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CANNA FUMARIA DEMOLITA DAL CONDOMINIO: IL NEGOZIO NON PUÒ PIÙ USARLA

  • Redazione
  • 31 marzo 2016
La canna fumaria è a rischio crollo, e peraltro non è più al servizio delle unità immobiliari, che hanno sostituito l’impianto centralizzato con quello autonomo. Il condominio delibera di abbatterla. Ma il proprietario di un magazzino al pianterreno, che vi si era allacciato, non è d’accordo. Chi ha ragione? Ecco quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza 24296 del 27 novembre 2015, di cui riportiamo un estratto.

——————–
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 27.11.2015,
n. 24296
——————

RITENUTO IN FATTO 
1. G.D. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Cosenza il Condominio … per sentire dichiarare nulla la delibera del 9 ottobre 2000 con la quale l’assemblea condominiale aveva deliberato la demolizione della parte finale della canna fumaria e la chiusura della medesima, con ciò pregiudicando il suo diritto all’utilizzo di tale impianto, consolidatosi sin dal 1993, mediante il collegamento operato con il camino posto in un locale al piano terra di sua proprietà. 
Costituendosi in giudizio, il Condominio contestava la domanda, deducendo che la demolizione della canna fumaria era stata decisa per l’accertato pericolo di crollo ed in considerazione del mancato utilizzo della medesima da parte dei condòmini sin dal 1985, in conseguenza della trasformazione dell’impianto di riscaldamento da centralizzato in autonomo; denunciava, inoltre, l’illegittimità del collegamento realizzato dal G.D. tra il camino del locale di sua pertinenza posto a piano terra e la canna fumaria comune, mai autorizzato dall’assemblea condominiale, ed anzi eseguito di nascosto nonché limitativo del diritto degli altri condòmini. 
(omissis)
Il Tribunale di Cosenza, con sentenza n. 870 del 2005, dichiarava nulla la delibera condominiale, dichiarava l’esistenza del diritto del G.D. all’uso della canna fumaria condominiale, dichiarava inammissibile per novità la domanda di condanna al ripristino e condannava il Condominio al pagamento delle spese del giudizio. 
2. Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 17 dicembre 2010, la Corte d’appello di Catanzaro, in accoglimento del gravame principale proposto dal Condominio ed in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dal G.D., ha rigettato l’appello incidentale di quest’ultimo e ha condannato l’appellato al pagamento delle spese di entrambi i gradi. 
2.1. La Corte d’appello ha rilevato che i proprietari delle unità immobiliari che per ragioni di conformazione dell’edificio non sono mai stati serviti dall’impianto termico centralizzato, di cui faceva parte la canna fumaria oggetto di causa, non sono titolari del diritto di comproprietà sull’impianto medesimo, perché esso non è legato alle unità immobiliari dalla relazione di accessorietà, ovvero dal collegamento strumentale, materiale e funzionale, consistente nella destinazione all’uso o al servizio. 
Nel caso di specie – ha proseguito la Corte territoriale – non è contestato il fatto che il locale di cui il G.D. è proprietario e a tutela del quale ha agito per vedersi riconosciuto il diritto all’utilizzo della canna fumaria, non fosse servito dall’impianto termico centralizzato. Il locale in oggetto era infatti adibito a magazzino e dopo l’acquisto il G.D. lo ha ristrutturato, realizzandovi un caminetto che ha provveduto a collegare alla canna fumaria. 
L’appellato – ha concluso la Corte di Catanzaro – al momento della demolizione del tratto della canna fumaria condominiale non era titolare di un diritto di comproprietà condominiale sulla stessa, posto che nessun rapporto di accessorietà esisteva tra la canna fumaria medesima ed il locale del G.D.. 
In mancanza di un diritto da far valere, la Corte d’appello ha conseguentemente rigettato la domanda del G.D. volta anche alla declaratoria di nullità della delibera condominiale che aveva disposto la demolizione di tale bene. 
3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il G.D. ha proposto ricorso, con atto notificato il 10 febbraio 2011, sulla base di tre motivi. 
L’intimato Condominio ha resistito con controricorso. In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa. 

CONSIDERATO IN DIRITTO 
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e 1117 cod. civ. per non avere la sentenza impugnata ritenuto sussistente il rapporto di accessorietà tra la canna fumaria e la proprietà del G.D.. Ad avviso del ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe considerato che il G.D. è proprietario anche dell’appartamento sito al quinto piano dello stabile fabbricato “B”, stessa ala, del Condominio …, con conseguente pregresso diritto di utilizzo della canna, bene comune secondo la presunzione di contitolarità di cui all’art. 1117 cod. civ.. 
A tale unità immobiliare sita al quinto piano sarebbe stato accorpato come pertinenza il magazzino successivamente acquistato. Il giudice del gravame non avrebbe neppure tenuto conto che gli impianti relativi all’adduzione dei fumi di scarico, sia che attraversino proprietà esclusive del singolo sia che attraversino parti condominiali, costituiscono parti comuni, giacché il criterio distintivo tra impianti comuni e impianti particolari è determinato non già dalla localizzazione di spazi di comproprietà condominiale, bensì dalla loro destinazione. Sostiene il ricorrente che anche qualora l’unità immobiliare esclusiva fosse sprovvista di radiatori e pertanto non fruente del servizio di riscaldamento centralizzato, ma attraversata da conduttura dell’impianto, questo sarebbe destinato al servizio dell’intero edificio e rientrerebbe, comunque, nella presunzione di contitolarità ex art. 1117 cod. civ., con conseguente diritto del proprietario della singola unità immobiliare di usare il bene comune condominiale. 
Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1120 e 1136 cod. civ.) si denuncia che l’impugnata delibera esorbiterebbe dalle attribuzioni dell’assemblea condominiale. La censura è svolta sul presupposto che l’appartamento ed il locale magazzino apparterrebbero al medesimo stabile e che il G.D. risulterebbe proprietario a pieno titolo di entrambe le unità, allineate verticalmente sulla stessa ala del fabbricato; e sul rilievo che il diritto autonomo del ricorrente di godere dell’uso della canna fumaria rientrerebbe tra i diritti soggettivi sull’uso delle cose comuni e non potrebbe essere interrotto dagli altri condòmini. 
1.1. I due motivi – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono infondati. 
Va in primo luogo osservato che, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, non ha rilievo la titolarità, in capo al G.D., anche di un appartamento (al quinto piano) nell’ambito dello stesso fabbricato condominiale, perché nella specie la controversia attiene all’utilizzo della canna fumaria per il tramite del collegamento operato con il camino posto nel locale magazzino al piano terra di proprietà del medesimo G.D.. E la relazione di accessorietà, che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio, va considerata, su base reale, in relazione a ciascun piano o porzione di piano in proprietà esclusiva, senza che a tal fine abbia rilievo il vincolo pertinenziale creato dal singolo condomino tra più unità immobiliari di sua esclusiva proprietà all’interno dello stesso edificio condominiale. 
Occorre prendere le mosse dagli accertamenti compiuti dalla Corte d’appello: 
(a) il locale magazzino di cui il ricorrente è proprietario e a tutela del quale ha agito per vedersi riconosciuto il diritto all’utilizzo della canna fumaria non era servito dall’impianto termico centralizzato quando questo era in esercizio; 
(b) il G.D. ha realizzato all’interno del locale un caminetto che ha provveduto a collegare alla canna fumaria. 
Ritiene il Collegio, in conformità della propria giurisprudenza (Cass., Sez. II, 7 giugno 2000, n. 7730), che il proprietario dell’unità immobiliare (nella specie, magazzino) che, per ragioni di conformazione dell’edificio, non sia servita dall’impianto di riscaldamento centralizzato, non può legittimamente vantare un diritto di condominio sull’impianto medesimo, perché questo non è legato alla detta unità immobiliare da una relazione di accessorietà (che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio), e cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzionale consistente nella destinazione all’uso o al servizio della medesima. Il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, difatti, se le cose, gli impianti, i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso (ovvero siano destinati all’uso o al servizio) di alcuni soltanto dei piani o porzioni di piano dell’edificio. 
Correttamente, pertanto, la Corte d’appello ha escluso che l’utilizzazione della canna fumaria, per lo scarico dei fumi dal camino realizzato nel magazzino a piano terra, rientrasse in un’ipotesi di uso frazionato della cosa comune, non essendo l’impianto termico e la canna fumaria, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, a servizio di quel locale. 
Cade anche la premessa della censura di violazione degli artt. 1120 e 1136 cod. civ., prospettata sul presupposto di una condominialità rispetto a quel bene che invece non sussiste. 
(omissis)
3. Il ricorso è rigettato. 
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. 

P.Q.M. 
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida in complessivi euro 1.700, di cui euro 1.500 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. 
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