Il gas viene utilizzato nelle abitazioni per diversi scopi, dal riscaldamento dell’ambiente all’impiego in cucina. L’utilizzo del gas sembra sia quindi necessario per svolgere le attività quotidiane e pensare di eliminarlo per evitare di sobbarcarsi bollette sempre più costose pare dunque impossibile. Ma non è così.
Per eliminare il consumo di gas dalla propria abitazione nel corso del tempo sono infatti stati progettati diversi sistemi. Primo tra tutti, il cappotto termico. Si tratta di una struttura impegnativa e costosa, ma che nel lungo periodo permette davvero di risparmiare sulla manutenzione dell’abitazione e sui costi di riscaldamento e raffrescamento. Grazie al buon isolamento, il primo passo per raggiungere l’indipendenza dal gas è fatto. Un altro investimento impegnativo, ma che si ripaga nel tempo, è l’installazione di un impianto fotovoltaico per produrre energia in maniera autonoma. Per quanto riguarda il riscaldamento, il problema è presto risolvibile con una caldaia a biomasse che utilizza pellet o legna, o con una pompa di calore che sfrutta acqua, aria o terra. Infine, con ’acquisto del piano di cottura a induzione per cucinare e di un boiler elettrico per l’acqua calda, ecco che la bolletta del gas non sarà più un problema.
Un 2021 difficile per molti capoluoghi di provincia italiani, che restano in forte affanno anche nella fase post pandemia. Pochi quelli che sono riusciti a fare la differenza puntando, davvero, sulla sostenibilità ambientale. A renderlo evidente è Ecosistema Urbano 2022, il report di Legambiente realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ORE, che analizza le performance ambientali di 105 Comuni capoluogo tenendo conto di 18 indicatori, distribuiti in sei aree tematiche: aria, acque, rifiuti, mobilità, ambiente urbano ed energia.
La classifica finale del report Ecosistema Urbano 2022, realizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ORE, è stata pubblicata sul Sole 24 Ore. Bolzano diventa la nuova regina green che dal sesto posto dello scorso anno conquista la vetta della classifica e si lascia alle spalle Trento, che scende al secondo posto, Belluno che risale la graduatoria passando dall’ottavo al terzo posto, seguita da Reggio Emilia e Cosenza, unica città del sud a entrare anche quest’anno nella top ten della graduatoria. Chiudono la classifica Alessandria (103esima), Palermo (104esima) e Catania (105esima), che da tempo non riescono a invertire la tendenza e a risalire la classifica.
Nel complesso le metropoli confermano più o meno le performance della passata edizione con qualche oscillazione di classifica in positivo, risalgono ad esempio per Venezia (che 13esima) e Torino (65esima). Oscillazione in negativo, ad esempio, per Genova che scende al 53esimo posto, per Firenze (che slitta al 43esima posto) e Milano (38esima perdendo 8 posizioni). Roma (88esima), invece, non ha risposto quasi per nulla alle domande del questionario Legambiente.
ECOSISTEMA URBANO 2022
Oltre alla classifica sulle performance ambientali, Ecosistema Urbano fa anche un punto generale sul trend che emerge. Nel 2021, in quello che doveva essere l’anno della lenta ripresa post COVID-19 e della messa in campo di interventi concreti, i capoluoghi di provincia confermano la tendenza di stallo degli anni precedenti. Poco propensi a migliorare le proprie performance ambientali, sono paralizzati da alcune emergenze urbane ormai croniche. Più smog con i valori di picco che tornano lentamente a crescere nelle aree urbane storicamente afflitte da mal’aria.
Secondo quanto emerge dal report Ecosistema Urbano 2022, torna a salire la produzione dei rifiuti prodotti – il valore medio arriva a 526 kg pro capite, quasi ai livelli pre-pandemia (erano 514 kg pro capite nel 2020 e, appunto, 530 nel 2019) – nonostante la raccolta differenziata stia migliorando scavalcando la soglia media del 60%. Piccoli segni positivi arrivano, invece, dalla crescita della ciclabilità (km di piste e infrastrutturazione) e dalla diffusione del solare (termico o fotovoltaico) installato su edifici pubblici il cui valore medio, tocca i 5,41 kW/1.000 abitanti. Per quanto riguarda le perdite idriche, rimangono all’incirca costanti le città dove più del 30% dell’acqua viene dispersa (passando da 53 del 2020 a 52 nel 2021), mentre il valore medio dell’acqua che viene dispersa si conferma al 36,0%. Nel 2021 sono sei le città virtuose (erano 5 nel 2020) che riescono a contenere le perdite entro il 15% (Livorno, Macerata, Mantova, Milano, Pavia e Pordenone).
IL REPORT NEL DETTAGLIO: LA CLASSIFICA
La classifica del report Ecosistema Urbano 2022 vede Bolzano, prima in vetta, con il punteggio di 79,02% fa registrare valori buoni in tutti e tre i parametri legati all’inquinamento atmosferico, tutti entro i limiti di legge. Tra i dati che emergono: si conferma oltre il 66% di raccolta differenziata dei rifiuti; migliora in modo evidente negli indici legati al trasporto pubblico dove sale da 68 viaggi per abitante annui agli attuali 78 e cresce anche nel numero di chilometri-vettura per abitante annui dove passa dai 37 della passata edizione ai 43 di quest’anno. Bolzano disperde meno di un terzo dell’acqua immessa in rete (29,6%, era al 31% lo scorso anno); cresce ancora nelle infrastrutture dedicate alla ciclabilità dove sale dai 16,81 metri equivalenti ogni 100 abitanti della passata edizione agli attuali 18,99; aumenta i Kw installati su edifici pubblici ogni 1000 abitanti passando dai 3,89 della scorsa edizione agli attuali 5,99.
Trento, seconda in classifica, mantiene una sufficiente qualità dell’aria anche se fa registrare una lieve flessione nelle medie relative a NO2 e Pm10, mentre migliora di pochissimo nei giorni di superamento dell’ozono; diminuiscono leggermente i consumi idrici che passano dai 151,3 litri procapite al giorno dello scorso anno agli attuali 149,7. Cresce ancora la percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato dove Trento passa da un già ottimo 83,1% della passata edizione all’attuale 83,8% (quinto posto assoluto in questo indice). Aumentano i passeggeri trasportati dal servizio di Tpl che passano da 101 viaggi per abitante/anno della passata edizione agli attuali 123, facendo di Trento la terza in questo indice tra le città medie, dopo Cagliari e Brescia.
Belluno con il punteggio di 73,74% ottiene il terzo posto. Mantiene un buon livello complessivo nella qualità dell’aria, per tutti e tre gli indici esaminati dal rapporto, pur peggiorando leggermente nelle medie relative al NO2: da 19 microgrammi al metro cubo della passata edizione sale a 22,5. Scendono i consumi idrici, da 130,5 litri per abitante al giorno agli attuali 125,9; continua a migliorare la percentuale di rifiuti raccolti in modo differenziato che cresce dal già ottimo 82,8%, registrato nella passata edizione, all’attuale 83,9% che la fa salire al quarto posto assoluto in questo indice. Salgono sia i viaggi effettuati sui bus dai bellunesi (dai 17 viaggi per abitante all’anno del report 2021, ai 65 di quest’anno), indice nel quale Belluno è terza assoluta tra le piccole città, che l’offerta di vetture per chilometro a disposizione che passa dalle 18 vetture per chilometro per abitante all’anno alle attuali 24.
ECOSISTEMA URBANO PREMIA LE BUONE PRATICHE
Quest’anno sono in tutto 16 le buone pratiche premiate da Ecosistema Urbano. Parole d’ordine mobilità sostenibile, verde urbano e percorsi partecipati. Si va ad esempio dalla rete ciclabile strategica di Agrigento, finanziata dalla Regione Sicilia con oltre 3 milioni di euro, che permetterà a turisti e agrigentini di muoversi in modo sostenibile e sicuro nel centro urbano; alla pista ciclabile sostenibile di Genova che dal centro punta alle spiagge del levante, per arrivare la rete interconnessa di Lecce ispirata alla bicipolitana di Pesaro. Da Prato dove si sta coltivando la prima “giungla urbana”, attraverso il progetto Prato Urban Jungle che riqualificherà aree marginali trasformandole in spazi ad alta densità di verde agli esempi di riconversione sostenibile di spazi pubblici degradati o non fruibili in sicurezza dai cittadini: dal Parco delle Cave di Brescia, 900 ettari di area naturalistica riqualificata dal Comune attraverso percorsi partecipati al recupero di alcune aree periferiche ex-industriali di Perugia.
PAROLA AGLI ESPERTI
“Dalla fotografia di Ecosistema Urbano 2022 – dichiara in una nota Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – non vediamo quel cambio di passo repentino che impone l’emergenza energetica, ambientale e sociale. In tutte le città serve velocizzare gli interventi, diffondere gli impianti fotovoltaici sui tetti e le comunità energetiche rinnovabili, riqualificare gli edifici, promuovere l’elettrificazione del trasporto pubblico e privato, completare fognature e depuratori, realizzare gli impianti dell’economia circolare, a partire da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per produrre biometano e compost di qualità, di riciclo chimico delle plastiche miste e quelli per recuperare le terre rare dai rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Queste sono le sfide che attendono il nuovo governo. La transizione ecologica dei capoluoghi italiani dipende dalle scelte dei Comuni ma soprattutto da quelle che verranno fatte a livello nazionale dall’esecutivo. Da parte nostra ci auguriamo di non perdere tempo a discutere di progetti inutili come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma daremo il nostro contributo per dare concretezza alle opere pubbliche e agli impianti per la transizione ecologica che serve al Paese”.
“Le città – spiega in una nota Mirko Laurenti, responsabile Ecosistema Urbano – devono essere protagoniste di una nuova ripartenza capace di ripensare l’organizzazione, la forma e le funzioni dei quartieri, il modo con cui le persone si muovono nei centri urbani, garantendo insediamenti multifunzionali e inclusivi. C’è urgenza e necessità di città ben pianificate, che combinino spazi residenziali, commerciali, spazi pubblici e alloggi a prezzi accessibili, per un maggior benessere delle comunità. Le aree urbane che riescono a garantire salute, alloggi e sicurezza ai gruppi più fragili, possono contribuire al new normal, affrontando la povertà e le disuguaglianze, ricostruendo un’economia urbana, rendendo più chiare legislazione urbana e governance”.
Ecco le performance ambientali delle città italiane nel 2021. Il report Ecosistema Urbano 2022
Il ferro da stiro è uno degli elettrodomestici presenti in ogni casa. E mentre qualcuno lo considera uno strumento quasi inutile, dalla maggior parte delle persone è considerato indispensabile. Se utilizzato con frequenza, può però comportare un discreto impatto sui consumi elettrici complessivi di un nucleo familiare.
Ma quanto consuma un ferro da stiro? O meglio, come variano i consumi in base alla sua tipologia?
Esistono diversi tipi di ferro da stiro, e diverso è il consumo energetico di ogni modello. I modelli più comuni sono tre: ferro da stiro compatto; ferro da stiro con caldaia; ferro da stiro generatore di vapore.
Il ferro da stiro compatto dispone di un serbatoio e la piastra viene riscaldata da una serpentina elettrica. L’acqua all’interno del serbatoio finisce in parte sulla piastra rilasciando anche del vapore. Considerando un costo medio dell’energia elettrica di circa 0,25 €/kWh, in base alla potenza dell’elettrodomestico, un ferro da stiro compatto di 2000-2600Watt consuma in media tra 0,50-0,65 euro l’ora.
Il ferro da stiro con caldaia è solitamente più pesante, e viene indicato come l’ideale per lunghe sessioni necessarie a stirare tutti i panni. La sua potenza può variare tra i 1800-2400 Watt, e consuma 0,45-0,60 euro l’ora.
I ferri da stiro generatori di vapore sono come quelli compatti, ma hanno un serbato più grande che è separato dal ferro. In media hanno la potenza di 2400 W e un consumo tra o 0,50-0,60 euro l’ora.
In media, quindi, in un’ora un ferro da stiro consuma in media per un valore energetico di 50 centesimi. Per risparmiare tempo è denaro, è quindi opportuno stirare solo gli indumenti che necessitano di stiratura, come le camicie. Per migliorare la resa utilizzare il meno possibile il ferro da stiro è bene stendere gli abiti in modo che si asciughino con meno pieghe. Inoltre, è preferibile stirare solo quando ci sono molti indumenti: è Infatti più conveniente utilizzare l’elettrodomestico quando si prevede di consumare quasi tutta l’acqua che si andrà a riscaldare. Fondamentale è non lasciare il ferro da stiro acceso per ore.
La proprietaria di un immobile ha vinto la battaglia legale al Tar della Liguria contro il Comune di Chiavari (Genova) che le aveva negato la sanatoria per un armadio posizionato sul terrazzo di casa, condannando l’ente locale a pagare 2.500 euro di spese giudiziarie. La ricorrente aveva posizionato un arredo amovibile, una armadiatura in legno lamellare, non fissata al suolo, ma “appoggiata su travetti in legno posati sul lastrico solare”, utilizzata per riporre periodicamente arredi esterni (come sdraio e tavolini).
“Pur essendo convinta della non necessità di un provvedimento autorizzativo, inoltrava comunque una istanza di accertamento a cui era seguito un diniego del Comune alla sanatoria – spiega il Tar nella sentenza – Non si rinvengono i presupposti che consentano di ritenere che l’intervento costituisca un volume rilevante in senso urbanistico-edilizio, ossia una costruzione edilizia o comunque una variazione rilevante dell’unità immobiliare cui accede. Il Comune di Chiavari dovrà pronunciarsi nuovamente sull’istanza, tenendo conto della effettiva natura del manufatto”.
Fonte: Agenzia Ansa
La legge non vieta di tenere dei cani in casa, e neppure pone un limite numerico. Analogamente, il condominio non può vietare di tenere nella propria abitazione un animale di compagnia, a meno che nel regolamento ci sia una clausola in tal senso approvata da tutti i condòmini.
Questo, però, non significa che il padrone del cane non debba assumersi determinate responsabilità e rispettare alcuni obblighi di carattere amministrativo, che consistono nell’iscrizione dell’animale all’anagrafe canina; civile, evitando di recare molestie ai vicini e tenendo puliti gli ambienti privati e comuni; penale, cercando di non disturbare la quiete pubblica di tutto il palazzo con rumori molesti.
Se non esiste un limite legale sul numero dei cani da tenere in casa, c’è però l’obbligo di consentire eventuali controlli sulle condizioni in cui vengono tenuti: impedire che gli organi preposti possano effettuare queste verifiche comporterebbe il rischio di vedersi arrivare gli ispettori o degli agenti con in mano un mandato della Procura. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, è possibile procedere al sequestro del cane ogni volta che c’è una reiterazione del reato, magari perché il cane abbaia o piange in continuazione e disturba tutto il condominio.
Il fatto che la legge non ponga un limite al numero di cani che si possono tenere in casa e che il regolamento del condominio non possa vietare di tenere un animale, non significa che li si possa tenere in qualsiasi modo.
A confermarlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 39844 del 2022, riguardante un caso di abbandono di animali, illecito punito dal Codice penale. Al centro della vicenda finita davanti agli ermellini, sette cani tenuti chiusi in una stanza all’interno di un appartamento di 40 metri quadri e in condizioni igieniche precarie.
Costringere quelle povere sette bestie, di cui cinque cuccioli, a vivere in quelle condizioni è reato, secondo la Suprema Corte. Già la Corte d’appello aveva accertato le condizioni di sporcizia dell’immobile e il fatto che l’igiene era praticamente inesistente, in un contesto fatto di pareti scrostate e piene di muffa, rifiuti vari per terra, mobili ammassati, piatti non lavati, panni ammucchiati e pavimento lercio. Inoltre, niente luce, a causa della tapparella rotta. I cani, inoltre, apparivano visibilmente trascurati e sporchi. Quanto basta, hanno scritto i giudici nella sentenza, per “una detenzione in condizioni incompatibili con la natura degli animali e produttiva di grandi sofferenze”.
Parole confermate dalla Cassazione: non basta portare i cani a spasso ogni giorno per dimostrare di avere cura di loro, e nemmeno che ogni tanto si dia loro da mangiare. Come non è sufficiente argomentare che, siccome cinque dei sette cani erano cuccioli, una stanza piccola era per loro sufficiente.
Secondo la Suprema Corte, per configurare il reato di abbandono di animali è sufficiente tenerli in condizioni che creano nei cani non solo un processo patologico, cioè delle malattie, ma anche delle sofferenze. “Non va dimenticato a tal proposito – conclude la sentenza – che, secondo la legge n. 473 del 1993, gli animali di compagnia godono di una tutela diretta orientata a ritenerli come esseri viventi, e come tali devono essere considerati e trattati”.
https://www.laleggepertutti.it/604264_troppi-cani-in-casa-cosa-si-rischia
Nonostante l’iscrizione al Registro pubblico delle opposizioni, le “molestie telefoniche” delle società proseguono, anche se la legge obbliga l’operatore a verificare se il numero che sta per chiamare si trova nell’elenco di chi non vuole essere contattato. Non resta, dunque, che segnalare l’abuso all’Autorità garante della privacy
In pratica, occorre accedere via web alla pagina del Garante della privacy e compilare un modulo da inviare all’operatore economico per conto del quale è stata effettuata la chiamata indesiderata. Se entro un mese – che possono però anche salire a tre – non arriva alcun riscontro e le telefonate dello stesso operatore economico continuano, si può presentare un reclamo o una segnalazione al Garante della privacy, indicando le telefonate ricevute. La segnalazione consentirà al Garante di adempiere ai suoi compiti istituzionali di controllo.
Resilienza, decarbonizzazione, sufficienza energetica, economia circolare. Sono questi i temi principali dell’evento inaugurale di Restructura 2022, il salone organizzato da Gl Events Italia che, nel Padiglione 3 del Lingotto Fiere di Torino, da oggi al 19 novembre.
“Solo attraverso la visione sistemica del dove si vuole andare è possibile individuare le giuste modalità di sviluppare il futuro delle città. Il nostro Comune si sta impegnando nella revisione del piano regolatore, anche se deve essere fatto in sinergia con la revisione della legge regionale, nel frattempo abbiamo introdotto alcune misure come la delibera sull’uso temporaneo degli edifici che servono a velocizzare la risposta per il recupero dell’esistente” hanno detto Carlo Patrizio, ingegnere e urbanista e Paolo Mazzoleni, architetto e assessore all’urbanistica del comune di Torino. Di fronte alla città anche la sfida dell’economia circolare: il legno (e più in generale le tecnologie off-site) diventano strategiche per costruire architetture a basso impatto, efficienti, circolari e pensate nell’ottica della decostruzione.
“Oggi alle città viene chiesto di abbassare i consumi e diventare smart ed efficienti. Tuttavia non si vive di solo risparmio energetico. L’efficienza va applicata e consente anche risparmi fino al 60-70%. Ma poi occorre agire con criterio, ricordando che ci sono altri impatti da preservare. Quali la bellezza, la vivibilità e la sicurezza dei luoghi” ha sottolineato Marco Palandella, docente di lighting tecnique all’università Supsy di Lugano, alle spalle lo sviluppo di molteplici progetti di illuminazione nel mondo, dalla Cina, alla Russia.
Agenzia Ansa e Ufficio Stampa Restructura
Gli obblighi di informazione completa al lavoratore sulle condizioni di lavoro, previsti dal recente Decreto Trasparenza n. 104 2022 si applicano anche al lavoro domestico.
I privati che assumono colf badanti baby-sitter devono quindi inserire nel contratto di assunzione un documento che illustra i vari aspetti del lavoro che sono chiamati a svolgere con maggiore dettaglio rispetto al passato. In caso contrario si può andare incontro alle sanzioni amministrative previste per le aziende, che vanno da 250 a 1500 euro per ogni lavoratore coinvolto dalla mancata comunicazione.
Le associazioni che assistono le famiglie con lavoratori domestici hanno richiesto al Governo una speciale deroga con sospensione delle sanzioni per i primi mesi di applicazione per i datori di lavoro privati, che spesso non hanno assistenza. Ad oggi non è arrivata alcuna risposta. In attesa di possibili comunicazioni, ecco il riepilogo dei nuovi obblighi, in vigore dal 13 agosto 2022.
Al momento dell’assunzione del lavoratore domestico devono quindi essere indicati in dettaglio: i dati del datore di lavoro e del lavoratore; la sede di lavoro; il contratto di lavoro applicabile, inquadramento e livello del lavoratore; la durata del periodo di prova; l’importo della retribuzione con gli elementi che la compongono; le modalità di pagamento; la durata delle ferie e i congedi retribuiti che spettano al dipendente; l’organizzazione dell’orario di lavoro ordinario e straordinario (nel caso in cui l’orario sia variabile va specificato come e quando vengono comunicate le variazioni e il preavviso con cui rendersi disponibile); la durata del preavviso per licenziamento o dimissioni; a quale ente vanno versati i contributi previdenziali.
Si ricorda, infine, che sono obbligati a fornire le informazioni entro 5 giorni dall’assunzione i datori di lavoro che hanno stipulato nuovi contratti a partire dal 13 agosto 2022. Mentre per i lavoratori già assunti prima del 13 agosto l’obbligo scatta solo se il dipendente ne fa richiesta scritta.
Per parlare di regime delle distanze in edilizia è necessario fare riferimento al diritto civile, in quanto è l’art. 873 a stabilire che tra le costruzioni deve essere assicurata una distanza minima. A questo, si aggiungono eventuali ulteriori indicazioni regolamentari, ad esempio contenute nei singoli Regolamenti edilizi comunali o leggi speciali che intervengono in materia, come ad esempio il DM 1444/68.
L’articolo 873 del codice civile: la distanza tra due costruzioni
L’articolo 873 del codice civile è il punto di partenza per approfondire il tema del regime delle distanze in edilizia. Il codice civile, con questo articolo, definisce che tra due costruzioni, anche se su fondi non contigui, devono essere assicurati almeno 3 metri di distanza. I regolamenti edilizi, poi, possono essere ulteriormente stringenti e aumentare quanto previsto dal codice civile.
Lo scopo è quello di assicurare che tutti gli edifici possano contare su adeguate condizioni di igiene e salubrità.- Una vicinanza eccessiva, infatti, potrebbe incidere negativamente sulla quantità di aria e di luce che raggiunge gli ambienti interni abitati, con conseguenze sul loro comfort e sulla qualità dell’aria. Per questo motivo, sono state introdotte la cosiddetta “zona di rispetto” e il criterio di prevenzione.
Il criterio di prevenzione e le possibilità di chi costruisce per primo
La zona di rispetto, secondo il criterio minimo di prevenzione, ha l’obiettivo di evitare intercapedini dannose. Tramite il principio di prevenzione, proprio per assicurare lo scopo appena detto, si offre a chi edifica per primo la possibilità di scegliere come costruire.
La scelta è triplice e prevede la possibilità di:
Costruire ad una distanza dal confine pari alla metà di quella totale che va rispettata tra due fabbricati. Quindi- se è di 3 metri- l’edificio verrà realizzato a 1,5 metri dal limite del fondo di proprietà.
Costruire ad una distanza inferiore rispetto alla metà di quella che andrebbe garantita tra i due fabbricati, a scelta del proprietario;
Costruire sul confine della proprietà, senza alcun distanziamento.
Da ciò deriva l’obbligo di chi costruisce successivamente di adeguarsi a quanto già realizzato e definire la distanza del proprio edificio da quello esistente in base ai limiti e alle condizioni previste per legge. Nel dettaglio, sono gli art. 873, 875 e 877 a regolare il principio di prevenzione.
Cosa può fare chi costruisce in un secondo momento
Quando si costruisce un edificio a fianco di uno esistente, quindi, si dovranno rispettare i limiti sopra definiti. Se il vicino ha costruito a 1,5 metri, ad esempio, anche chi realizza il secondo edificio dovrà rispettare la medesima distanza.
In alcuni casi, però, ci sono delle alternative valide. Ad esempio, nel caso ci sia un edificio esistente costruito sul confine, il secondo non è costretto ad arretrare di 3 metri. Una prima soluzione, infatti, è quella di costruire in appoggio, chiedendo la comunione forzosa del muro, o in aderenza e arrivando fino ad esso con il proprio edificio.
Si parla di costruzioni appoggiate se sono unite da un punto di vista strutturale e il muro è condiviso, di costruzioni in aderenza se i due edifici sono tra loro autonomi, ma senza alcuna intercapedine che li divide.
Una scelta simile può essere fatta anche quando il vicino ha costruito ad una distanza inferiore alla metà di quella totale prevista. In questo caso, chi costruisce per secondo può arrivare fino al fabbricato esistente, pagando il valore del muro, che diventerà comune, e del suolo occupato- . In realtà, in alcuni casi è anche possibile chiedere l’arretramento del fabbricato esistente o la demolizione di alcuni muri. Ad esempio, se l’edificio esistente presenta delle rientranze che non permettono la costruzione in linea retta lungo il confine, è possibile chiederne l’eliminazione.
Quando le distanze tra due edifici aumentano
L’art. 9 del DM 1444/1968 tratta di densità edilizia, altezze, distanze tra fabbricati e pone ulteriori limiti. Un primo aspetto da considerare riguarda la distanza tra due edifici antistanti separati da una strada.
In queste circostanze, la distanza minima corrisponde alla dimensione della strada che li divide, maggiorata di:
– 5 metri per lato se la larghezza della strada è inferiore ai 7 metri;
– 7,50 metri per lato, per strade tra 7 e 15 metri;
– 10 metri per lato, per strade di larghezza superiore a 15 metri.
Inoltre, nel decreto, viene fatta una distinzione tra le differenti zone territoriali omogenee secondo quanto indicato dalla Legge 6 agosto 1967, n. 765, secondo cui la Zona A raccoglie gli agglomerati urbani di carattere storico, artistico o di pregio ambientale; la Zona B le altre parti edificate; la Zona C le aree destinate alle nuove costruzioni.
Le indicazioni specifiche per queste aree, che modificano la regola dei 3 metri nel caso di almeno una parete finestrata, sono:
– Zone A: in caso di ristrutturazioni e risanamenti si deve mantenere almeno la distanza preesistente, senza considerare però eventuali costruzioni aggiuntive successive, di alcun valore storico, artistico o ambientale;
Tutti i nuovi edifici ricadenti in altre zone devono garantire almeno 10 metri di distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.
Se i nuovi edifici sono più alti di 12 metri, però, la distanza cresce e diventa pari all’altezza dell’edificio più alto dei due che si fronteggiano.
I termosifoni sono ormai indispensabili in tutte le abitazioni. Servono per riscaldare l’ambiente, prevengono la muffa lontana e spesso costituiscono un elemento di design per impreziosire la casa. Grazie ai numerosi bonus edilizi attualmente in vigore è possibile, almeno fino alla fine dell’anno in corso, detrarre la spesa per l’acquisto e il montaggio di nuovi caloriferi, radiatori e pannelli a pavimento o a parete.
La detrazione spetta a chi sostiene la spesa, anche se si tratta del nudo proprietario o dell’inquilino in affitto.
La sostituzione dei termosifoni è considerata un intervento trainato. Pertanto la legge richiede che, per usufruire delle agevolazioni fiscali, venga eseguito almeno un lavoro trainante, quale la sostituzione del generatore di calore con un impianto nuovo a condensazione con efficienza pari a quelle di Classe A; oppure l’isolamento termico dell’edificio; o, ancora, la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati con efficienza almeno pari alla classe A, pompa di calore, ibridi o geotermici.
I richiedenti dell’agevolazione fiscale devono indicare nel modello 730 la spesa sostenuta per l’acquisto dei nuovi termosifoni e per il loro montaggio da parte della ditta incaricata. Fondamentale, per portare in detrazione la spesa, è che i pagamenti siano avvenuti tramite mezzi tracciabili, quindi con bonifico bancario o postale, e non in contanti o con carte di credito o debito. Il bonifico, inoltre, affinché sia riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate, deve riportare le seguenti informazioni: data e numero della fattura emessa; codice fiscale o numero di partita IVA della ditta che riceve il pagamento; causale del bonifico “Detrazione del 50% ai sensi dell’art. 16/bis del DPR del 22 Dicembre 1986 n. 917 e successive modifiche”, dicitura espressamente indicata all’articolo 16-bis del Dpr 917/1986; codice fiscale del richiedente.
Il bonus termosifoni consiste nella detrazione IRPEF del 50% suddivisa in 10 quote annuali di pari importo. Il richiedente, a sua discrezione, può indicare il metodo che preferisce tra sconto in fattura da richiedere al fornitore, oppure la cessione del credito.
La detrazione massima spettante è pari a 48.000 euro, cioè il 50 per cento di 96.000 euro, il tetto massimo previsto dalla legge per ogni appartamento.
La detrazione del 50% sulla sostituzione dei termosifoni non richiede alcuna comunicazione al Comune di residenza e nemmeno all’amministratore se l’immobile è ubicato in un contesto condominiale. Questa tipologia d’intervento non è infatti considerata né manutenzione straordinaria, e neppure ristrutturazione interna. La ditta che esegue i lavori e il richiedente non sono quindi tenuti a comunicare l’inizio e la fine dei lavori all’ENEA, qualora si richieda il Bonus ristrutturazioni. L’unica documentazione obbligatoria per legge al fine di ottenere le agevolazioni fiscali è la certificazione della ditta.
Invece, chi acquista nuovi termosifoni richiedendo il bonus al 65% deve conservare l’asseverazione tecnica. Prima di eseguire i lavori è comunque opportuno verificare sul sito del Comune se anche per questa tipologia d’intervento sia richiesta una documentazione specifica.
Qui i soggetti che per legge possono usufruire delle agevolazioni fiscali per la sostituzione dei termosifoni sono i proprietari dell’immobile sul quale sono eseguiti i lavori; chi ne ha il diritto di godimento o la nuda proprietà; gli affittuari con regolare contratto di locazione. Sono autorizzati a detrarre la spesa coniuge, componente dell’unione civile, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado.