[A cura di: Fondazione Cariplo]
Le politiche di housing sociale in Lombardia possono contare su un decennio di sperimentazione, sostenuto e rafforzato anche dal contributo della Fondazione Cariplo grazie ai progetti finanziati dai bandi per l’housing sociale temporaneo.
In particolare, l’attività della Fondazione Cariplo a sostegno di iniziative nel campo dell’abitare sociale temporaneo ha avuto i seguenti effetti:
* ha intercettato una domanda crescente di alloggio per soggetti fragili in cerca non solo di un’abitazione ma anche di servizi complementari alla residenza e di strategie di inclusione; * ha coinvolto molti attori diversi, che senza l’azione della Fondazione non si sarebbero mobilitati su progetti di questa natura, e ha sostenuto la costituzione di nuovi attori;
* ha permesso di costruire nuove reti di interazione tra gli attori delle politiche di housing consolidando una policy community composita, fatta di istituzioni, cooperative sociali, proprietari privati, enti religiosi, associazioni; ha contribuito a innovare le politiche pubbliche, favorendo l’emergere di nuove definizioni del problema abitativo e di nuovi sistemi di offerta;
* ha mostrato l’importanza dell’affiancamento della dimensione di homing e quella di puro housing per accrescere l’efficacia delle politiche dell’abitare sociale.
I risultati dei tale attività sono stati oggetto di un accurato lavoro di mappatura e raccolta d’informazioni di cui pubblichiamo una sintesi dei risultati salienti.
I RISULTATI
In cinque successive fasi dal 2000 al 2014, il bando “Diffondere e potenziare l’abitare sociale temporaneo” ha finanziato 233 progetti, per complessivi 44 milioni di euro. L’indagine ha analizzato i 135 già terminati e rendicontati a saldo al 31 marzo 2014, relativi a 836 unità immobiliari per complessivi 3.286 posti letto. La media dei contributi erogati per progetto è pari a circa 210.000 euro, con tre tipologie di beneficiari prevalenti:
* per un quarto, cooperative sociali di tipo A;
* per il 20% fondazioni;
* per il 18,5% associazioni riconosciute.
Significativamente, nella maggioranza dei casi (43%), il contributo della Fondazione ha permesso di avviare un servizio che mancava nel territorio di riferimento. Inoltre, tale contributo ha spesso (30% dei casi) consentito al beneficiario di intraprendere un’attività diversa rispetto a quella abitualmente svolta.
Con riferimento alla sostenibilità nel tempo, in quasi tutti i casi (121 su 135), il progetto che ha ricevuto il contributo è tuttora attivo, per un patrimonio immobiliare pari a 734 unità. Inoltre, va evidenziato che, dopo il contributo, circa il 70% dei beneficiari ha avviato nuovi progetti di abitare sociale temporaneo in altri contesti.
Oltre un terzo dei progetti è localizzato in provincia di Milano. Per circa la metà delle unità immobiliari censite, il titolo di godimento da parte del soggetto beneficiario è la proprietà, mentre solo nel 20% dei casi è il comodato gratuito. La regolazione del rapporto contrattuale con l’ospite è invece variabile, in dipendenza del tipo di servizio offerto: nei casi in cui l’offerta dell’alloggio fa parte di un più complessivo progetto d’inclusione, il rapporto tende a basarsi su contratti di ospitalità o sulla semplice sottoscrizione di regolamenti interni; nel caso in cui, invece, i servizi di accompagnamento sono più leggeri, prevalgono i contratti di locazione e di comodato.
I DESTINATARI
In linea generale, l’housing sociale temporaneo si rivolge a situazioni di bisogno socio-economico, familiare (anche di tipo mononucleare, come ad esempio donne sole con figli) o individuale. Nella maggior parte dei casi, gli alloggi sono stati destinati a situazioni caratterizzate da un livello di fragilità medio-alta. Oltre un alloggio su tre è stato destinato a situazioni a elevata fragilità, casi nei quali alle difficoltà economiche si aggiungono ulteriori condizioni di svantaggio, come la non autosufficienza (totale o parziale, ad esempio anziani fragili o disabili) o consistenti rischi di esclusione e marginalità (come ad esempio, nel caso delle persone in uscita da percorsi di tutela, detenzione o dipendenza).
Rispetto al carattere di temporaneità dei progetti mappati, va notato che, in più della metà dei casi, il periodo di permanenza media dell’ospite all’interno della struttura è stato superiore a 2 anni. Ciò sembra dipendere dai tempi lunghi tradizionalmente necessari ai soggetti deboli per uscire da situazioni abitative temporanee, per ragioni sia soggettive (difficoltà a risolvere o gestire le proprie fragilità) che oggettive (scarsità di soluzioni per l’uscita dal servizio di accoglienza temporaneo, come case a canone accessibile, situazioni di co-housing di lungo periodo…).
HOUSING SOCIALE
Nel corso delle diverse edizioni, il campo d’intervento del bando si è sempre più orientato verso esperienze di housing a carattere spiccatamente sociale, limitando le proposte di generica ospitalità temporanea ed escludendo quelle volte a offrire alloggi in locazione anche se a condizioni vantaggiose. L’offerta di housing temporaneo si è così caratterizzata come parte di un più ampio progetto di reinserimento e come dispositivo rilevante per promuovere percorsi evolutivi nelle persone e generare nuova autonomia abitativa e lavorativa.
Tuttavia, la funzione d’integrazione che il contributo fornito dal bando riesce a svolgere, non vale solo per il destinatario del progetto abitativo. Vale anche, in modo significativo, per altri attori. Per gli enti beneficiari, in primo luogo: nei casi più maturi, esso è servito a irrobustire e qualificare il profilo del soggetto gestore, che è riuscito a inserire l’housing nella propria strategia d’intervento. Ma anche per gli enti locali e i servizi invianti, che hanno potuto inserire l’housing temporaneo all’interno del sistema delle politiche socio-assistenziali del territorio e riqualificare la propria spesa sociale, secondo un orientamento che tende a premiare l’acquisizione di autonomia e ridurre i sussidi economici “a fondo perduto”.