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Come agire nei confronti del condomino moroso fallito

  • Quotidiano Del Condominio
  • 8 marzo 2018

[A cura di: dott.ssa Silvia Zanetta] Circa gli obblighi che sorgono in capo al condominio nel caso di condomino moroso fallito proprietario di un immobile, ove non esercita diritto di abitazione sullo stesso, occorre preliminarmente distinguere due tipi di crediti.

  1. Oneri condominiali precedenti al fallimento. In questa ipotesi, il Condominio deve proporre un’istanza di insinuazione al passivo fallimentare ex art. 93 L.F., almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo. Lo scopo dell’istanza è chiedere al Giudice delegato di essere ammesso, nel concorso con gli altri creditori del fallito, alla ripartizione del ricavato riveniente dalla massa attiva della procedura o delle somme già liquide presenti nel patrimonio del soggetto sottoposto a curatela. Si tratta di un credito chirografario, ossia il condominio non gode dunque di alcun privilegio ed usufruisce del riparto del passivo solo dopo che siano stati soddisfatti sia i crediti prededucibili che i crediti privilegiati.
    Nell’istanza, il condominio deve indicare il credito vantato nei confronti del condomino fallito e a cui occorre allegare i rendiconti comprovanti le somme richieste e le relative delibere di approvazione: il tutto entro il termine indicato dal curatore fallimentare. Nel caso in cui sia impossibile presentare istanza nei termini (per la mancata conoscenza della procedura o per disguidi nelle comunicazioni del curatore), il condominio creditore potrà presentare istanza tardiva ex art. 101, comma 1, L.F.. Per poter essere ammessa l’istanza deve pervenire al Tribunale fallimentare non oltre i 12 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo.
  2. Oneri condominiali successivi al fallimento. I crediti relativi alle spese inerenti la gestione dell’immobile nel periodo in cui esso è acquisito nella disponibilità della massa fallimentare sono considerati crediti “prededucibili” ai sensi dell’art. 111 bis L.F., inserito dal D.Lgs. n. 5/2006 e dell’art. 111, comma 2, L.F..
    Nel caso di oneri su un immobile sito in condominio, non abitato dal fallito, le spese ordinarie temporaneamente devono essere sostenute dai condòmini secondo il criterio di riparto dei millesimi di proprietà. Giurisprudenza insegna “in riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi – in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l’amministratore i singoli condòmini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio – la responsabilità dei condòmini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie.” (cfr. Corte di Cassazione, Sezione Unite civile Sentenza 8 aprile 2008, n. 9148).
    Ulteriore strumento per garantire il pagamento dei crediti è il meccanismo c.d. del “fondo speciale” di cui all’art. 1135 c.c. comma I, punto 4. Il fondo speciale opera ex lege nel caso di lavori straordinari, e viene ammesso dalla dottrina anche nel caso di condomino fallito.

Riscossione

L’imputazione delle spese dell’immobile del condomino fallito moroso a capo del condominio è fondato in virtù del principio di solidarietà condominiale ex art. 63 disp. Att. c.c., secondo il quale tutti i condòmini sono responsabili verso terzi, anche per la quota di spettanza del fallito.

L’art. 63 disp. att. c.c. prevede che «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condòmini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condòmini».

Si noti che il creditore deve dar prova del tentativo di escussione nei confronti del debitore principale, ossia prova che non vi fossero altri beni idonei a soddisfare il suo credito. Infatti Cassazione insegna che non è sufficiente “l’esistenza di una mera parvenza di esecuzione, quale deve considerarsi l’inutile esperimento di un tentativo di pignoramento mobiliare presso il debitore, quando non risultino effettuate idonee ricerche a carico del debitore medesimo, in ordine alla eventuale titolarità, in capo allo stesso, di crediti verso terzi o di beni e diritti immobiliari seguite, se positive, da esecuzione forzata ai sensi, rispettivamente, dell’art. 543 e segg. cod. proc. civ. e dell’art. 555 e segg. cod. proc. civ.” (Cass., 2 aprile 2002, n. 4666). Si evidenzia che a tale onere di prova soggiace anche il Condominio nella sua veste di creditore nei confronti del condomino moroso.

Compensazione

In conclusione preme evidenziare come nel caso di condomino fallito moroso, il condominio assuma una duplice veste di:

  • debitore nei confronti della massa fallimentare. I condòmini in virtù del principio di solidarietà condominiale, devono rispondere dei debiti del condomino moroso nei confronti dei terzi, a condizione che tali creditori esperiscano in via preventiva, dandone prova, l’escussione del credito nei confronti del debitore;
  • creditore nei confronti del condomino moroso.

Sorge spontaneo quindi domandarsi se sia possibile compensare i crediti e i debiti del condominio nei confronti del condomino moroso fallito. Secondo l’art. 1243 c.c. “la compensazione si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere e che sono ugualmente liquidi ed esigibili. Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all’accertamento del credito opposto in compensazione”.

Nella legge fallimentare la compensazione è disciplinata dall’art. 56 L.F., il cui primo comma afferma che “hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito, i crediti che essi vantano verso lo stesso ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento”. Tuttavia il secondo comma stabilisce che “per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore”.

Ne consegue che, possono essere compensati solo i crediti:

  • non scaduti (la prescrizione è decennale);
  • sorti prima dei 12 mesi antecedenti alla dichiarazione di fallimento.

Invece non possono essere compensati i crediti sorti dopo la dichiarazione di fallimento, e quindi tutti i crediti che rientrano nella categoria di prededucibili (ad es. le spese di manutenzione dell’immobile nelle more del procedimento fallimentare).

Si evidenzia, inoltre, che il Condominio potrebbe formulare al curatore fallimentare anche istanza di assegnazione del bene oggetto della procedura, qualora la vendita non avesse luogo. Si noti che l’assegnazione è istituto disciplinato dall’art. 589 cpc e seg. così come modificato dal D.L n. 83/2014 convertito in Legge n. 132/2015. Termine per presentare l’istanza è di 10 giorni prima della data dell’udienza fissata per la vendita.

Il curatore deve invitare ogni creditore, in par condicio, a manifestare il proprio interesse all’assegnazione del bene. Ogni creditore che si renda disponibile all’assegnazione deve versare in favore della procedura un importo pari al valore dei crediti dei creditori che hanno diritto di prelazione anteriore rispetto al proprio, nonché la quota parte delle spese della procedura che gravano sul bene medesimo (cfr. Tribunale di Larino, ordinanza del 10.11.2016).

Se non intervengono altri creditori privilegiati, l’offerta di pagamento deve essere pari alla differenza tra il credito vantato per sorte capitale e il prezzo complessivo indicato ai sensi dell’art. 589 co. 1 c.p.c.,  cioè il prezzo base stabilito per l’esperimento di vendita determinato dal Giudice ai sensi dell’art. 568 cpc. (valore di mercato sulla base degli elementi forniti dalle parti e dall’esperto).

Ulteriore via per il condominio è acquistare il bene dalla vendita, compensando in questo modo crediti e debiti.

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