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Amministratori di condominio: ancora un caso di appropriazione indebita

  • Quotidiano Del Condominio
  • 11 febbraio 2020

Una storia infinita. I condòmini scoprono gli ammanchi e li contestano all’amministratore. Lui promette di sanare la situazione, versando quanto prelevato. Ma non lo fa. E si rende irreperibile.

La Cassazione ne conferma la condanna per appropriazione indebita aggravata e continuata, con la sentenza 3816/2020, di cui riportiamo un estratto.

——————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 3816/2020
——————

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato integralmente la sentenza con la quale, in data 01/12/2015, il Tribunale di Vercelli aveva dichiarato G.G., amministratore p.t. del Condominio A., ubicato come meglio precisato in atti, colpevole del reato di appropriazione indebita aggravata e continuata, commessa a far data dal 10/04/2012 in danno del predetto condominio.

Contro la predetta sentenza, l’imputato ha proposto, tempestivamente e nei modi di rito, ricorso per i seguenti motivi:

(omissis)

II)

  • inosservanza dell’art. 646 c.p. e manifesta illogicità della motivazione quanto all’affermazione di responsabilità, asseritamente viziata da travisamento risultante dagli atti oggetto del procedimento;
  • omesso accertamento del momento in cui sarebbe intervenuta l’ipotizzata interversio possessionis;
  • asserita irrilevanza della mera violazione dei limiti del proprio mandato nonché dell’evocato investimento in BOT; – carenza di dolo e di un profitto di terzi.

(omissis)

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile, in parte ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., perché proposto per motivi manifestamente infondati, in parte ai sensi degli artt. 581, comma 1, lett. d) e 591 c.p.p., per difetto della necessaria specificità.

(omissis)

2. Il secondo motivo difetta della necessaria specificità, risultando meramente reiterativi i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e/o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, in difetto del compiuto riferimento alle argomentazioni (giuridicamente corrette, nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede) in virtù delle quali la Corte di appello ha confermato la contestata affermazione di responsabilità, valorizzando, anche attraverso il rinvio alle condivise argomentazioni del Tribunale (come è fisiologico, in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità), il fatto che l’imputato, in difetto di autorizzazioni e senza fornire adeguate giustificazioni, aveva azzerato il “saldo del libretto di risparmio su cui – pacificamente – aveva riversato somme di spettanza del Condominio per l’importo almeno – come dallo stesso ammesso – di euro 30.000”, essendo rimaste non documentate sia la corresponsione di parte di tali somme ai condòmini che non avevano aderito ad una transazione ed al difensore che aveva assistito il Condominio nella relativa vertenza giudiziaria, sia l’effettuazione di lavori urgenti (in vista dei quali sarebbero stati accantonati ulteriori fondi) (f. 5 s. della sentenza impugnata; cfr. anche, più ampiamente e dettagliatamente, f. 3 ss. della sentenza di primo grado).

D’altro canto, come pacificamente emergente dalle acquisite dichiarazioni testimoniali (cfr., in particolare, teste F., motivatamente ritenuta attendibile), fu lo stesso imputato, nel corso dell’assemblea del 9 novembre 2011, a promettere ai condòmini che gli contestavano di essersi reso autore di plurimi ammanchi, che il lunedì successivo (ovvero il 14/11/2011) avrebbe provveduto a sanare la situazione, versando quanto indebitamente trattenuto, senza peraltro provvedervi, rendendosi irreperibile.

2.1. Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente, limitandosi a riproporre una diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti.

(omissis)

4. La declaratoria d’inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa d’inammissibilità per colpa (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta colpa, desumibile dal tenore della rilevata causa d’inammissibilità – della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

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  • amministratori di condominio
  • appropriazione indebita
  • sentenze di cassazione
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