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I limiti giuridici e fiscali nella gestione dei patrimoni immobiliari residenziali

  • Quotidiano Del Condominio
  • 21 novembre 2019

Riportiamo, di seguito, un estratto dell’intervento tenuto dal professor Fabrizio Di Lazzaro, docente Ordinario di Economia Aziendale alla Luiss Guido Carli e consigliere di Sidief, nell’ambito del seminario di studio “Investire nella locazione – Limiti e opportunità” organizzato proprio da Sidief e Banca d’Italia.

L’intervento, partendo dall’evoluzione della domanda del settore immobiliare, si focalizza sui vincoli fiscali e giuridici che caratterizzano l’attività di gestione di patrimoni ad uso residenziale svolta attraverso veicoli societari «tradizionali».

Il carico fiscale eccessivo non consente a tale tipologia di attività di affrancarsi dalla natura di investimento prettamente finanziario per diventare un vero e proprio processo industriale.

Sono formulate alcune proposte di modifica della normativa fiscale vigente per le società commerciali.

La gestione

La gestione degli immobili ad uso residenziale richiede un’attività di trasformazione e riqualificazione dell’offerta esistente per adattarla alle mutate richieste del mercato.

Questa attività di gestione, prettamente di natura industriale, non può essere utilmente esercitata nella forma giuridica più confacente, quale quella delle società commerciali, a motivo dei vincoli fiscali e giuridici che ne caratterizzano l’operatività.

In particolare risulta penalizzante il trattamento delle unità residenziali fiscalmente “non strumentali” previsto per le società commerciali, che per vocazione sarebbero i veicoli ideali per gestire processi industriali complessi come quello di valorizzazione e riqualificazione dell’offerta di immobili esistente.

Il trattamento fiscale di tali tipologie di immobili, tra l’altro, non prevede la partecipazione al reddito imponibile sulla base dei costi e ricavi effettivi, contrariamente a quanto avviene per gli immobili definiti fiscalmente «strumentali» (cd.strumentali «per natura»,«per destinazione» o «merce»).

Ne consegue, tra l’altro:

  • la tassazione per rendita catastale anche delle unità immobiliari non locate;
  • l’indeducibilità delle quote di ammortamento, ove imputate, e delle spese di manutenzione eccedenti il limite del 15% dei canoni;
  • l’indeducibilità integrale dell’Imu assolta (diversamente da quella assolta per gli immobili «strumentali», deducibile nella misura del 50% per il 2019 e in misura crescente per le annualità successive);
  • la tassazione dei canoni di locazione non percepiti fino all’ottenimento di un provvedimento giurisdizionale di convalida di sfratto (e, per i soli contratti stipulati a partire dal 1 gennaio 2020, a partire dalla sola ingiunzione di pagamento o intimazione di sfratto per morosità);
  • l’indeducibilità delle perdite su crediti;
  • l’indeducibilità degli oneri finanziari cd «generici»;
  • l’interpretazione controversa sull’esclusione dalle agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie (Agenzia delle Entrate v/giurisprudenza di merito e Cassazione).

La tassazione

La tassazione indiretta (IVA indetraibile/IMU/TASI/TARI) si somma a quella diretta, rendendo il carico fiscale complessivo insostenibile (20% +38% sui ricavi).

Le imposte risultano dovute anche nei casi in cui vi è la perdita del controllo dell’asset, (esempio: immobili occupati abusivamente, situazione che configura, nella sostanza, un esproprio di fatto) e, nonostante alcune recenti prese di posizioni in giurisprudenza con riferimento a occupazioni che comportano la perdita del possesso, questo elemento rappresenta un significativo limite.

Limiti e problematiche

Il trattamento fiscale eccessivamente vessatorio sfavorisce gli investimenti necessari alla riconversione e riqualificazione del patrimonio esistente.

Nonostante alcune recenti pronunce giurisprudenziali (anche della Corte di Cassazione) tendano a riconoscere rilevanza agli immobili residenziali come «strumentali» ove gli stessi costituiscano lo strumento per l’esercizio di attività di impresa, rimane la necessità di un intervento normativo unitario e coordinato.

La gestione dei patrimoni residenziali, conseguentemente, rimane appannaggio di veicoli di natura finanziaria fiscalmente più efficienti che per vocazione, però, non sono focalizzati sull’attività industriale.

Le competenze non disponibili in house spesso vengono acquisite in outsourcing, con evidenti limiti nella gestione e nel controllo del processo.

Vincoli di durata e logiche di tipo speculativo impediscono una gestione strategica di lungo termine del patrimonio.

Si perde quindi di vista il fine prettamente operativo di tale attività e se ne impedisce il proficuo sviluppo.

Le proposte

Per rilanciare l’investimento nel comparto immobiliare residenziale, è auspicabile che tutti gli immobili siano considerati, anche fiscalmente, a carattere strumentale, prevedendo, quindi, che partecipino al reddito imponibile in base ai costi e ricavi effettivi.

Per contrastare possibili finalità elusive, detta possibilità potrebbe essere limitata ai soggetti giuridici o fisici detentori di «grandi proprietà immobiliari» – che quindi esercitano un’attività di gestione di patrimoni immobiliari residenziali di adeguata complessità e rilevanza – fissando eventualmente limiti quantitativi sullo stock di patrimonio,e/o sul capitale e sui ricavi.

Per tali potrebbero intendersi «le proprietà individuate negli accordi territoriali e, comunque, quelle caratterizzate dall’attribuzione, in capo ad un medesimo soggetto, di più di cento unità immobiliari destinate ad uso abitativo anche se ubicate in modo diffuso e frazionato sul territorio nazionale» (cfr. co. 5 art.1 DM16/1/2017 MIT di attuazione del cd «canone concordato»).

Dovrebbe essere rivista l’imposizione diretta e indiretta, prevedendo l’esonero o almeno la riduzione della tassazione in caso di «perdita del controllo» dell’immobile (es. occupazione abusiva).

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  • canone concordato
  • edilizia residenziale riqualificazioni immobiliari
  • gestione immobiliare
  • patrimoni immobiliari
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