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“ALTANA” IN CONDOMINIO: UNA MODIFICA CHE PUÒ ESSERE ILLECITA

  • Redazione
  • 19 dicembre 2016

Qualora il proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale provveda a modificare una parte del tetto trasformandola in terrazza (o occupandola con altra struttura equivalente od omologa) a proprio uso esclusivo, tale modifica è da ritenere illecita, configurandosi l’appropriazione di una parte della cosa comune, che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità di futuro godimento da parte degli altri. È quanto rimarcato dalla corte di cassazione con la sentenza 23243 del 15 novembre 2016, di cui riportiamo un estratto.

—————-

CORTE DI CASSAZIONE

Sez. II civ., sent. 15.11.2016,

n. 23243

—————-

RITENUTO IN FATTO

1. Su domanda proposta da S.B. nei confronti di T.M., entrambi proprietari di unità immobiliari facenti parte del medesimo edificio condominiale, il Tribunale di Venezia – per quanto ancora rileva in questa sede – condannò il convenuto a demolire l’altana che aveva realizzato sul tetto condominiale in spregio della contraria volontà espressa dall’assemblea del condominio.

2. Sul gravame proposto dal T.M., la Corte di Appello di Venezia rigettò la domanda attorea.

3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre S.B. sulla base di quattro motivi.

(omissis)

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo e col secondo motivo del ricorso principale, che possono trattarsi unitariamente, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1102 cod. civ., nonché il vizio di motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di Appello ritenuto che la costruzione dell’altana, da parte del T.M., sul tetto dell’edificio condominiale costituisse esercizio del diritto di uso della cosa comune, non ne alterasse la destinazione e non impedisse agli altri condòmini di farne parimenti uso.

Le censure sono fondate.

Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte è concorde nel ritenere che, in tema di condominio, sono legittimi, ai sensi dell’art. 1102 cod. civ., sia l’utilizzazione della cosa comune da parte del singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, purché nel rispetto delle concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri condòmini, sia l’uso più intenso della cosa, purché non sia alterato il rapporto di equilibrio tra tutti i comproprietari, dovendosi a tal fine avere riguardo all’uso potenziale in relazione ai diritti di ciascuno; con la conseguenza che, per converso, deve qualificarsi illegittima la trasformazione – anche solo di una parte – del tetto dell’edificio in terrazza ad uso esclusivo del singolo condomino, risultando in tal modo alterata la originaria destinazione della cosa comune, sottratta all’utilizzazione da parte degli altri condomini (cfr., ad es., Cass. n. 1737 del 2005; Cass. n. 24414 del 2006 e Cass. n. 5753 del 2007).

La fattispecie sottoposta al giudizio di questa Corte suprema pone la questione della sussistenza della facoltà, alla stregua del disposto dell’art. 1102 cod. civ., per il condomino dell’ultimo piano di un edificio condominiale, di costruire sul tetto dell’edificio stesso una altana, manufatto (tipico soprattutto, ma non solo, della città di Venezia), che consiste in una piattaforma o loggetta realizzata nella parte più elevata di un edificio (ed alla quale si accede, in genere, dall’abbaino, altro tipico elemento dell’architettura veneziana), che, in alcuni casi, può anche sostituire il tetto e che, a differenza delle terrazze e dei balconi, non sporge, di norma, rispetto al corpo principale dell’edificio di pertinenza.

La questione è stata già esaminata e risolta dalla giurisprudenza di questa Corte, che è pervenuta ad affermare il principio – condiviso dal Collegio e dal quale non v’è ragione di discostarsi – secondo cui, in tema di condominio negli edifici, la cosiddetta “altana” (denominata anche “belvedere”), struttura tipica dei palazzi veneziani, non costituisce “nuova fabbrica” in sopraelevazione, agli effetti dell’art. 1127 cod. civ., in quanto dà luogo ad un intervento che non comporta lo spostamento in alto della copertura, mediante occupazione della colonna d’aria sovrastante il medesimo fabbricato, quanto, piuttosto, la modifica della situazione preesistente, attuata attraverso una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte del tetto comune, con relativo potenziale impedimento all’uso degli altri condomini; l’altana, piuttosto, consistendo in una modifica della situazione preesistente mediante una diversa ed esclusiva utilizzazione di una parte della porzione comune del tetto con relativo impedimento agli altri condòmini dell’inerente uso, comporta la violazione del divieto stabilito dall’art. 1120 comma 2 cod. civ., essendo indubbio che gli altri condòmini vengono privati delle potenzialità di uso (come quelle, ad es., riconducibili alla possibilità di installazione di antenne e alla riparazione o manutenzione della copertura stessa) della parte di tetto occupata dalla struttura dell’altana a beneficio esclusivo del condominio che l’ha realizzata (Sez. 2, Sentenza n. 5039 del 28/02/2013; Sez. 2, Ordinanza n. 7906 del 2011, non massimata).

In altre parole, qualora il proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale provveda a modificare una parte del tetto trasformandola in terrazza (od occupandola con altra struttura equivalente od omologa) a proprio uso esclusivo, tale modifica è da ritenere illecita, non potendo essere invocato l’art. 1102 cod. civ., poiché non si è in presenza di una modifica finalizzata al migliore godimento della cosa comune, bensì all’appropriazione di una parte di questa, che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità di futuro godimento da parte degli altri, senza che possa assumere rilievo il fatto che la parte di tetto sostituita od occupata permanentemente continui a svolgere la funzione di copertura dell’immobile.

La Corte territoriale non ha fatto buon governo dei richiamati principi di diritto, affermando apoditticamente che l’altana edificata dal convenuto non rende impossibile l’uso del tetto da parte degli altri condomini.

La sentenza impugnata va pertanto cassata sul punto, con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale, perché provveda ad un’appropriata rivalutazione del fatto attenendosi ai richiamati principi di diritto.

(omissis)

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione accoglie i primi due motivi del ricorso principale; dichiara assorbiti gli altri; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

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