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ABUSO EDILIZIO. SE IL PROPRIETARIO NON INTERVIENE È RESPONSABILE PER LE VIOLAZIONI DEL LOCATARIO.

  • Redazione
  • 1 settembre 2015

Il Consiglio di Stato con la Sentenza n. 3897 del 7 agosto 2015, nel riformare la sentenza del T.A.R. dell’Emilia Romagna – Sezione staccata di Parma – n. 70/2014, ha stabilito che il proprietario di un immobile che non interviene in modo attivo contro gli abusi edilizi commessi dal locatario ne risponde in prima persona. Ecco il testo della sentenza.

——————-

CONSIGLIO DI STATO

Sez. VI, Sent. n. 3897

del 07-08-2015

——————-

FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, gli attuali appellanti impugnavano il provvedimento del servizio edilizia del Comune di Reggio Emilia del 13 novembre 2013, con cui si disponeva l’acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile di via (omissis) di loro proprietà, concesso in locazione a società Omissis, seguente a inottemperanza dell’ordinanza di demolizione di opere abusive.

Il giudice di primo grado dichiarava l’inammissibilità del ricorso rilevando che: l’atto presupposto rispetto all’acquisizione, e cioè l’ordine comunale di ripristino dello stato dei luoghi, era stato comunicato anche ai proprietari in data 13 giugno 2013 e che tuttavia essi non lo avevano impugnato; l’estraneità del proprietario rispetto agli abusi del conduttore può ritenersi solo quando questi si sia attivato per impedire o eliminare l’abuso; l’immobile era stato locato per contratto per attività di sala giochi con obbligo di adeguamento alle esigenze, e i proprietari erano perfettamente in grado di rendersi conto che l’utilizzo attivato non era consentito; le censure di sproporzionalità della sanzione andavano proposte avverso l’atto presupposto.

Avverso tale sentenza propongono appello gli stessi ricorrenti di prime cure, i quali, in punto di fatto, espongono che il manufatto (immobile di 158 mq a piano terra di fabbricato di sei piani) è destinato a pubblico esercizio; è stato locato per somministrazione bevande e sala giochi; la locazione è ammessa per uso degli apparecchi di gioco leciti; nell’anno 2012 sono state definite le pratiche edilizie (comunicazione inizio lavori del 2 aprile 2012 e nulla osta comunale dell’11 maggio 2012); nel novembre 2012 il Comune ha espresso dubbi di compatibilità edilizia con riguardo alle macchine denominate VLT, la cui installazione sarebbe preclusa dalla variante al regolamento edilizio adottato in data 19 novembre 2012; l’ordinanza che ordinava il ripristino veniva impugnata dalla sola società conduttrice, con ricorso di cui veniva respinta la richiesta cautelare sia in primo grado che in appello; successivamente il Comune disponeva l’acquisizione.

La parte appellante, dopo avere esposto la sproporzione della sanzione adottata, deduce con il primo motivo di appello la violazione del principio di tipicità, in quanto viene punito un abuso dovuto ad altri; deduce l’anteriorità della locazione rispetto alla variante di regolamento edilizio, che impedisce l’utilizzo delle macchine da gioco; deduce la autonomia della sanzione dell’acquisizione rispetto agli atti precedenti, oltre che la sproporzione.

Si è costituito il Comune di Reggio Emilia, il quale deduce l’inammissibilità dell’appello, per non avere contestato tutti i capi di sentenza, tra cui quello relativo alla responsabilità anche del proprietario; insiste per il rigetto dell’appello perché infondato.

La sezione con ordinanza n.55872 del 4 dicembre 2014 ha accolto la domanda di sospensione della esecutività della sentenza, rinviando alla udienza di discussione.

Alla udienza pubblica del 2 luglio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

A prescindere dall’esame dei rilievi di inammissibilità dell’appello, lo stesso è infondato, non essendo riuscito a sovvertire – in realtà neanche potendo contestare più di tanto, attesa l’evidenza della circostanza – la pronuncia del giudice di primo grado che, chiaramente, ha sottolineato come la impugnativa dell’atto di acquisizione, in relazione alle proposte censure, sia inammissibile, in caso di mancata impugnazione dell’atto presupposto, consistente nell’ordine di ripristino e demolizione, comunicato sia al conduttore che al proprietario.

Nella fattispecie, in fatto, la comunicazione di avvio del procedimento è stata notificata sia alla società locataria che ai proprietari; i proprietari non hanno ritenuto di depositare alcuna memoria difensiva, a differenza di quanto fatto dalla locataria; l’ordinanza di ripristino è stata impugnata soltanto dalla società locataria e quindi è divenuta inoppugnabile per i proprietari; tali aspetti di fatto, ben evidenziati dalla difesa comunale, non sono contestati dalla parte appellante.

Le censure svolte avverso l’atto di acquisizione non censurano tale atto, in sé considerato, per vizi autonomi, ma contestano aspetti che avrebbero dovuto essere dedotti con impugnativa avverso gli atti presupposti, nella parte in cui viene contestata la precedenza della locazione rispetto alla variante di regolamento edilizio, la sproporzione della sanzione comminata per l’abusività edilizia rispetto al caso della installazione di macchine da videogiochi, la illogicità della disposizione regolamentare.

In sostanza, va confermata la sentenza, che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in quanto, in relazione alle censure proposte fin dal primo grado, non è stata impugnata l’ordinanza di demolizione, presupposta rispetto all’atto di acquisizione e qualificante le (qui in sostanza contestate) natura e configurabilità dell’illecito, in guisa tale da divenire incontestabili se non impugnato l’atto (ordinanza) che ne conteneva, appunto, l’accertamento.

Per completezza – pur rilevando ancora una volta come le doglianze di parte appellante si siano appuntate solo avverso l’acquisizione – si osserva che, anche rispetto alla tesi della estraneità del proprietario incolpevole rispetto agli abusi commessi dal locatario, la giurisprudenza della Sezione ha chiarito come sia necessario che questi provi la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, dimostri anche un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o altre iniziative di carattere ultimativo, anche sul piano della risoluzione contrattuale, nei confronti del conduttore autore dell’illecito edilizio.

Al contrario, un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali, con mere dichiarazioni o affermazioni solo di dissociazione o manifestazioni di intenti, senza alcuna attività materiale o almeno giuridica di attivazione diretta ad eliminare l’abuso (per esempio, risoluzione giudiziaria per inadempimento, diffida ad eliminare l’abuso, attività di ripristino, a maggior ragione se l’ordine non viene contestato), non sono sufficienti a dimostrare l’estraneità del proprietario, in quanto, altrimenti, la tutela degli abusi rimarrebbe inefficace (così, tra varie, Cons, Stato, VI, 4 maggio 2015, n.2211).

Considerata la particolarità della vicenda controversa, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando l’appellata sentenza.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015. 

Depositata in segreteria il 07/08/2015.

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