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Non solo l’amministratore: chi e come può convocare l’assemblea condominiale?

  • Quotidiano Del Condominio
  • 29 novembre 2018

[A cura di: avv. Andrea Marostica] L’art. 66, co. 1, disp. att. c.c. distingue tra assemblea convocata “in via ordinaria” ed “in via straordinaria”: da tale distinzione è invalso l’uso delle espressioni “assemblea ordinaria” ed “assemblea straordinaria”.

L’assemblea convocata in via ordinaria è quella convocata annualmente per le deliberazioni indicate dall’art. 1135 c.c., ovvero la nomina dell’amministratore, l’approvazione del rendiconto della gestione precedente, l’approvazione del preventivo di spesa per la gestione successiva, opere di manutenzione straordinaria ed innovazioni.

L’assemblea convocata in via straordinaria è quella convocata quando l’amministratore lo ritenga necessario o quando ne sia fatta richiesta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.

A parte quanto appena detto, non vi è alcuna differenza ontologica tra assemblea ordinaria ed assemblea straordinaria: la legge fornisce un’unica disciplina dell’assemblea (relativa ai vari aspetti della convocazione, della partecipazione, della votazione, ecc.), senza porre alcuna distinzione.

In merito all’assenza di differenze tra assemblea ordinaria e straordinaria, è stato affermato (Cass. civ. 1984/3456) che ai fini della validità di una deliberazione di assemblea condominiale, è privo di qualunque rilievo il fatto che la delibera impugnata sia stata adottata in un’assemblea straordinaria piuttosto che in un’assemblea ordinaria, o viceversa, giacché non esistono, tra le competenze di questi due tipi di assemblee, differenze di sorta, né sono previsti differenti quorum per la legale costituzione delle assemblee medesime, l’assemblea straordinaria essendo menzionata, in opposizione a quella ordinaria, dall’art. 66 disp. att. c.c., soltanto per disporre che l’assemblea ordinaria deve essere convocata annualmente, a differenza di quella straordinaria, che è convocata in qualsiasi momento in caso di necessità.

L’assenza di ulteriori differenze è ribadita dalla irrilevanza, quanto alla validità delle delibere adottate, della correttezza dell’indicazione “ordinaria” o “straordinaria” nella convocazione dell’assemblea. È stato così evidenziato (Cass. civ. 1975/2050) che allorché tutti i condòmini di un edificio abbiano avuto tempestiva comunicazione della convocazione dell’assemblea e degli argomenti all’ordine del giorno, non ha rilevanza, al fine della validità delle delibere adottate, l’esattezza o meno dell’indicazione dell’assemblea, nell’avviso di convocazione, come ordinaria o straordinaria; tale distinzione, infatti, non ha altra giustificazione che quella di stabilire l’annualità ed obbligatorietà della prima, per la retta amministrazione del condominio, e l’eventualità e non periodicità della seconda, ma non attribuisce all’una od all’altra alcuna particolare natura o funzione.

Le differenze

Una differenza di disciplina tra assemblea ordinaria ed assemblea straordinaria, invero, può essere rinvenuta a proposito dei soggetti legittimati alla convocazione. Infatti, come si vedrà in seguito, mentre l’assemblea ordinaria può (e deve) essere convocata soltanto dall’amministratore (salvo, evidentemente, il caso in cui l’amministratore non vi sia), quella straordinaria può essere convocata anche dai condòmini (seppure soltanto a seguito dell’omessa convocazione da parte dell’amministratore).

Una ulteriore – apparente – differenza tra assemblea ordinaria ed assemblea straordinaria può essere rinvenuta nell’art. 1130, co. 12, n. 1, c.c. circa la mancata convocazione da parte dell’amministratore e le relative conseguenze. Infatti, mentre per l’assemblea ordinaria costituisce grave irregolarità la sua omessa convocazione, per l’assemblea straordinaria (nei casi di revoca e nomina dell’amministratore e nei casi in cui la legge ne preveda la convocazione) costituisce grave irregolarità il ripetuto rifiuto di convocarla. Ma, a ben guardare, non si tratta di una vera differenza – omissione in un caso, rifiuto nell’altro -, quanto di una conseguenza della necessità dell’assemblea ordinaria e della eventualità dell’assemblea straordinaria. Con riferimento all’assemblea ordinaria, sarà sufficiente ometterne la convocazione nel termine per commettere grave irregolarità, in quanto tale assemblea è necessaria ed il dovere di attivarsi dell’amministratore non è subordinato ad alcun atto di impulso che debba provenire da altri soggetti. Con riferimento all’assemblea straordinaria (nei casi indicati), invece, sarà necessario rifiutarne ripetutamente la convocazione per commettere grave irregolarità, in quanto tale assemblea è eventuale ed il dovere di attivarsi dell’amministratore sorge soltanto a seguito di un atto di impulso proveniente da altri soggetti. Da ultimo, si segnala che l’insufficienza di un solo rifiuto ma la necessità di almeno due rifiuti è semplicemente una scelta di opportunità del Riformatore.

Soggetti e casi

Da quanto detto all’inizio circa l’art. 66 disp. att. c.c., sembrerebbe che le uniche ipotesi di convocazione dell’assemblea siano:

  • l’assemblea (ordinaria) che deve essere convocata dall’amministratore di propria iniziativa per deliberare sulla nomina dell’amministratore, sull’approvazione del rendiconto e del preventivo, sulle eventuali opere di manutenzione straordinaria ed innovazioni;
  • l’assemblea che può essere convocata dall’amministratore di propria iniziativa quando lo ritenga necessario;
  • l’assemblea che deve essere convocata dall’amministratore quando ne facciano richiesta alcuni condòmini;
  • l’assemblea che può essere convocata da alcuni condòmini quando, a seguito di richiesta all’amministratore, questi sia rimasto inerte.

In realtà, si danno altre ipotesi:

  • l’assemblea che deve essere convocata dall’amministratore di propria iniziativa nei casi nei quali la legge lo prevede;
  • l’assemblea che deve essere convocata dall’amministratore quando ne faccia richiesta anche un solo condomino nei casi nei quali la legge lo prevede;
  • l’assemblea che può essere convocata dal singolo condomino nei casi nei quali la legge lo prevede.

Al fine di fornire un quadro al tempo stesso completo e schematico, verranno di seguito esaminate tutte le ipotesi di convocazione dell’assemblea, utilizzando quale criterio ordinatore il soggetto titolare del dovere o del potere di convocazione.

  1. L’amministratore di propria iniziativa.
    • L’amministratore deve convocare annualmente, entro centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio, l’assemblea ordinaria per le deliberazioni relative alla nomina dell’amministratore, all’approvazione del rendiconto, all’approvazione del preventivo di spesa, agli eventuali lavori di manutenzione straordinaria ed innovazioni (artt. 1130, n. 10 c.c. e 66, co. 1, disp. att. c.c.).
    • L’amministratore, inoltre, può convocare l’assemblea quando lo ritenga necessario (art. 66, co. 1, disp. att. c.c.).
    • L’amministratore, infine, deve convocare l’assemblea quando abbia ricevuto una citazione o un provvedimento che esorbita dalle sue attribuzioni, per darne senza indugio notizia ai condomini (art. 1131, co. 3, c.c.).
  2. L’amministratore su richiesta di alcuni condòmini.
    • L’amministratore deve convocare l’assemblea quando ne venga fatta richiesta da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio; decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condòmini possono provvedere direttamente alla convocazione (art. 66, co. 1, disp. att. c.c.). È richiesto che i condòmini siano almeno due e rappresentanti un sesto del valore dell’edificio; si ritiene che entrambi i quorum siano necessari, non sarebbe dunque sufficiente la richiesta di un condomino rappresentante un sesto del valore dell’edificio né la richiesta di tre condòmini rappresentanti meno di un sesto del valore dell’edificio.
  3. L’amministratore su richiesta del singolo condomino.
    • L’amministratore deve convocare l’assemblea quando ne faccia richiesta anche un solo condomino per deliberare, nel caso siano emerse gravi irregolarità fiscali o nel caso di mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente condominiale, la cessazione della violazione e la revoca dell’amministratore (art. 1129, co. 11, c.c.).
    • L’amministratore, inoltre, deve convocare l’assemblea quando ne faccia richiesta anche un solo condomino per deliberare una innovazione vista favorevolmente dal legislatore, ovvero una di quelle indicate dall’art. 1120, co. 2, c.c. (art. 1120, co. 3, c.c.).
    • L’amministratore, ancora, deve convocare l’assemblea quando ne faccia richiesta anche un solo condomino per deliberare sulla rettifica o modifica delle tabelle millesimali quando vi sia errore o alterazione, a seguito di mutamento delle condizioni dell’edificio, per più di un quinto del valore proporzionale di anche una sola unità immobiliare (art. 69, co. 1, disp. att. c.c.).
    • L’amministratore, infine, deve convocare l’assemblea quando ne faccia richiesta anche un solo condomino per deliberare, nel caso di attività che incidono negativamente ed in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, la cessazione della violazione (art. 1117 quater c.c.).
  4. Alcuni condòmini.
    • Come già visto, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta avanzata all’amministratore da parte di almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio di convocare l’assemblea, i detti condòmini possono provvedere direttamente alla convocazione (art. 66, co. 1, disp. att. c.c.). La disposizione in commento assegna ad un gruppo ristretto di condòmini la possibilità di ottenere in ogni caso la convocazione dell’assemblea per discutere i punti che questi ritengono importanti: possibilità in primis mediata dalla collaborazione dell’amministratore, il quale, se ritiene di aderire alla richiesta dei condòmini, convocherà l’assemblea, in secundis immediata, potendo i suddetti condòmini, a seguito della mancata convocazione da parte dell’amministratore entro dieci giorni dalla richiesta, procedere direttamente alla convocazione.
      È stabilito che, decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condòmini possono provvedere direttamente alla convocazione; i “detti condòmini” sono coloro che hanno fatto richiesta all’amministratore. È dunque lecito chiedersi: è ammissibile la convocazione fatta da almeno due condòmini rappresentanti un sesto del valore dell’edificio diversi dai condòmini che hanno fatto richiesta all’amministratore? Si ritiene di no, sulla base dell’interpretazione letterale della disposizione, che collega chiaramente la fase della richiesta all’amministratore e la fase della convocazione in proprio dell’assemblea ai medesimi condòmini interessati.
  5. Il singolo condomino.

Il singolo condomino ha il potere di convocare l’assemblea in due casi: quando l’amministratore non vi sia (art. 66, co. 2, disp. att. c.c.) e quando l’amministratore cessi dall’incarico a causa della perdita dei requisiti (art. 71 bis, co. 4, disp. att. c.c.).

Si noti una differenza in ordine alle formalità della convocazione: nella prima (amministratore mancante) nulla viene detto, mentre nella seconda (amministratore cessato per perdita dei requisiti) la disposizione citata precisa che il singolo condomino può convocare l’assemblea “senza formalità”. Ora, se risulta evidente che nella prima ipotesi il condomino convocante dovrà osservare tutte le disposizioni in materia di convocazione (modalità, termini), appare nebuloso l’inciso relativo all’assenza di formalità nella seconda ipotesi.

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