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L’inquadramento fiscale dell’amministratore di condominio

  • Quotidiano Del Condominio
  • 8 aprile 2019

[A cura di: Alessandro Di Francesco, direttore Centro studi nazionale BMItalia | Associazione Nazionale Amministratori Immobiliari & Building Manager] L’art. 71bis delle DD. AA. C.C. ha ampliato la platea dei soggetti che possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio, estendendo tale possibilità anche alle società di cui al titolo V° del libro V° del Codice Civile. Quali allora i possibili inquadramenti fiscali del soggetto amministratore di condominio in funzione della forma giuridica prescelta per l’esercizio dell’attività?

Il reddito

Operiamo innanzitutto un distinguo tra il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni ed il reddito di impresa: il primo è identificato, rispetto al secondo, in forma residuale, vale a dire che in esso sono ricompresi i redditi di tutte le attività autonome che non rientrano nel reddito d’impresa, il quale è invece identificato, secondo la vigente normativa (art. 55 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi), come quello derivante dall’esercizio di imprese commerciali.

I redditi scaturenti dall’esercizio di arti e professioni possono derivare da professioni protette (quelle per le quali vi è obbligo d’iscrizione in appositi albi o elenchi, come avvocati, medici, etc.) e da professioni ed attività non regolamentate con albi o elenchi (amministratori di condominio, agenti pubblicitari, etc.).

Il reddito di lavoro autonomo si qualifica, oltre che per il suo carattere residuale, attraverso l’autonomia e l’abitualità della prestazione. L’autonomia definisce la posizione di indipendenza di colui che esercita l’attività verso chi ne beneficia; inoltre, l’attività professionale, per essere tale, deve essere sempre esercitata con abitualità, mai con carattere occasionale. Quindi: autonomia, uguale indipendenza ed abitualità, uguale non occasionalità.

La professione

Colui che decide dunque di esercitare l’attività di amministratore di condominio in maniera professionale deve per prima cosa aprire una partita IVA utilizzando il modello AA9/12 se persona fisica (ovvero il modello AA7/10 se società o comunque soggetto diverso dalle persone fisiche), con codice attività 683200 (Amministrazione di condomini e gestione di beni immobili per conto terzi); inoltre il neo professionista deve aprire la posizione all’INPS per la gestione separata utilizzando il modello Iscrizione GS – Cod. SC04.

Una volta espletate queste formalità iniziali, dovrà scegliere il regime contabile da adottare tra quelli di seguito elencati:

  • regime di contabilità ordinaria;
  • regime di contabilità semplificata;
  • regime forfettario.

A seconda della forma scelta per l’esercizio dell’attività (se cioè svolta in maniera professionale come lavoratore autonomo, quindi persona fisica, ovvero come società), occorre distinguere i detti regimi, evidenziando le differenze tra imprese e professionisti.

Le imprese

Il regime di contabilità ordinaria è il più complesso ed è obbligatorio per le società di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni). È obbligatorio anche per le società di persone (società in nome collettivo, società in accomandita semplice) che dovessero superare il limite di ricavi ammessi per il regime semplificato, vale a dire un massimo di € 400.000 per chi svolge un’attività di prestazione di servizi e di € 700.000 per chi svolge tutte le altre attività, come volume di affari annuo. L’ammontare dei ricavi è determinato seguendo il principio di competenza. Tale regime può essere inoltre adottato anche dalle imprese che pur avendo i requisiti per applicare il regime semplificato scelgono volutamente il regime della contabilità ordinaria.

Il reddito imponibile delle imprese in contabilità ordinaria è determinato per differenza tra i ricavi tassabili ed i costi deducibili:

  • l’imposta che colpisce il reddito prodotto è l’IRES (imposta sul reddito delle società) per le società di capitali; l’aliquota da applicare sulla base imponibile è pari al 24%, anche se la Legge di Bilancio 2019 ha previsto una riduzione dell’aliquota di 9 punti percentuali (dal 24% al 15%) dell’imposta, per la parte corrispondente agli utili del periodo di imposta precedente, conseguiti nell’esercizio dell’attività, accantonati a riserve diverse da quelle non disponibili, nei limiti dell’importo corrispondente alla somma degli investimenti effettuati in beni strumentali nuovi, e del costo del personale dipendente assunto con contratto a tempo determinato o indeterminato. Tale misura è comunque applicabile anche alle società di persone, alle quali saranno applicate le aliquote a scaglioni IRPEF ridotte di 9 punti percentuali.
  • il reddito delle società di persone viene imputato, indipendentemente dall’effettiva percezione, in capo ai soci, che corrispondono sullo stesso l’IRPEF dovuta.

Tutte le imprese che adottano il regime della contabilità ordinaria sono inoltre soggette ad IRAP (imposta regionale attività produttive).

Il regime di contabilità semplificata è, rispetto al precedente, meno oneroso: le condizioni per accedere a tale regime sono quelle già in precedenza enunciate. Per l’impresa che sceglie di adottare il regime semplificato, il reddito imponibile è determinato seguendo il principio di cassa; anche chi adotta il regime semplificato è soggetto ad IRAP.

Del regime forfettario, per le persone fisiche che esercitano un’attività d’impresa in forma individuale (praticamente artigiani e commercianti), qui non si tratta, in quanto gli amministratori di condominio non possono esercitare l’attività sotto tale forma.

I professionisti

Per i professionisti, il regime contabile naturale è il semplificato in quanto l’ordinario non è previsto: tuttavia è possibile optare per l’adozione di quest’ultimo regime di contabilità per scelta volontaria o per comportamenti concludenti.

Il reddito prodotto è naturalmente soggetto ad IRPEF, e viene determinato in base al principio di cassa; le operazioni sono imponibili ai fini dell’IVA e le prestazioni sono assoggettate all’applicazione della ritenuta d’acconto. Inoltre, se dotati di autonoma organizzazione, i professionisti sono pure soggetti ad IRAP.

Il regime forfettario per i professionisti è ancora più semplice dei precedenti perché consente a tali soggetti, che avviano la propria attività o a quelli già in attività che rispettano alcuni limiti riguardanti principalmente il volume dei ricavi annui, di essere esclusi dalla tenuta delle scritture contabili: è sufficiente conservare le fatture emesse e ricevute.

Il (nuovo) requisito richiesto dalla Legge di bilancio 2019 per accedere a tale regime è che il limite dei ricavi e compensi percepiti nell’anno precedente non sia superiore ad € 65.000 rimanendo aboliti i requisiti richiesti con la precedente normativa. Dal 2020 il limite dei ricavi e compensi percepiti nell’anno precedente sarà innalzato sino ad € 100.000,00 pur se con applicazione della tassazione con aliquote differenti.

Se dunque in possesso dei sopradetti requisiti, chi dovesse optare per il regime forfettario usufruirà di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF pari al 5% per i primi cinque anni di attività (per le start up), e successivamente, a regime, di un’imposta pari al 15% calcolata su un reddito imponibile determinato dal totale dei ricavi annui moltiplicato per un coefficiente di redditività pari al 78% dei compensi percepiti.

Oltre che dell’IRPEF, la suddetta imposta è sostitutiva anche delle addizionali regionali e comunali all’IRPEF e dell’IRAP. Inoltre non si è soggetti all’applicazione dell’IVA né all’applicazione delle ritenute d’acconto. Il professionista che adotta il regime forfettario deve comunque esplicitarlo in fattura mediante un’apposita dicitura.

Formule alternative

L’attività potrebbe essere svolta anche sotto forma di Associazione tra Professionisti (comunemente intesa come Studio Associato). Ferme restando le regole di accesso a tale figura, qui rileva che i compensi per ogni prestazione erogata vengono attribuiti all’associazione: il reddito prodotto dall’associazione è inteso come reddito da lavoro autonomo (e non di impresa) ed è regolato dall’art. 5 del DPR 917/86. I compensi sono dunque percepiti dall’associazione e le quote di partecipazione agli utili sono proporzionate agli incarichi di ciascun associato (a meno che non sia diversamente stabilito nell’atto costitutivo). Ciascun associato rimane soggetto a tassazione IRPEF, in proporzione al reddito prodotto all’interno dell’associazione, la quale è soggetta al pagamento dell’IRAP.

L’evoluzione dell’Associazione tra Professioni è la Società tra Professionisti (STP), che si differenzia dalla prima in quanto può assumere diverse forme giuridiche (società di persone, di capitali, cooperative): è comunque una società che unisce soci iscritti ad organi professionali anche diversi ma che, per il suo carattere multidisciplinare, può aggregare anche soci non iscritti ad alcun organo professionale (a condizione che il loro contributo sia riservato esclusivamente a prestazioni tecniche o investimenti, e siano comunque rispettate altre condizioni).

Il reddito prodotto dalle STP è classificato come reddito d’impresa (secondo le indicazioni contenute nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 35/2018), tranne che nel caso di società semplici per le quali rimane ferma la qualificazione di reddito di lavoro autonomo dei proventi conseguiti. Ovviamente trattandosi di una società è soggetta ad IRAP.

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