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Condominio e servitù: l’opponibilità ai condòmini

  • Quotidiano Del Condominio
  • 5 ottobre 2018

[A cura di: Confappi] Le clausole regolamentari che limitano i diritti dominicali dei singoli condòmini sulle rispettive proprietà esclusive non costituiscono obbligazioni che gravano su chi ha la titolarità di un diritto reale in quanto tale, ma servitù reciproche, vale a dire diritti reali “atipici” consistenti nell’assoggettare tutte le unità immobiliari di proprietà esclusiva ai vincoli e limiti ivi previsti. Di conseguenza, trattandosi di servitù reciproche sebbene contenute in un regolamento condominiale di tipo contrattuale, per la loro opponibilità ai condòmini non è sufficiente la trascrizione in Conservatoria del regolamento come atto unitario, ma serve una nota di trascrizione ad hoc, in cui si faccia menzione della servitù o comunque la specifica approvazione della clausola nei singoli atti di acquisto di tutti i condòmini.

Il codice e la giurisprudenza

Sul punto, l’articolo 2643, numero 4, del Codice civile, dispone che sono soggetti a trascrizione “i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali”. A stabilirlo è il Tribunale di Roma (sentenza del 6 marzo 2018, n. 4746) esaminando la richiesta di alcuni condòmini che hanno chiesto la rimozione di un box costruito da un altro condomino, proprietario di un immobile nel giardino di pertinenza. Secondo gli attori, il box sarebbe da eliminare in quanto il regolamento condominiale vieta ai proprietari dei giardini e delle terrazze a livello dei piani terra di effettuare qualsiasi costruzione, anche se per ripostiglio. Nel costituirsi, il condomino ha eccepito l’inopponibilità della clausola regolamentare, perché non trascritta con apposita nota e non espressamente accettata.

Il Tribunale di Roma ha respinto la domanda osservando che il convenuto (e prima di lui i suoi danti causa) nei propri atti di trasferimento non aveva fatto alcuna menzione della servitù di non costruire, né risultava un’autonoma trascrizione in Conservatoria. “In materia di costituzione di servitù – si legge nella sentenza – la trascrizione (richiesta dall’art. 2643 n. 4 c.c.) non adempie ad una funzione costitutiva ma serve a rendere opponibile il diritto ai terzi i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima. E, quindi, perché la trascrizione possa rispondere al suo scopo di dare conoscenza ai terzi dell’avvenuta costituzione della servitù, è necessario che la conoscenza possa essere acquisita attraverso il semplice esame dei registri immobiliari perché soltanto quelle parti della nota che menzionano la servitù sono rese pubbliche ed i terzi solo a queste debbono attenersi: la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà senza che sia fatta in esso menzione delle servitù contestualmente costituite a favore dell’immobile trasferito non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi successivi acquirenti del fondo servente tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cassazione 5626/85 e 5158/03)”.

In definitiva affinché operi la pubblicità, occorre che il negozio fatto valere sia stato accettato espressamente nell’atto di acquisto o autonomamente trascritto con la specifica indicazione del fondo servente e di quello dominante. Se ciò non avviene, dai registri i terzi interessati non sono in condizione di verificarne l’esistenza.

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