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L’USUCAPIONE DI UN BENE CONDOMINIALE OCCUPATO ABUSIVAMENTE

  • Redazione
  • 3 luglio 2017
[A cura di: Mauro Simone, pres. APPC – ALAC Area Metropolitana di Bari – Giuseppe Simone vice segr. naz. APPC]
Talvolta si verifica un utilizzo abusivo dei beni condominiali da parte di taluni condòmini. Casi scolastici di alterazione e occupazione di parti comuni da parte del singolo condomino sono quelli del sottoscala o della cantina del pianerottolo inglobato nella proprietà individuale e sottratti al godimento degli altri condòmini. Quali sono gli obblighi dell’amministratore di condominio in simili circostanze?
Innanzitutto occorre premettere che il sostenere, come talvolta accade, che gli anzidetti spazi comuni non erano in precedenza mai stati utilizzati o che trattasi di spazi ritenuti all’apparenza di scarsa utilità per il condominio non giustifica la natura abusiva e illecita della condotta del singolo condomino. L’amministratore è tenuto ad intervenire tempestivamente per far cessare l’abuso, eventualmente anche ricorrendo all’Autorità Giudiziaria, sia per far terminare in via d’urgenza l’illegittimità, sia per ottenere il ristoro dei danni eventualmente subiti dalla compagine condominiale.
L’amministratore ha una duplice responsabilità, sia civile sia penale, e ne risponde personalmente se le dette condotte producono il verificarsi di danni per il condominio o per alcune persone. L’amministratore è penalmente responsabile per omissione, ad esempio, nel caso in cui l’utilizzo abusivo delle parti comuni pregiudichi la sicurezza dello stabile o si verifichino eventi di danno alle persone.
Non vanno neppure escluse conseguenze di carattere patrimoniale, nell’ipotesi in cui l’occupazione o l’annessione di una parte comune da parte del singolo sia diventata ormai definitiva e incontestabile, pregiudicando così la possibilità di intraprendere nell’interesse dei condòmini azioni cautelari e ogni altra possibilità di tutela. Infatti, il condominio se rimane a lungo inerte di fronte all’occupazione abusiva di uno spazio comune corre il rischio che il bene condominiale (sottoscala, pianerottolo o cantina, etc) venga usucapito dal singolo condomino. Ovviamente va accertato, nel caso concreto, che non si tratti di un uso più intenso o diverso da quello degli altri condòmini, ai sensi dell’art. 1102 c.c., in quanto ciò non sarebbe idoneo a mutare il titolo del possesso.
In vero, non sono ritenuti idonei a usucapire i beni comuni i semplici atti di gestione, ma occorre un comportamento tale da evidenziare inequivocabilmente da parte del singolo il possesso esclusivo e l’“animo domini” sulla cosa comune per la durata di 20 anni, così da escludere di fatto dal godimento di un bene gli altri condòmini.
Per alcuni beni come il sottotetto, quando non costituisce pertinenza dell’appartamento dell’ultimo piano e assolve all’esclusiva funzione di isolare i vani del sottostante alloggio, non è invece configurabile un possesso idoneo ad usucapirlo, poiché si qualifica come danno da “lucro cessante”, se manca il consenso unanime di tutti i partecipanti alla collettività condominiale (Cass. 11184/2017), l’utilizzazione in via esclusiva del bene comune da parte del singolo condomino.
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