[A cura di: avv. Rodolfo Cusano] Una volta premessa l’applicabilità delle norme sul condominio anche al condominio orizzontale, minimo, al supercondominio e alla multiproprietà, occorre per prima cosa precisare che il condominio, ad oggi, non ha personalità giuridica e che il principio della parziarietà per le obbligazioni contrattuali è pure esso pacifico. Ciò detto, non dovrebbe essere possibile sic et simpliciter procedere al pignoramento del conto corrente condominiale se non per le somme effettivamente dovute dai condòmini morosi. Ma, visto che ciò appare impossibile, perché essi sono morosi, la più logica conclusione dovrebbe essere quella dell’impignorabilità del conto corrente condominiale. Perché su quel conto possono trovarsi solo mezzi versati da condòmini che morosi non sono. Eppure, anche di recente, i Giudici di merito continuano ad autorizzare l’esecuzione dei terzi creditori sul conto corrente condominiale.
La personalità giuridica del condominio non esiste
La personalità giuridica del condominio è rimasta un problema irrisolto. Infatti, anche nella riforma, da più parti si è levata la voce di chi voleva riconoscere al condominio anche se non proprio una personalità giuridica almeno una soggettività giuridica. Così non è stato. I fautori di questa tesi hanno evidenziato, però, che nella nuova normativa sussistono diverse disposizioni che vanno in quella direzione. Essi fanno riferimento all’art. 1117 ter laddove: “Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l’assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio ed i quattro quinti del valore dell’edificio, può modificare la destinazione d’uso delle parti comuni”.
Ovvero, fanno riferimento all’ipotesi in cui il condominio è un soggetto produttore di energia fotovoltaica, dove si rinviene l’esercizio di una vera e propria attività commerciale con connessi adempimenti ai fini Iva ecc. Sul punto si è espressa l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 84/E del 10 agosto 2012 che, in risposta ad un interpello proposto dal Gestore dei servizi energetici, ha spiegato: “La sussistenza di un elemento oggettivo, rappresentato dal conferimento di beni o servizi alla formazione di un fondo comune, e di un elemento soggettivo, costituito dalla comune intenzione dei contraenti di vincolarsi e di collaborare allo scopo di conseguire risultati patrimoniali comuni, identifica un contratto sociale. […] Pertanto, il suddetto accordo individua una società di fatto tra i condòmini. […] Restano esclusi dalla società di fatto i condòmini che non hanno approvato la decisione e che non intendono trarre vantaggio dall’investimento”.
E fanno infine riferimento all’obbligo di costituire un fondo speciale nel caso di ristrutturazione del fabbricato.
Tali normative non sono però sufficienti da sole a determinare l’insorgere della soggettività giuridica in capo al condominio: la prima perché trova il suo elemento giustificatore nella maggioranza qualificata prevista per le modificazioni sostanziali; la seconda perché si è fuori dal mero scopo di godimento proprio del condominio e si è di fronte ad un mero sfruttamento dei beni in comune con uno scopo di lucro proprio delle società. Per cui, anche se auspichiamo al più presto una definizione chiara del legislatore, ad oggi, anche alla luce della nuova normativa, dobbiamo concludere con l’affermare che non si possa affatto parlare di soggettività giuridica del condominio.
I casi di impignorabilità del conto corrente condominiale
L’esigenza di trasparenza dell’attività condominiale ha rappresentato uno dei capisaldi che hanno ispirato il legislatore della riforma attuata con la legge 11 dicembre 2012, n. 220, relativa alla materia condominiale.
L’art. 1129 c.c., così come novellato, se da un lato ha istituzionalizzato il diritto del singolo condomino di chiedere ed ottenere copia della documentazione contabile relativa alla gestione condominiale, dall’altro ha sancito l’obbligo in capo all’amministratore di far transitare le somme, ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi, su uno specifico conto corrente postale o bancario intestato al condominio (cfr art. 1129 comma 7 c.c.).
La norma citata, nel tutelare i rapporti interni tra condominio e condomino, rafforza altresì la tutela creditoria dei terzi che vantano un credito nei confronti del condominio. Il terzo creditore, venuto infatti a conoscenza dell’esistenza del conto corrente postale o bancario, potrà, al fine di recuperare il proprio credito, avvalersi dello strumento dell’espropriazione forzata presso terzi, disciplinato dagli artt. 543 e ss. c.p.c.
Anche tali norme sono state oggetto di innovazioni da parte del legislatore il quale, con la legge 24 dicembre 2012, n. 228, al comma 20, nel riscrivere gli artt. 548 e 549 c.p.c. ha reso più agevole l’accertamento dell’esistenza delle somme presso l’istituto di credito che assume, per effetto del pignoramento, non solo la qualifica di “custode” dei beni pignorati, ma soprattutto la qualifica di “debitor debitoris” nei confronti del creditore procedente.
Tale forma di tutela creditoria, di largo impiego nella prassi, ha in sé il vantaggio, almeno apparente, di “superare” le difficoltà esistenti intorno al concetto di parziarietà delle obbligazioni del condominio nei confronti dei terzi, consentendo al creditore di aggredire il patrimonio pignorando le somme depositate sul conto corrente. Tuttavia, considerato che l’esecuzione forzata ha inizio con il pignoramento consistente in un’ingiunzione che il funzionario U.N.E.P. fa al debitore di astenersi dal compiere qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito, esattamente indicato, i beni che si assoggettano all’esecuzione forzata, si pone il problema di chi debba essere il destinatario dell’ingiunzione di cui all’art. 492 c.p.c., e di chi sia tenuto all’osservanza degli altri obblighi imposti ex lege, al fine di ritenere che il pignoramento sia stato validamente eseguito a danno del condominio-debitore.
Al riguardo, merita di essere considerato che il riconoscimento della personalità giuridica del condominio è rimasto un problema irrisolto anche a seguito della riforma attuata con la legge n. 220 del 22.11.2012. Non avendo, pertanto, il legislatore previsto espressamente la soggettività giuridica del condominio, va da sé che destinatario dell’ingiunzione, dell’invito e dell’avvertimento di cui al 492 c.p.c. dovrà essere l’amministratore, in virtù della rappresentanza ad esso conferita ex art. 1131 c.c., e nominativamente indicato nell’atto, o il singolo condomino.
Ricevuta la notifica dell’atto di pignoramento, l’amministratore dovrà, senza indugio, convocare l’assemblea anche al fine di valutare l’opportunità di estinguere il debito e svincolare le somme oggetto di pignoramento nell’interesse del condominio. Analogamente, l’assemblea valuterà l’opportunità di autorizzare l’amministratore a proporre opposizione avverso l’azionata procedura esecutiva a danno del condominio.
Con specifico riferimento alle somme depositate sul conto corrente acceso nell’interesse del condominio si pone il problema dell’esatta individuazione dei limiti e della portata dell’art. 63 comma 2 delle disposizioni di attuazione del c.c., norma anch’essa sostituita a seguito della riforma. Le somme depositate sul conto corrente potrebbero, infatti, essere state versate solo dai condòmini in regola con i pagamenti, i quali si troverebbero, per avventura, a vedere assoggettare somme maggiori rispetto a quelle effettivamente pro-quota dovute a vantaggio dei terzi creditori che hanno azionato la procedura esecutiva, il tutto in dispregio del principio di parziarietà sancito dalle SS. UU. nella sentenza n. 9148 dell’8 aprile 2008.
Tuttavia, la norma richiamata introduce il c.d. beneficium excussionis, ossia prevede che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condòmini”. Occorre, allora, chiedersi se a seguito della novella è possibile affermare che sia stato reintrodotto il principio della solidarietà delle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
Una risposta affermativa a tale interrogativo porterebbe alla conclusione di ritenere validamente eseguito il pignoramento sul conto corrente anche per somme maggiori di quelle effettivamente dovute, con il solo temperamento del beneficio anzidetto. Tuttavia, un’attenta disamina della norma, anche sulla scorta degli indirizzi forniti in occasione della riforma dal “Dossier Servizio Studi del Senato n. 398 dell’ottobre 2012”, nonché l’interpretazione sistematica fornita dai più attenti lettori, induce a ritenere che quella previsione si riferisca alle sole ipotesi di responsabilità extracontrattuale.
Circoscritto l’ambito di operatività della norma, e ritenuto ancora esistente il principio della parziarietà delle obbligazioni assunte dal condominio a vantaggio di terzi, ne consegue che il creditore procedente si assoggetta al rischio di una eventuale opposizione ex art. 615 c.p.c., laddove la somma sottoposta a pignoramento sia maggiore di quella effettivamente dovuta pro quota dai singoli condòmini.
Quest’ultimi, infatti, anche a mezzo delibera assembleare, potranno far valere, in sede di opposizione, la parziarietà dell’obbligazione facendo emergere l’effettiva entità della somma da loro dovute oppure non dovute affatto in relazione al credito azionato, chiedendo conseguenzialmente la riduzione del pignoramento azionato.
Per cui sembra logico concludere che se il conto corrente condominiale non contiene affatto somme versate dai condòmini morosi, il pignoramento non potrà avere luogo.
Rimane da esaminare il caso che invece sul conto corrente condominiale vi siano somme versate dagli stessi condòmini morosi ma ad altro fine. Cioè versati per esempio per gli oneri condominiali ordinari e non per le somme dovute all’appaltatore che ora agisce esecutivamente. In questo caso, la situazione si fa ancora più difficile. Infatti, per l’amministrazione condominiale dette somme sono state versate per altra finalità ad esempio il pagamento dell’acqua e non per soddisfare il creditore nei cui confronti il condomino è invece moroso. In tale evenienza, mentre per l’amministratore si verifica la perdita della disponibilità economica a seguito del pignoramento, l’assegnazione da parte del giudice costituisce una modifica ex imperi della volontà di destinazione delle somme manifestata dal condomino. In realtà, però, proprio perché il condominio non ha personalità giuridica è come se le somme fossero ancora possedute direttamente dal condomino stesso. Per tale motivo, si sostiene la legittimità dell’assegnazione di dette somme, sia pure versate ad altri fini ma che comunque sono rimaste nella disponibilità del moroso.