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Opposizione allo sfratto

  • Redazione
  • 23 luglio 2024

Sono molti, soprattutto di questi tempi, gli inquilini ai quali è stato intimato uno sfratto, per morosità o per finita locazione, che si chiedono come fare per opporsi.

La procedura di opposizione allo sfratto non è complessa. In linea generale, ci si può opporre allo sfratto direttamente all’udienza di convalida dello stesso, sia verbalmente sia avvalendosi dell’assistenza di un avvocato munito di procura.

Ma affinché l’opposizione venga accolta devono sussistere validi motivi. Motivi che devono giustificare, ad esempio, il mancato pagamento del canone di locazione o l’errata comunicazione del termine della locazione.

Prima che lo sfratto venga discusso davanti al giudice, il proprietario deve seguire alcuni passaggi preliminari. È infatti necessario:
– Nel caso di un affittuario moroso, l’inoltro di una lettera di diffida in cui si richiede il pagamento delle somme mancanti;
– Nel caso di uno sfratto per finita locazione, l’inoltro di opportuna comunicazione entro sei mesi dalla scadenza del contratto;
– L’intimazione allo sfratto, con la conseguente citazione in giudizio, se la lettera precedentemente inoltrata non ha sortito gli effetti sperati.

Gli articoli 137 e 660 del Codice di Procedura Civile precisano che l’intimazione allo sfratto deve essere notificata in mani proprie all’inquilino, tramite l’ufficiale giudiziario. Se questo non è possibile, è necessario un avviso via raccomandata – o tramite PEC, se l’affittuario rientra nelle categorie sulle quali vige l’obbligo di apertura di una casella di posta certificata – con allegati sia l’atto originale di sfratto sia la citazione in giudizio per la convalida.

Se questi passaggi sono stati rispettati, al momento dell’udienza di convalida – in genere, entro 45 giorni dall’intimazione allo sfratto – l’inquilino o il suo avvocato potranno provvedere all’opposizione. Modalità e motivazioni possono però essere differenti tra lo sfratto per morosità e quello per finita locazione.

Il proprietario di un immobile concesso in affitto può richiedere lo sfratto per morosità quando l’inquilino non corrisponde il canone di locazione anche solo per un mese o, nel caso del mancato pagamento delle spese ordinarie e accessorie, quando la loro somma arriva a due mensilità del canone d’affitto.

Una volta ricevuta l’intimazione allo sfratto per morosità, al momento dell’udienza di convalida l’inquilino può:
– comparire per saldare il debito o richiedere il termine di grazia;
– non comparire, facendo così diventare lo sfratto esecutivo;
– comparire ed opporsi allo sfratto.

Nel caso in cui l’affittuario decida di opporsi allo sfratto, devono essere presentati al giudice dei validi motivi, con relative prove.

Fra le più comuni giustificazioni per l’opposizione, si indicano:
– aver già saldato la morosità contestata, prima della stessa intimazione allo sfratto. In questo caso, l’inquilino sarà tenuto a esibire le prove dei pagamenti effettuati;
– l’esistenza di un credito maturato dall’inquilino nei confronti del locatore, tale da giustificare il mancato pagamento del canone o delle spese, come ad esempio aver sostenuto i costi straordinari a cui avrebbe dovuto invece provvedere il proprietario;
– la richiesta da parte del locatore di una somma sbagliata, rispetto alla morosità effettivamente maturata.

A questo punto, in base alle motivazioni addotte, il giudice decide se convalidare l’istanza di sfratto o, invece, accogliere l’opposizione e procedere così al mutamento di rito. Per effetto dell’articolo 667 del Codice di Procedura Civile, lo stesso mutamento di rito fa scattare l’obbligo della mediazione obbligatoria fra le parti.

In concomitanza con l’udienza di convalida dello sfratto, si può richiedere l’applicazione del cosiddetto “termine di grazia”, in alternativa all’opposizione allo sfratto. Grazie a questo istituto, il giudice può concedere delle tempistiche più ampie all’inquilino affinché possa saldare il suo debito verso il locatore.

Previsto dall’articolo 55 della Legge 392/1978, il “termine di grazia” viene concesso quando l’inquilino dimostra comprovate difficoltà economiche, tali da aver impedito il pagamento del canone d’affitto o delle spese di locazione. In questo caso, il giudice:
– concede 90 giorni per saldare il debito;
– per disoccupati, persone over 65 e individui colpiti da gravi problemi di salute, può concedere fino a 120 giorni per saldare la morosità accumulata.

Se allo scadere del termine di grazia il debito non viene estinto, lo sfratto per morosità viene confermato.

Lo sfratto per finita locazione si verifica quando il locatore, in concomitanza con la scadenza del contratto d’affitto, desidera rientrare in possesso dei suoi locali, non rinnovando quindi gli accordi presi con l’affittuario. Per poter procedere, si rendono necessari:
– l’esistenza di un contratto di locazione regolarmente registrato;
– l’inoltro della comunicazione di intimazione allo sfratto, entro 6 mesi dalla scadenza del contratto per le locazioni a uso residenziale, con le medesime modalità previste per lo sfratto per morosità.

Anche in questo caso, l’inquilino – o l’avvocato munito di procura – ha la facoltà di opporsi allo sfratto per finita locazione in concomitanza con l’udienza di convalida dello stesso. Per questa fattispecie le motivazioni che l’inquilino potrà addurre al giudice, provate da apposita documentazione, sono legate a irregolarità nella comunicazione di intimazione allo sfratto:
– l’inquilino non ha ricevuto la notifica di sfratto entro i termini previsti dalla legge;
– l’affittuario ha ricevuto una notifica irregolare;
– l’inquilino, per cause di forza maggiore, non ha ricevuto l’intimazione allo sfratto e, di conseguenza, risulta suo malgrado assente all’udienza di convalida.

A questo punto, il giudice può decidere di convalidare lo sfratto se i motivi presentati non appaiono sufficientemente fondati o, in alternativa, accogliere l’opposizione e procedere al mutamento di rito. Il mutamento di rito dà luogo all’obbligo di mediazione obbligatoria fra le parti.

Nello sfratto per finita locazione, il giudice può disporre una proroga allo sfratto esecutivo.
Solitamente, in questo caso, il giudice fissa un termine di 6 mesi dalla prima udienza di convalida per l’esecuzione dello sfratto. Questo termine può però arrivare a 18 mesi, in presenza di alcune precise condizioni:
– inquilino di età superiore ai 65 anni;
– locatario con cinque o più figli a carico;
– inquilino disoccupato, iscritto nelle liste di mobilità o titolare di un trattamento di integrazione salariale;
– il locatario sia portatore di handicap, malato terminale o affetto da grave malattia.
– il conduttore sta attendendo di entrare in possesso di un altro alloggio (potrebbe aver acquistato un appartamento in un edificio in costruzione o essere proprietario di un immobile di cui attende la liberazione).

La proroga dell’esecuzione dello sfratto impone il pagamento dei canoni di locazione per tutta la durata dello stesso, anche con maggiorazioni se definite in sede dibattimentale. La proroga può essere concessa una sola volta, dopodiché lo sfratto diventa esecutivo e l’inquilino è tenuto a restituire i locali al proprietario.

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