[A cura di: dott.ssa Silvia Zanetta] Secondo l’art. 1117 n. 3 c.c., salvo titolo contrario, l’impianto di ascensore si presume di proprietà comune tra tutti i condòmini in proporzione al valore dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva. La previsione tra le parti comuni dell’edificio è motivata per la sua funzione al godimento di tutti i condòmini.
I singoli condòmini possono utilizzare l’ascensore nei limiti di cui all’art. 1102 c.c., e cioè a condizione che non ne venga alterata la destinazione né sia impedito agli altri condòmini di farne uguale uso secondo il loro diritto, nel rispetto altresì delle regole eventualmente stabilite dal regolamento di condominio.
Si noti che quest’ultimo potrebbe anche vietare particolari usi dell’ascensore, come ad esempio il trasporto di materiale edilizio o di immondizia.
L’installazione ex novo di un ascensore all’interno di un condominio dotato esclusivamente di un vano scale costituisce un’innovazione. È bene precisare che non costituiscono innovazione, invece, quegli interventi volti all’adeguamento o all’ammodernamento dell’impianto di ascensore già esistente.
La delibera avente ad oggetto istallazione dell’ascensore deve essere assunta con le maggioranze di cui all’art. 1136 c.c..
L’iniziativa di installare un ascensore all’interno di un condominio che ne è sprovvisto, può essere assunta anche dal singolo condomino e a sue spese, a condizione che l’innovazione sia volta nel suo specifico ed esclusivo interesse. Tale facoltà è ricavabile direttamente dall’art. 1102 c.c., ai sensi del quale, ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, ed a tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa stessa. Limite a tale facoltà è la non alterazione della destinazione e non impedire agli altri condòmini di farne uguale uso secondo il loro diritto.
Nel caso di iniziativa del singolo condomino nel suo interesse, non è necessaria la sussistenza della delibera assembleare di autorizzazione, in quanto l’innovazione costituisce esplicazione di un diritto del singolo condomino, il quale può richiedere direttamente al giudice di accertare che l’opera non travalichi i limiti suddetti.
L’istallazione di un impianto di ascensore può integrare un’innovazione virtuosa, o agevolata, in quanto costituisce un’opera volta a eliminare le barriere architettoniche così come previsto dall’art. 1120, comma II, n. 2), c.c.
Con la sentenza n. 2156/2012 e in senso conforme la sentenza 6109/1994, la Cassazione ha riconosciuto il diritto delle persone affette da condizione di minorazione fisica di installare a proprie spese un ascensore nonostante la modificazione alla cosa comune. In tali pronunce, gli Ermellini hanno ritenuto prevalente la tutela dei diritti costituzionali della salute di cui all’art. 32 Cost. e della funzione sociale della proprietà ex art. 41 Cost., rispetto al pregiudizio arrecato agli altri condòmini non affetti da disabilità, per i quali l’istallazione di un ascensore avrebbe determinato solo disagi e scomodità in virtù della prospettata restrizione della scala condominiale.
A conferma di quanto sopra, la Corte Costituzionale con sentenza 167/1999 ha evidenziato in tema di solidarietà sociale, che “la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento; al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto, peraltro, di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettivo decoro degli edifici interessati”.
La problematica della possibile installazione a proprie spese di un ascensore nel condomino e senza autorizzazione assembleare è stata oggetto di una recente pronuncia del Tribunale di Roma (sentenza 22022/2018). Il caso traeva origine dalla richiesta di due coniugi che vivono all’ultimo piano di un condomino privo di ascensore, di realizzare l’impianto nel vano scala comune in quanto l’uso delle scale era oltremodo gravoso a causa della obesità della moglie.
Convenuto in giudizio, il condominio si opponeva alla domanda evidenziando che i coniugi non avessero lasciato il tempo per esaminare il progetto di fattibilità e che secondo la legge 13/1989 (legge in tema di barriere architettoniche), il singolo condomino può procedere autonomamente e a proprie spese solo per installare il servoscala o altre strutture mobili facilmente amovibili. L’installazione autonoma dell’ascensore era, a parere dei convenuti, non possibile, tanto più che gli attori non erano disabili.
Circa lo status di disabilità, il Tribunale evidenziava che “per disabilità si intende la presenza di una menomazione fisica o psichica che indica lo svantaggio personale che la persona affetta da tale menomazione vive, non solo nel contesto lavorativo. L’handicap è la conseguenza della disabilità: con il termine handicap si vuole indicare, infatti, lo svantaggio sociale vissuto dalla persona a causa della menomazione di cui è affetta”.
Nel caso concreto, i Giudici romani ritenevano che la condizione di obesità della donna è qualificabile quale handicap e si riflette nella libertà di movimento della stessa. Risulta quindi estremamente gravoso per la salute e per l’integrità fisica,salire a piedi sino all’ultimo piano del condominio.
Il Tribunale, richiamando le pronunce sulla solidarietà condominiale, concludeva affermando il diritto degli attori a costruire a loro spese l’ascensore, in quanto la realizzazione dell’impianto era indispensabile per superare una barriera architettonica che incideva in primis sulla libertà di movimento, di vita dei coniugi, ma anche sul godimento dell’immobile.
La ripartizione delle spese di manutenzione dell’ascensore nel condominio, secondo giurisprudenza costante, si deve applicare la regola di cui all’1124 c.c. relativa alla ripartizione tra i condòmini delle spese di ricostruzione oltre che di manutenzione delle scale (cfr. Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile, sentenza 14 luglio 2015, n. 14697, Cassazione civ., Sez. II, 30 aprile 2015, n. 8823; in senso conforme già Cass. 5479/1991).
Per suddividere le spese, è irrilevante il numero di persone appartenenti a un nucleo famigliare. Si noti che la Cassazione ha ritenuto invalida la delibera assembleare, adottata a maggioranza, con la quale si stabilisca, a parità di millesimi e di livello di piano, un onere di contribuzione alle spese di gestione dell’impianto di ascensore più elevato a carico dei condomini con famiglia più numerosa, motivando tale pretesa sul presupposto della più intensa utilizzazione del bene comune (si veda Cassazione, sentenza n. 17557/2014).
L’art. 1124 c.c. si riferisce unicamente alla manutenzione e alla sostituzione (delle scale e) degli ascensori e non anche all’installazione ex novo di un nuovo ascensore.
Nel caso di delibera assembleare avente per oggetto l’installazione ex novo di un ascensore, le spese devono essere ripartite in base ai millesimi, secondo quanto stabilito dall’art. 1123 c.c..