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Superbonus: dubbi su edifici unifamiliari e non condominiali

  • Quotidiano Del Condominio
  • 9 settembre 2020

[A cura di: avv. Francesco Saverio Del Buono] Il “Superbonus 110%” come è stato comunemente definito a sottolineare l’importanza della nuova detrazione fiscale, introdotto dall’art. 119 del Decreto Legge 19.05.2020 n. 34 (Decreto “Rilancio”), convertito con modificazioni dalla Legge 17.07.2020 n. 77, se riveste una importanza fondamentale per il rilancio del settore dell’edilizia dopo l’emergenza degli ultimi mesi, d’altro canto presenta alcune limitazioni e situazioni di difficile interpretazione che stanno diventando un rompicapo anche per gli addetti ai lavori.

Gli edifici unifamiliari

Una di queste situazioni è quella relativa agli edifici unifamiliari ed alle unità immobiliari con autonomia funzionale ed autonomo accesso all’esterno indicate dal citato art. 119 tra le tipologie di immobili su cui spetta la detrazione (comma 1, lettere a – c).

Su questo punto la Circolare n. 24/E dello scorso 8 agosto, emanata dall’Agenzia delle Entrate per fornire chiarimenti sul testo normativo, ha fornito delle definizioni, indicando quale edificio unifamiliare “un’unica unità immobiliare di proprietà esclusiva, funzionalmente indipendente, che disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno e destinato all’abitazione di un singolo nucleo familiare”. Ben potrebbe essere l’ipotesi di una villetta, che possiamo trovare nei nostri centri abitati, siano essi paesi o città, anche adibita a seconda casa, magari in una località di villeggiatura, visto che la norma permette di usufruire dell’agevolazione fino a due unità immobiliari (art. 119 comma 10), esclusi gli interventi realizzati su parti comuni di edificio.

Cosa significa che l’unità immobiliare deve essere funzionalmente indipendente? Anche su questo l’Agenzia nella Circolare fornisce una indicazione, affermando che l’immobile deve essere dotato di installazioni o manufatti di qualunque genere, quali impianti per l’acqua, per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento di proprietà esclusiva.

Altro elemento fondamentale è l’esistenza di un accesso autonomo dall’esterno, che deve essere indipendente (non comune ad altre unità immobiliari) e chiuso da cancello o portone che consenta l’accesso dalla strada, da giardino o cortile interno esclusivo.

In presenza di questi due requisiti (indipendenza funzionale ed accesso autonomo dall’esterno) conclude l’Agenzia come sia irrilevante che l’unità immobiliare sia ubicata in un edificio condominiale, o abbia parti in comune con altre unità abitative, perché comunque da se potrà usufruire del bonus 110%.

Essendo però la casistica molto ampia, date le diverse modalità con cui un edificio può essere strutturato, in alcuni casi può essere davvero difficile definire se un immobile rientra in queste ipotesi o meno.

Il proprietario unico

Altra questione, che sicuramente a parere di chi scrive potrà essere oggetto di contenzioso negli anni a venire è quella relativa agli interventi su edifici con unico proprietario.

Su questa fattispecie, non affrontata dal legislatore, è intervenuta la già citata Circolare n. 24/E che ha dichiarato espressamente che “il superbonus non si applica agli interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà fra più soggetti”.

Infatti si deve riconoscere la detrazione solo agli interventi sulle parti comuni di edifici condominiali, secondo la nozione che ne dà il codice civile, in quanto il legislatore cita tra i soggetti beneficiari il condominio e non fa menzione di parti comuni di edificio

Interpretazione troppo restrittiva, e peraltro non conforme al testo normativo, in quanto il legislatore se afferma al comma 9 che il bonus 110% si applica agli interventi realizzati da condomìni, al comma 1 parla invece di edifici (lettera a), senza indicare una particolare tipologia di edificio, se condominio o con unico proprietario, e di parti comuni di edificio (lettera b): sembra, a parere dello scrivente, una limitazione che l’Agenzia introduce, e non sarebbe la prima volta, nascente da una interpretazione della norma finalizzata a ridurre la portata delle situazioni in cui si può beneficiare della detrazione fiscale.

Peraltro questa interpretazione restrittiva si discosta da quanto in passato la stessa Agenzia aveva affermato in merito alle detrazioni fiscali per le parti comuni di edifici con unico proprietario: per quanto nella situazione esposta non vi è un condominio, proprio in virtù della presenza di unico proprietario, l’Agenzia delle Entrate ha più volte equiparato tale condizione a quella del condominio, a condizione che vi siano nell’edificio due o più distinte unità immobiliari autonomamente accatastate.

In particolare l’Agenzia ha affermato questo concetto in diversi documenti, quali:

  • Circolare n. 121/E dell’11/05/1998, par. 2.6: qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni anche se in questo caso, dal punto di vista giuridico, non si configura la comunione prevista dal codice civile.
  • Risoluzione n. 167 del 12.07.2007: anche se dalla lettura combinata della Circolare n. 121 del 1998 e della Circolare n. 95 del 2000 si desume che il concetto di “parti comuni” non richiede l’esistenza di una pluralità di proprietari, si deve ritenere tuttavia che tale concetto presupponga la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome.
  • Circolare n. 7/E del 27.04.2018, pag. 221: unico proprietario di un intero edificio. Qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, tale soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni. La locuzione “parti comuni di edificio residenziale” deve essere considerata in senso oggettivo e non soggettivo e va riferita, pertanto, alle parti comuni a più unità immobiliari e non alle parti comuni a più possessori (Circolare 11.05.1998 n. 121, paragrafo 2.6).
  • Circolare n. 13/E del 31.05.2019: analogamente a quanto precisato con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio anche ai fini della detrazione delle spese per interventi di riqualificazione energetica, qualora un intero edificio sia posseduto da un unico proprietario e siano comunque in esso rinvenibili parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate, detto soggetto ha diritto alla detrazione per le spese relative agli interventi realizzati sulle suddette parti comuni.
  • Risposta ad interpello n. 293 del 22.07.2019: il concetto di “parti comuni”, pur non presupponendo l’esistenza di una pluralità di proprietari, richiede, comunque, la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome. Quindi, la locuzione “parti comuni di edificio residenziale” deve essere considerata in senso oggettivo e non soggettivo e va riferita, pertanto, alle parti comuni a più unità immobiliari e non alle parti comuni a più possessori (cfr. circolare 11 maggio 1998 n. 121, paragrafo 2.6);
  • Risposte ad interpelli n. 137 e 139 del 22.05.2020: la locuzione “parti comuni”, quindi, pur non presupponendo l’esistenza di una pluralità di proprietari, richiede, comunque, la presenza di più unità immobiliari funzionalmente autonome.

Attualmente invece viene proposto un orientamento diverso: non ci resta che seguire l’evoluzione dei prossimi mesi.

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