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Parti comuni: non si può impedire l’accesso all’androne ed al terrazzo

  • Quotidiano Del Condominio
  • 30 agosto 2018

Il condomino deve essere messo in condizioni di poter accedere ai beni condominiali ex art. 1117 c.c., ad esempio il terrazzo su cui si trovano le antenne o l’androne dove si trovano i contatori: trattandosi di parti dell’edificio destinate all’uso comune, egli non può essere escluso dal relativo godimento. È la posizione espressa dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 23300/2017, di cui riportiamo un estratto.

—————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 5.10.2017,
n. 23300
—————-

Premesso che

C.L. con atto di citazione del 20 aprile 2005 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Palermo C.R., C.M., C.I. e, premettendo di essere comproprietario con le convenute delle parti comuni dell’edificio sito in Palermo via … lamentava che a seguito della modifica delle chiavi del portoncino di ingresso ad iniziativa delle convenute gli era stato precluso l’accesso all’androne condominiale, ove erano collocati i contatori dell’acqua, nonché l’accesso al terrazzo dello stesso edificio, ove era installata la propria antenna televisiva. Chiedeva, pertanto, che venisse dichiarato il proprio diritto ad accedere liberamente, uti dominus, nelle parti comuni di tale edificio.

Si costituivano le convenute, contestando le domande di parte attrice e chiedendo il rigetto, rilevando che C.L. non aveva alcun diritto sulle parti comuni dello stabile, essendo tale edificio di proprietà esclusiva delle convenute ed, eccependo, in subordine, l’avvenuta usucapione.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 3 giugno 2009, rigettava le domande dell’attore e lo condannava al pagamento delle spese del giudizio.

La Corte di Appello di Palermo, pronunciandosi su appello proposto da C.L., nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1273 del 2016 accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava il diritto di C.L. ad accedere all’androne ed al terrazzo di copertura dell’edificio oggetto del giudizio. Condannava le appellate al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio. Secondo la Corte di Palermo, dovendo ritenere che l’androne e il terrazzo di copertura, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., sono beni condominiali ed essendo l’appartamento di proprietà di C.L. parte del fabbricato di cui si dice, C.L. non poteva essere escluso dal godimento dei beni condominiali.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C.R., C.M., C.I. con ricorso affidato a due motivi. C.I. e C.G.(eredi di C.L.) hanno resistito con controricorso.

Ragioni della decisione

2. Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.). Secondo le ricorrenti, la sentenza impugnata sarebbe illegittima anche perché la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto delle caratteristiche strutturali degli immobili oggetto della controversia.

2.1. Il motivo rimane assorbito perché, quali che fossero le caratteristiche strutturali degli immobili oggetto di controversia, comunque, la Corte distrettuale ha accertato la destinazione all’uso comune dell’area di ingresso o del terrazzo. Senza dire che l’unità di piano terra di proprietà di C.L. (adesso degli eredi) costituisce parte strutturale e funzionale integrante della palazzina condominiale cui ineriscono i diritti sulle parti comuni della palazzina stessa e tra le quali rientrano l’ingresso e la terrazza di copertura, oggettivamente destinati all’uso comune, tanto è vero che, come specifica la stessa sentenza impugnata, nell’androne condominiale si trovavano collocati i contatori dell’acqua e sul terrazzo dell’edificio fino a due anni prima vi era installata la antenna televisiva, appartenente a C.L..

In definitiva, il ricorso va rigettato e ricorrenti in ragione del principio di soccombenza condannati a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo. (omissis).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna le ricorrenti in solido a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in euro 2.200 di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge.

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  • androne
  • giurisprudenza in condominio
  • parti comuni
  • sentenze di cassazione
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