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Prendere a calci la porta del vicino di casa non è “fatto di lieve entità”

  • Quotidiano Del Condominio
  • 14 febbraio 2020

Evade dai domiciliari, si reca nelle parti comuni condominiali, prende a calci i vasi di fiori e poi la porta d’ingresso del vicino di casa: la Cassazione conferma che, malgrado i problemi mentali dell’imputato, i fatti non possano essere considerati “di lieve entità”. Di seguito un estratto della sentenza 5217/2020.

—————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI pen., sent. n. 5217/2020
—————-

Ritenuto in fatto

1. (omissis).

Il procedimento trae origine dalla querela sporta da L.C. il quale sentendo urlare il vicino di casa R.A. ristretto agli arresti domiciliari, si affacciava e vedeva il R.A. fuori dalla sua abitazione che accedeva nello spiazzo comune e minacciava il L.C. “che gli avrebbe rotto la faccia” e gli intimava di togliere i vasi dei fiori che procedeva a rompere, prendendoli a calci e prendendo a calci anche la porta di ingresso dell’abitazione del denunciante. Il primo giudice riteneva sussistente il vizio parziale di mente ed applicava la relativa diminuente. Già in sede di appello l’imputato aveva chiesto invano l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen..

2. Ricorre per cassazione R.A. per il tramite del proprio difensore di fiducia per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:

  1.  erronea applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. in relazione al mancato riconoscimento della causa personale di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ritiene il ricorrente che le modalità della condotta e il grado di colpevolezza non destano particolare allarme, posto che l’imputato si trovava nella corte comune dell’abitazione in cui era ristretto, ha fatto rientro spontaneamente in casa e il danno arrecato alla persona offesa è apparso di modesta entità, commesso da soggetto riconosciuto affetto da malattia mentale, patologia che può contribuire a spiegare l’accaduto che può essere considerato di lieve entità contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di secondo grado;

(omissis)

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è infondato. L’imputato, senza confrontarsi con le argomentazioni sviluppate dal giudice dell’appello, ha reiterato le medesime considerazioni che aveva già posto a base del motivo di impugnazione (sottolineando l’insussistenza del requisito dell’abitualità e tenendo conto delle condizioni psichiche di semi-infermità che riguardavano il R.A.), ma la Corte territoriale aveva denegato l’applicazione dell’invocato istituto, osservando in punto di fatto che il ricorrente, agli arresti domiciliari, si era allontanato dalla propria abitazione per recarsi nel cortile condominiale non per compiere un atto comune della vita, bensì per compiere il delitto di minaccia nei confronti della p.o. e per la biasimevole ragione di danneggiargli i vasi di fiori ed il portoncino d’ingresso.

(omissis)

3. In ordine al motivo di cui si discute, tendente ad una declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art.131 bis cod. pen., già proposto in appello e rigettato, vale puntualizzare che tale causa di non punibilità ed il principio di inoffensività in concreto operano su piani distinti, presupponendo, il primo, un reato perfezionato in tutti i suoi elementi, compresa l’offensività, benché di consistenza talmente minima da ritenersi “irrilevante” ai fini della punibilità, ed attenendo, il secondo, al caso in cui l’offesa manchi del tutto, escludendo la tipicità normativa e la stessa sussistenza del reato (Sez. 6, n. 5254 del 10/11/2015).

4. Una articolata disamina del senso e della portata della causa di non punibilità in oggetto, non può che portare ad escludere l’applicazione dell’istituto alla vicenda in esame, sulla scorta dei criteri dettati dall’art. 131 bis cod. pen., che collega la “particolare tenuità del fatto” alle “modalità della condotta” e alla “esiguità del danno o del pericolo” “valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, cod. pen.” (nonché all’assenza della condizioni ostative indicate nella disposizione richiamata).

Nel caso in questione, emerge chiaramente, dalla complessiva analisi delle sentenze di merito, che il giudice di primo grado ha rivelato che l’imputato era “già noto all’ufficio per avere numerosi procedimenti, nei quali sono stati disposti diversi accertamenti medici”; il giudice di secondo grado ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’invocata causa di non punibilità, nel valutare la plurima condotta contestata all’imputato, offensiva di più beni giuridici e non suscettibile di essere apprezzata come di particolare tenuità, in relazione alle concrete modalità dell’atteggiamento posto in essere, consistente nell’allontanamento arbitrario dal luogo di arresti domiciliari e nel lanciare sfide, invettive e minacce rivolte al vicino al quale ha pure danneggiato i vasi di piante. Il motivo, pertanto, deve essere respinto.

(omissis)

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena detentiva con la libertà controllata e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte d’appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.

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  • arresti domiciliari
  • fatti di lieve entità
  • liti in condominio
  • parti comuni
  • sentenze di cassazione
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