nello scegliere fornitore giusto, in modo di evitare di spendere più del dovuto”.
Dall’analisi – che è stata realizzata considerando i consumi dichiarati di oltre 770mila utenze – è emerso che, tra luce e gas, lo scorso anno gli italiani hanno pagato per le bollette energetiche in media 2.130 euro.
Il peso degli oneri di sistema
Uno dei valori che incidono sull’importo finale di una bolletta energetica è rappresentata dai cosiddetti oneri di sistema, i costi fissi che, in aggiunta ai consumi, vengono conteggiati nelle bollette dell’energia elettrica e, in misura minore, del gas.
Nel caso dell’elettricità gli oneri di sistema hanno un peso che va dal 20 per cento al 25 per cento del costo totale della bolletta, mentre sulla bolletta del gas pesano per circa il 4 per cento.
Come si legge sul sito di Arera, “il prezzo complessivo comprende le componenti: RE (risparmio energetico), UG2 (compensazione dei costi di commercializzazione), UG3 (recupero oneri di morosità per gli esercenti i servizi di ultima istanza), GS (bonus gas), pagata solo dai condomini con uso domestico”.
Bollette più leggere senza gli oneri di sistema
Il Governo, per fronteggiare il caro energia, ha annullato gli oneri di sistema per tutti i clienti finali dalla fine 2021 e per tutto l’anno 2022.
Nel 2023 sono stati reintrodotti, ma solo nella bolletta elettrica.
Dal gennaio 2024 sono stati reintrodotti anche nelle bollette del gas e la riduzione dell’IVA è stata annullata, ripristinando le aliquote regolari che variano dal 10 per cento al 22 per cento in base al volume di gas consumato.
Con la Delibera 113/2024, Arera ha aumentato la parte relativa agli oneri di sistema nelle bollette elettriche dei consumatori domestici, registrando un aumento del 2,7 per cento.
Questo adeguamento interessa principalmente la componente “Asos”, che incentiva l’installazione di fonti rinnovabili come impianto con pannelli solari ed impianto eolico.
A cosa servono gli oneri di sistema
I costi fissi sulle utenze domestiche rappresentati dagli oneri di sistema hanno lo scopo di finanziare e sostenere le energie rinnovabili, cogenerazione, agevolare le industrie energivore ed il sistema ferroviario, finanziare la ricerca di sistema e dare sostegno alla popolazione con bonus di diverso tipo.
In conclusione, si tratta di finanziamenti dettati dall’interesse generale.
La gestione dei rifiuti urbani è un servizio pubblico essenziale, e il Comune ha il compito di organizzarla nel rispetto della sicurezza e della salute dei cittadini. Ma questo non significa che possa collocare i bidoni ovunque, senza seguire determinate regole e senza tener conto dell’impatto che possono avere su chi vive o lavora nelle vicinanze.
Le regole per il posizionamento dei bidoni
I cassonetti devono essere collocati in modo da non arrecare pregiudizio agli abitanti e da garantire la sicurezza del traffico e il decoro urbano.
Due norme nazionali aiutano a delineare i limiti:
– Art. 844 del Codice Civile – Protegge i cittadini da odori, rumori e altri disturbi che superano la soglia della normale tollerabilità. Se le esalazioni diventano persistenti e insopportabili, il Comune è tenuto a spostare i cassonetti.
– Art. 68 del Regolamento di Attuazione del Codice della Strada – Stabilisce che i cassonetti non possono essere posizionati sulla carreggiata e non devono intralciare la circolazione.
Queste disposizioni garantiscono una tutela generale, ma ogni Comune ha il proprio regolamento locale, che può prevedere distanze minime da abitazioni, negozi o scuole, oltre a criteri per la scelta delle aree di posizionamento.
Quando è possibile contestare la decisione del Comune
Ci si può opporre alla collocazione dei bidoni se si dimostra che la scelta:
– Viola il regolamento comunale – Bisogna verificare se esistono norme locali sulle distanze minime o sulle modalità di posizionamento. Se il Comune non le ha rispettate, si può contestare la decisione.
– Causa un grave pregiudizio – Anche se la posizione rispetta le regole, è possibile chiedere un intervento se ci sono:
– Odori insopportabili che penetrano in casa o nel negozio.
– Presenza di insetti, ratti o animali randagi attratti dai rifiuti.
– Rumore eccessivo durante lo svuotamento, soprattutto nelle ore notturne.
– Ostacoli all’accesso della proprietà, come un ingresso bloccato o un passo carrabile inutilizzabile.
– Degrado visivo particolarmente impattante, che rovina il decoro urbano.
Se il posizionamento sembra irragionevole o immotivato, è possibile contestare la scelta, soprattutto se il Comune non ha effettuato un’adeguata istruttoria, valutando alternative meno invasive.
Come verificare il regolamento del Comune
Per capire se la posizione dei bidoni è legittima, è dunque necessario consultare il Regolamento Comunale, che è recuperabile:
– Sul sito ufficiale del Comune, nella sezione “Atti e Regolamenti”.
– Chiedendone copia all’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP) o all’Ufficio Ambiente.
Quindi, è fondamentale valutare i capitoli sulla gestione dei rifiuti urbani, il posizionamento dei contenitori e le distanze minime da edifici e attività commerciali.
Se il Comune non ha previsto distanze minime, si può comunque contestare la scelta se si dimostra un disagio oggettivo e superiore alla normale tollerabilità, con prove come:
– Fotografie dello stato di degrado.
– Video o registrazioni degli odori, del rumore e della presenza di insetti o ratti.
– Testimonianze dei residenti o commercianti della zona.
– Relazioni sanitarie che dimostrano un rischio per la salute.
Conclusione
Il posizionamento dei bidoni non è un dettaglio trascurabile, perché può incidere sulla qualità della vita, sull’igiene pubblica e persino sulla sicurezza stradale. Se il Comune ha collocato i cassonetti in modo problematico, hai il diritto di chiedere una revisione della scelta, soprattutto se viola regolamenti locali o crea un disagio evidente.
Il primo passo è verificare le norme, poi raccogliere prove e segnalare il problema agli uffici competenti. Non si tratta solo di una questione estetica, ma di garantire la vivibilità degli spazi urbani per tutti.
Tagliare un albero in condominio non è mai una decisione da prendere alla leggera. Oltre alle valutazioni estetiche e paesaggistiche, bisogna considerare normative, maggioranze in assemblea e autorizzazioni. Se da un lato un intervento può essere necessario per ragioni di sicurezza, dall’altro potrebbe sconfinare in un’innovazione vietata.
Quando il taglio degli alberi è indispensabile
Ci sono situazioni in cui l’abbattimento di un albero non è negoziabile, perché legato a rischi concreti per la sicurezza e la stabilità dell’edificio. Alcuni esempi:
– Pianta pericolante → A rischio caduta con possibili danni a persone o cose.
– Radici invasive → Minacciano impianti comuni o fondamenta dell’edificio.
– Malattia irreversibile → L’albero è compromesso e potrebbe contagiare la vegetazione circostante.
Come si decide?
– Intervento straordinario → Richiede approvazione dell’assemblea con maggioranza degli intervenuti , pari a 2/3 dei millesimi in prima convocazione o metà dei millesimi in seconda convocazione (art. 1136 Codice Civile).
– Potatura ordinaria → L’amministratore può procedere direttamente, salvo disposizioni diverse nel regolamento condominiale.
– In caso di estrema urgenza, l’amministratore può ordinare l’abbattimento autonomamente, informando poi l’assemblea (art. 1135 Codice Civile).
Serve una perizia tecnica?
– Sì! Un agronomo o un tecnico specializzato deve valutare la necessità dell’intervento.
– In presenza di vincoli paesaggistici o ambientali, occorre un’autorizzazione preventiva del Comune o della Soprintendenza.
Quando l’abbattimento è un’innovazione vietata?
Non sempre il taglio di un albero è giustificato. Se non ci sono motivi urgenti, di sicurezza o di pericolo, l’abbattimento è considerato una modifica del bene comune e quindi un’innovazione vietata (art. 1120 Codice Civile).
Taglio per motivi estetici?
– Richiede l’ unanimità dei condomini, perché distrugge un bene comune.
– Taglio per sicurezza?
– Basta la maggioranza in assemblea, con perizia tecnica a supporto.
– La giurisprudenza conferma: tribunali e Corte di Cassazione hanno più volte ribadito che l’eliminazione di piante senza necessità oggettive è illegittima, come dimostrano sentenze 478/2008, 1513/2022 e 3666/1994.
Posso oppormi al taglio degli alberi condominiali?
Sì, l’opposizione è legittima se:
– Non sono state rispettate le maggioranze richieste.
– L’intervento viola normative ambientali.
– Si tratta di un’innovazione vietata, ma non votata all’unanimità.
Come contestare?
– Impugnazione della delibera entro 30 giorni (art. 1137 Codice Civile).
– Se il taglio avviene senza autorizzazione, si può segnalare il caso alle autorità competenti.
Cosa succede se il vicino ha un albero che crea problemi?
Se il problema riguarda una pianta in un giardino privato, il proprietario ha il dovere di intervenire se:
– L’albero rappresenta un rischio per la sicurezza (art. 2051 Codice Civile).
– Viola le distanze minime dai confini (art. 892 Codice Civile).
– Causa danni materiali (crepe sui muri, intasamento grondaie, blocco di finestre).
– Non rispetta i regolamenti locali.
Cosa fare se il vicino non interviene?
– Tentativo di mediazione → Contattarlo direttamente o coinvolgere l’amministratore. Meglio una raccomandata A/R o PEC con documentazione.
– Azione legale → Se il vicino non risponde, si può chiedere al Giudice di Pace un ordine di potatura o abbattimento.
– Intervento diretto → L’art. 896 Codice Civile permette al proprietario confinante di tagliare i rami che invadono la sua proprietà, salvo regolamenti contrari.
Chi paga l’abbattimento degli alberi condominiali?
– Alberi comuni → La spesa è a carico di tutti i condomini, suddivisa in base ai millesimi (art. 1123 Codice Civile).
– Alberi in giardini privati → Il proprietario paga la manutenzione e, se l’albero provoca danni, può essere responsabile di risarcimenti.
– Albero privato con valore condominiale → Se il suo mantenimento è utile per il decoro o la funzionalità del condominio, la spesa può essere condivisa tra i condomini.
Nei casi più complessi, un parere legale può chiarire come suddividere i costi.
Conclusione
L’abbattimento degli alberi in condominio è una questione che va gestita con attenzione e rispetto delle normative. È sempre necessario verificare chi ha la responsabilità della pianta, quali maggioranze servono e se sono richieste autorizzazioni.
Il consiglio? Prima di prendere decisioni affrettate, confrontarsi con esperti e verificare regolamenti comunali e condominiali. La vegetazione fa parte del decoro e della sicurezza dell’edificio, quindi ogni intervento va gestito con criterio.
Combattere e vincere l’inquinamento è percepito come una delle principali sfide globali. La società è sensibile a questo tema anche perché gli effetti negativi dell’inquinamento sono tangibili in molti aspetti della vita quotidiana. La crescente consapevolezza dell’impatto che l’inquinamento in generale ha sulla vita quotidiana e sulla salute delle popolazioni ha fatto sì che si cominciassero a prendere misure cautelari importanti per arginare la minaccia.
La percezione dell’inquinamento riguarda soprattutto le malattie da esso provocate come ad esempio i problemi alle vie respiratorie, cardiovascolari e ai tumori.
Il concetto di inquinamento è spesso associato ai cambiamenti climatici, un fenomeno globale che sta influenzando il clima e le risorse naturali del pianeta.
Le tipologie di inquinamento maggiormente percepite sono: atmosferico, idrico, del suolo, da plastica, luminoso e, sempre più frequentemente, acustico.
Studi recenti rivelano dati allarmanti sull’esposizione al rumore e sulle sue conseguenze, con impatti significativi anche sul mercato immobiliare. Uno studio condotto dall’Istituto di Barcellona per la Salute Globale (ISGlobal) ha analizzato i livelli di rumore del traffico in 749 città europee, evidenziando che oltre il 48% dei 123 milioni di adulti esaminati è esposto a livelli superiori ai 53 decibel raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Le città con le percentuali più elevate includono Vienna (86,5%), Roma (60,5%) e Madrid (43,8%).
L’esposizione prolungata al rumore è associata a stress cronico, aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, contribuendo a 12.000 morti premature e 48.000 nuovi casi di cardiopatie ischemiche ogni anno in Europa. Ovviamente il rumore eccessivo influisce significativamente sul mercato immobiliare. Stime indicano che l’esposizione al rumore può ridurre il valore di un immobile tra il 10% e il 20%. A Milano, ad esempio, una casa situata in zone rumorose può valere il 12-17% in meno rispetto a una in aree più tranquille. Ma molto gravi sono anche i rumori interni alle abitazioni che, spesso, sono poco isolate e poco protette acusticamente.
Marco Zanetti, CEO di Massetti Ecoplast srl, ha spiegato: “La crescente incidenza dell’inquinamento acustico ha spinto molte persone a trasferirsi in zone più silenziose o in case maggiormente isolate. L’inquinamento acustico nelle abitazioni private è un fenomeno sottovalutato che invece influisce fortemente sulle scelte abitative. Ecco perché è sempre più necessario studiare sistemi di isolamento che siano in linea anche con la nuova sensibilità ecologica”.
Sebbene esistano ancora pochi dati specifici sul numero di persone che cambiano abitazione a causa dell’inquinamento acustico, è evidente che il rumore ambientale influisca sulle scelte abitative. “La ricerca di ambienti più silenziosi e salubri”, ha proseguito Zanetti, “spinge le persone a chiedere una sempre maggiore copertura. L’accesso a informazioni dettagliate sui livelli di rumore possono aiutare i cittadini a fare scelte abitative più informate, contribuendo a migliorare la qualità della vita e a ridurre l’esposizione al rumore nocivo. Affrontare anche la sfida dell’inquinamento acustico rappresenta, quindi, una priorità per la salute”.
Comunicato stampa
Quando un appaltatore non rispetta i tempi di consegna concordati, il committente può subire danni economici e organizzativi. Per questo, il Codice Civile prevede strumenti di tutela, tra cui penali per il ritardo, risarcimenti e, nei casi più gravi, la risoluzione del contratto. Pianificare correttamente il contratto e inserire clausole specifiche è essenziale per proteggersi da eventuali ritardi.
L’importanza del termine di esecuzione
Nel contratto di appalto, il termine di esecuzione non è solo un’indicazione formale: è un elemento fondamentale per garantire il buon esito del progetto. Un ritardo può compromettere piani aziendali, traslochi, aperture di negozi o l’avvio di servizi. È quindi cruciale stabilire una data precisa e, se necessario, un cronoprogramma per monitorare l’andamento dei lavori.
Se il termine concordato non viene rispettato, occorre valutare le cause del ritardo per stabilire se l’appaltatore sia effettivamente responsabile.
Quando il ritardo non è imputabile all’appaltatore
Non sempre il mancato rispetto dei tempi è colpa dell’appaltatore. Alcune situazioni possono esonerarlo da responsabilità, come:
– Condizioni meteo eccezionali (piogge torrenziali, neve, vento forte).
– Calamità naturali, guerre, pandemie o eventi imprevedibili.
– Ritardi del committente , come mancata fornitura di materiali o autorizzazioni.
– Modifiche richieste dal committente , che impongono nuovi tempi tecnici.
In tutti gli altri casi, il ritardo è considerato colpevole e può comportare conseguenze legali.
La penale per ritardo: tutela immediata per il committente
Una delle soluzioni più efficaci per gestire eventuali ritardi è la clausola penale, che obbliga l’appaltatore al pagamento di una somma di denaro per ogni giorno (o settimana) di ritardo. Questa clausola ha due vantaggi principali:
– Non richiede la prova del danno : basta il ritardo per farla scattare.
– Funzione deterrente: spinge l’appaltatore a rispettare i tempi per evitare sanzioni economiche.
La penale deve essere congrua e proporzionata, poiché se eccessiva potrebbe essere annullata dal giudice (art. 1384 del Codice civile).
Il risarcimento del danno
Oltre alla penale, il committente può richiedere un risarcimento per danni aggiuntivi, come:
– Spese per un’abitazione temporanea.
– Perdita di guadagni dovuta alla ritardata apertura di un locale.
– Costi per affidare i lavori a un’altra impresa.
– Danni all’immagine per il ritardo nella consegna di opere pubbliche.
Altre azioni possibili
Se il ritardo è grave, il committente può:
– Risolvere il contratto , interrompendo il rapporto con l’appaltatore.
– Affidare i lavori a un’altra impresa , addebitando i costi al primo appaltatore.
– Trattenere una parte del corrispettivo pattuito .
Conclusione
Prevedere clausole di tutela nel contratto è essenziale per evitare problemi in caso di ritardi nei lavori. La penale garantisce un rimborso immediato, mentre il risarcimento consente di recuperare danni più significativi. Una pianificazione attenta e la conoscenza dei propri diritti sono la chiave per evitare dispute lunghe e costose.
Dopo il successo della prima edizione, torna Cara Casa, il festival itinerante dedicato al tema dell’abitare, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Vincitore dell’avviso pubblico 2023, il progetto prende nuova vita nel 2025, coinvolgendo cinque città italiane tra marzo e giugno, ovvero: Catania, Genova, Bologna, Milano e Venezia.
Coordinato dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Milano, il festival è curato in collaborazione con le Fondazioni e gli Ordini locali delle città coinvolte, la Fondazione Housing Sociale e AmbienteAcqua APS. L’obiettivo? Promuovere una riflessione pubblica e interdisciplinare sull’abitare contemporaneo, intrecciando progettazione, rigenerazione urbana, sostenibilità e partecipazione civica.
Cara Casa 2025: Date e città coinvolte
Il festival Cara Casa 2025 si snoda lungo un calendario ricco di appuntamenti distribuiti in cinque città italiane, ognuna con un programma pensato su misura per il proprio contesto urbano.
Il viaggio ha già preso il via a Catania, dal 22 marzo, con attività che si sono svolte fino all’11 aprile, per poi spostarsi a Genova, che è stata protagonista dal 7 al 27 aprile.
Il festival approderà a Bologna nei giorni 17 e 18 maggio, mentre Milano ospiterà l’iniziativa dall’11 al 19 giugno. Infine, la tappa conclusiva si terrà a Venezia con un evento speciale in programma per il 20 giugno.
Cos’è Cara Casa?
Cara Casa è un festival che prevede una serie di eventi gratuiti, pensati per portare il tema dell’abitare fuori dai soli contesti specialistici. Ogni città ospita attività diverse: convegni, laboratori, mostre, performance, visite guidate e workshop. I temi sono scelti in base alle caratteristiche del territorio e affrontati con un approccio partecipativo.
Nel dettaglio:
• a Catania, il Focus è sul quartiere Librino, progettato da Kenzo Tange negli anni ‘70, oggi simbolo delle sfide della rigenerazione urbana. È prevista una mostra sull’evoluzione di Librino, un laboratorio di urbanistica per bambini e diversi incontri sul tema della partecipazione e inclusione sociale, tra cui una passeggiata fotografica;
• a Genova il tema centrale è la casa accogliente come luogo di cura, rifugio, lavoro e ospitalità. Tra gli eventi principali ci sono incontri con gli esperti, installazioni artistiche, performance teatrali e collaborazioni con l’Università degli Studi di Genova. L’obiettivo è trovare una risposta dell’abitare alle nuove esigenze sociali, soprattutto di giovani, migranti, anziani e lavoratori itineranti;
• a Bologna, in occasione dei 100 anni dell’Esprit Nouveau, si parte da una riflessione sul sistema dell’abitare tra crescita demografica e crisi abitativa. Tra gli eventi principali ci sono convegni sull’housing universitario e iniziative sul diritto alla casa per nuovi cittadini il futuro dell’abitare nel territorio metropolitano;
• a Milano, il focus è sull’abitare giovanile e sulle trasformazioni urbane per rendere l’accesso alla casa più sostenibile ed equo. Tra gli eventi principali ci sono talk, workshop, laboratori partecipativi e l’esplorazione di spazi abitativi innovativi in collaborazione tra Fondazione Ordine Architetti Milano, Housing Sociale e AmbienteAcqua APS;
• a Venezia il tema centrale è la città storica e la transizione ecologica, con un focus sulla EPBD IV, direttiva europea per la decarbonizzazione degli edifici entro il 2050. L’evento principale consista in un seminario in collaborazione con l’Università Iuav dove sono previsti interventi di esperti su patrimonio edilizio, riqualificazione energetica e sfide climatiche.
Chi può partecipare e come
Il Festival è aperto a tutti i cittadini, compresi professionisti e studenti in architettura, ingegneria, design e urbanistica. Gli eventi sono gratuiti, salvo alcune attività su prenotazione. Non è necessario un biglietto d’ingresso, quindi, ma per workshop e laboratori, è consigliata la prenotazione online.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) ha chiuso l’istruttoria avviata nei confronti di Enel Energia, stabilendo che la società dovrà risarcire più di 40milaclienti per un importo complessivo superiore a 5 milioni di euro.
L’indagine era partita per verificare la correttezza delle modalità con cui Enel aveva comunicato agli utenti il rinnovo delle condizioni economiche della fornitura, con decorrenza 1° giugno 2023. Secondo l’Antitrust, il metodo utilizzato avrebbe potuto non garantire ai consumatori piena consapevolezza degli aumenti introdotti.
Grazie agli impegni accettati dall’Autorità, Enel Energia garantirà un ristoro economico a tutti i clienti coinvolti, attraverso misure di compensazione diretta.
Chi ha diritto al risarcimento
La compensazione sarà automatica per due categorie di utenti:
– 1 – Chi avrebbe dovuto ricevere la comunicazione di rinnovo via posta, ma non l’ha mai ricevuta. La mancata consegna ha impedito ai clienti di conoscere per tempo le nuove condizioni economiche applicate tra giugno 2023 e aprile 2024.
– 2 – Chi ha ricevuto la comunicazione via web, ma ha poi presentato un reclamo ad Enel Energia o all’Antitrust, lamentando scarsa chiarezza nella comunicazione delle nuove tariffe.
La compensazione sarà riconosciuta sia a chi ha mantenuto il contratto con Enel (attraverso un bonus in fattura), sia a chi ha cambiato operatore (tramite una nota di credito).
Enel Energia migliorerà la trasparenza per i clienti
Oltre ai risarcimenti economici, Enel Energia si è impegnata ad adottare nuove misure informative, per garantire maggiore trasparenza nelle comunicazioni future.
Le notifiche delle modifiche tariffarie saranno potenziate, grazie a un sistema integrato di avvisi che include SMS, email, fatture, notifiche via app e comunicazioni nell’Area Riservata. Inoltre, la società ha annunciato che migliorerà grafica e contenuti delle lettere di accompagnamento, così da rendere le informazioni più chiare e immediate.
Sul fronte dell’assistenza clienti, saranno rafforzati i sistemi informativi e le funzionalità per supportare gli utenti nei rinnovi delle condizioni economiche.
La posizione delle associazioni dei consumatori
Enel Energia ha espresso soddisfazione per l’accettazione degli impegni da parte dell’Antitrust. Pur ribadendo la legittimità della propria condotta, la società ha dichiarato di voler elevare gli standard di comunicazione per offrire maggiore tutela ai consumatori.
Il Codacons, che aveva sollecitato indennizzi automatici per gli utenti coinvolti, ha accolto positivamente la decisione. Tuttavia, l’associazione ha sottolineato la necessità di misure tecniche più incisive, per evitare che in futuro possano verificarsi situazioni analoghe.