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Imposta di registro: conta il valore dell’immobile alla data dell’atto di compravendita

  • Quotidiano Del Condominio
  • 21 febbraio 2020

[A cura di: Marcello Cardone – FiscoOggi] Il valore degli immobili da considerare ai fini del pagamento dell’imposta di registro deve essere determinato tenendo conto della natura del bene alla data dell’atto, senza che abbiano rilievo le successive vicende giudiziarie relative al medesimo bene.

Questo è il principio sancito dalla Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 561 del 15 gennaio 2020.

L’imposta di registro

Prima di esaminare la vicenda specifica, occorre premettere che, ai fini dell’imposta di registro dovuta per i trasferimenti immobiliari, la base imponibile è determinata secondo regole diverse in quanto:

  • in base agli articoli 43 e 51 del testo unico sull’imposta di registro, Dpr n. 131/1986 (Tur), la base imponibile è determinata dal valore venale in comune commercio del bene trasferito;
  • il comma 497 dell’articolo 1 della legge n. 266/2005, in deroga alla normativa sopra richiamata, ha disposto che per le sole cessioni nei confronti di persone fisiche, che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte, professione, e aventi a oggetto abitazioni e relative pertinenze, la base imponibile, su richiesta della parte acquirente resa al notaio, è costituita dal “valore catastale” del bene, prescindendo dal corrispettivo pattuito. È stato, in questo modo, introdotto il criterio del “prezzo valore”.

A seguito di questa modifica normativa, per tutti i trasferimenti immobiliari, come quello oggetto dell’ordinanza in commento, non soggetti alla regola del “prezzo valore”, l’Amministrazione finanziaria può valutare la congruità del valore dichiarato dalle parti e, qualora ritenga detta stima sia inferiore al valore del bene in comune commercio, può richiedere la maggiore imposta, gli interessi e irrogare la sanzione per insufficiente dichiarazione di valore, se ricorrono le condizioni di cui all’articolo 71 del citato Dpr n. 131/1986.

Il caso in esame

Il caso in esame ha riguardato una compravendita immobiliare mediante la quale una società aveva acquistato un terreno che, in base al certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune e allegato all’atto di compravendita, ricadeva in “Area destinata alle Urbanizzazioni – Attrezzature Sportive scoperte in zona di espansione residenziale per l’edilizia economica popolare 167”.

Il corrispettivo indicato in atto dalle parti era stato oggetto di valutazione da parte dell’ufficio, il quale, ritenendo che il valore venale del bene fosse superiore al prezzo pattuito in atto, aveva richiesto la maggiore imposta oltre agli accessori. L’ufficio aveva rideterminato il valore del terreno tenendo conto della sua natura edificabile, risultante dal citato certificato allegato all’atto.

A seguito della notifica dell’avviso di rettifica e liquidazione, le parti hanno presentato ricorso presso la Commissione tributaria provinciale, sostenendo che il terreno oggetto della compravendita non poteva essere valutato come un terreno edificabile, in quanto, dopo la compravendita, era intervenuta una sentenza del Consiglio di Stato con la quale era stata dichiarata illegittima l’approvazione della variante al piano di zona sul quale era sito il terreno stesso. Di conseguenza, era venuta meno la natura edificabile dell’immobile.

I giudici tributari di primo grado avevano accolto la tesi delle parti, mentre in secondo grado, la Ctr della Puglia (sentenza n. 171/2013) aveva ritenuto legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria, in quanto, per effetto del richiamato articolo 43 del Tur, il valore del bene, per i contratti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali deve essere determinato con riferimento alla “data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi”.

A seguito del ricorso presentato dalle parti, la Corte suprema ha confermato che la natura edificabile del terreno era venuta meno per effetto della decisione del Consiglio di Stato emessa a conclusione di un contenzioso amministrativo sorto tra le parti.

Nella motivazione dell’ordinanza in commento, i giudici hanno, soprattutto, evidenziato che:

  • ai sensi dell’articolo 36, secondo comma, del decreto legge n. 223/2006, “un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”;
  • il valore del bene da assumere ai fini del pagamento dell’imposta di registro è quello determinato con riferimento al momento del trasferimento della proprietà. Ciò in coerenza con la natura di imposta d’atto che caratterizza l’imposta di registro.

Sulla base di queste considerazione è stata confermata la sentenza di secondo grado la quale aveva escluso rilievo alle conseguenze che vicende giudiziarie successive alla compravendita potevano avere sulla natura del bene stesso.

Le parti avevano evidenziato che, anche se la sentenza del Consiglio di Stato era intervenuta il 4 dicembre 2008 e, quindi, in data successiva alla compravendita del terreno (27 febbraio 2008), i suoi effetti, in base al principio secondo il quale le conclusioni di una sentenza retroagiscono al momento della domanda, dovevano decorrere già in data anteriore rispetto alla stipula dell’atto, considerato che il ricorso al Consiglio di Stato era stato presentato prima della stipula dell’atto.

Questa osservazione non è stata ritenuta rilevante dai giudici. Infatti, nella motivazione sono state richiamate alcune pronunce della stessa Corte di cassazione, con le quali, in relazione a vicende simili, era stato espresso il principio in base al quale il valore di un bene deve essere determinato con riferimento alla data “in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi”.

Si tratta delle seguenti pronunce:

  • sentenze nn. 22847/2010, 20299/2013 e ordinanza n. 20303/2016, con le quali si è deciso che in caso di trasferimento intervenuto con sentenza adottata ai sensi dell’articolo 2932 del codice civile bisogna fare riferimento non alla data del preliminare, ma alla data della sentenza, considerata la sua efficacia costitutiva;
  • sentenza n. 7877/2012 in cui, relativamente a un contratto sottoposto a condizione sospensiva, si è ritenuto che il valore del bene deve essere determinato con riferimento al momento in cui si verifica la condizione.

Pertanto è stato ritenuto legittimo il comportamento dell’ufficio, che aveva determinato il valore del terreno sulla base della sua natura alla data dell’atto, senza attribuire rilievo alle successive vicende giudiziarie relative al terreno stesso.

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  • Agenzia delle Entrate
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  • sentenze di cassazione
  • terreno edificabile
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