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La Corte Costituzionale sull’assegnazione degli alloggi pubblici

  • Redazione
  • 6 giugno 2023

Con la Sentenza n. 77 del 21 aprile 2023, la Corte Costituzionale ha bocciato il requisito dei cinque anni di residenza per la partecipazione a un bando per l’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica.

Immediata la reazione del Sunia. Stefano Chiappelli, segretario generale del Sindacato Unitario Nazionale Inquilini e Assegnatari, dichiara in una nota che «con la sentenza 77 del 21 aprile la Corte Costituzionale ha ancora una volta confermato il suo fermo orientamento nei confronti di una legge regionale, in questo caso della Regione Liguria, che prevede disposizioni discriminatorie e irragionevoli in materia di anni di residenza quale requisito per poter concorrere ai bandi per alloggi di edilizia residenziale pubblica. Cade, quindi, un’altra norma incostituzionale di una regione che si ostinava a mantenerla in vigore, nonostante le precedenti analoghe decisioni che la Corte aveva assunto negli anni scorsi che avevano bocciato altre disposizioni regionali in materia».

Chiappelli prosegue affermando che «è incomprensibile che dopo il ripetuto richiamo della Corte siano ancora presenti articoli di legge che prevedano ben 5 anni di residenza quale requisito per la partecipazione a un bando che è finalizzato, come ha ribadito la Corte, a soddisfare il primario bisogno dell’abitazione e il conseguente diritto che è assurdo e discriminatorio legare ad un irragionevole ostacolo che ne impedisce il soddisfacimento e “produce una irragionevole disparità di trattamento a danno di chi, cittadino o straniero, non ne sia in possesso” e contrasta con il principio di eguaglianza sostanziale di cui all’articolo 3, secondo comma della Costituzione, perché tale requisito contraddice la funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica. Peraltro le Regioni che si ostinano a mantenere queste norme espongono i bandi e le graduatorie in corso al concreto rischio che dopo la sentenza della Corte sia ovviamente necessario rimuovere le ingiuste limitazioni che ne condizionano la validità».

Il presidente del Sindacato unitario nazionale inquilini ed assegnatari conclude «Da parte nostra stiamo denunciando da anni questa grave situazione, riscontrando in molti casi l’ingiustificato rifiuto delle Regioni interessate a procedere a rivedere le norme che, prima o poi, sono destinate alla giusta censura della Corte. Questo incomprensibile rifiuto di rivedere le normative discriminatorie crea danno non solo a chi, cittadino italiano o extracomunitario, non ha potuto partecipare al bando, ma a tutti i richiedenti (circa 700mila in Italia) che, ovviamente, vedranno allungarsi i tempi delle graduatorie e delle assegnazioni per gli obbligatori adeguamenti che dovranno intervenire a seguito della decisione della Corte, con gravi effetti negativi sulla mobilità e l’occupazione. Auspicando che tutte le Regioni si attengano a quanto disposto dalla Corte Costituzionale, ribadiamo la necessità di una riforma nazionale degli Enti gestori che affronti definitivamente il problema».

Tags
  • bando casa popolare
  • Corte Costituzionale
  • edilizia pubblica
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