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Sopraelevazione in condominio: la legittimità e l’indennità

  • Quotidiano Del Condominio
  • 17 giugno 2019

[A cura di: avv. Emanuele Bruno – www.studiobruno.info]

L’art. 1127 c.c.

  1. Il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.
  2. La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell’edificio non la consentono.
  3. I condòmini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l’aspetto architettonico dell’edificio ovvero diminuisce notevolmente l’aria o la luce dei piani sottostanti.
  4. Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condòmini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condòmini avevano il diritto di usare.

Chi può costruire

La norma spiega che soltanto chi è proprietario dell’ultimo piano può costruire, e che per ultimo piano si intende anche il lastrico solare.

Il diritto può essere escluso o limitato mediante convenzione, quando risulti differentemente dal titolo. Per titolo si deve intendere tanto l’atto di acquisto della proprietà quanto un regolamento contrattuale incorporato nell’atto di compravendita (Cass. n. 15504/2000); in tale ipotesi, la limitazione opera come servitù altius non tollendi, è opponibile anche al terzo acquirente e potrà essere fatta valere tanto dal singolo condomino quanto dall’ente  condominio (Cass. 10397/1994).

Il proprietario dell’ultimo piano di un edificio in condominio può elevare nuovi piani o fabbriche solo nel caso in cui sopra il suo appartamento sussistano manufatti di proprietà comune (come il tetto od il sottotetto non praticabile), che possono essere spostati al termine della sopraelevazione. Ma, qualora la soffitta (o il sottotetto) di un edificio in condominio sia di proprietà esclusiva di uno solo dei condòmini, essa dev’essere considerata, ai fini della sopraelevazione, come ultimo piano, onde, ai sensi dell’art. 1127 c.c., il diritto di sopraelevare l’edificio spetta solo al proprietario di essa (Cass. 5608/1978).

Identica limitazione sussiste nel caso in cui il lastrico solare (che svolge funzioni di copertura) risulti essere proprietà privata di un condomino.

La sopraelevazione deve spostare verso l’alto le servitù eventualmente esistenti, quindi, deve garantire il mantenimento delle servitù di scolo delle acque, di copertura-isolamento, sostanzialmente, deve ricostruire in apice la situazione sopra la quale edifica.

Esclusioni ed opposizioni

La costruzione è esclusa quando comporta rischi per la staticità dell’edificio. L’art. 1127, comma 2, c.c., il quale fa divieto al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale di realizzare sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato e consente agli altri condòmini di agire per la demolizione del manufatto eseguito in violazione di tale limite; impedisce altresì di costruire sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche, fondandosi la necessità di adeguamento alla relativa normativa tecnica su una presunzione di pericolosità, senza che abbia rilievo, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione in sanatoria relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell’edificio, giacché tale provvedimento prescinde da un giudizio tecnico di conformità alle regole di costruzione.

In ogni caso va ribadito che è pacifico il principio secondo cui la (eventuale) sanatoria o il condono degli illeciti urbanistici, inerendo al rapporto fra P.A. e privato costruttore, esplicano i loro effetti soltanto sul piano dei rapporti pubblicistici – amministrativi, penali e/o fiscali – e non hanno alcuna incidenza nei rapporti fra privati, lasciando impregiudicati i diritti dei privati confinanti derivanti dall’eventuale violazione delle distanze legali o degli altri limiti legali di vicinato previsti dal codice civile e dalle norme regolamentari integratrici dello stesso codice (Cass. 2115/2018).

I condòmini possono opporsi (ciò significa che l’esclusione non opera automaticamente ma necessita di attivazione da parte dell’assemblea) nel caso in cui la sopraelevazione pregiudichi il decoro architettonico dello stabile.

L’aspetto architettonico, cui si riferisce l’art. 1127 c.c., comma 3, quale limite alle sopraelevazioni, sottende una nozione sicuramente diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dall’art. 1120, comma 4, c.c., art. 1122, comma 1, c.c. e art. 1122-bis c.c., dovendo l’intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore (Cass. n. 22156/2018). Né il decoro architettonico va considerato solo con riferimento alla facciata principale del fabbricato, poiché la facciata rappresenta l’immagine stessa dell’edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile. Il pregiudizio all’aspetto architettonico, peraltro, una volta accertato si traduce in una diminuzione del pregio estetico e, quindi, anche economico del fabbricato (Cass. n. 16258/2017).

Lavori legittimi

Nel caso in cui la sopraelevazione rispetti il decoro architettonico e la staticità del fabbricato, i condòmini non possono opporsi avendo unicamente diritto alla liquidazione della indennità. Sotto questo profilo, è importante che il condomino che intende sopraelevare si munisca di documentazione utile a dimostrare la sussistenza dei requisiti statici dell’immobile così da vincere eventuali opposizioni.

Nell’ipotesi in cui sussistano i requisiti prescritti dalla norma, non è necessario un passaggio-autorizzazione assembleare, ben potendo il condomino procedere autonomamente (Cass. 15504/2000). Tuttavia potrebbe accadere che garantire la staticità del fabbricato richieda interventi edilizi al fine di garantire la staticità, in tale ipotesi, occorrerà chiedere autorizzazione all’assemblea che – in linea di massima e di principio – dovrà autorizzare le opere.

Quando non è sopraelevazione

  • Non tutti gli interventi edilizi possono configurarsi come sopraelevazione. Si può parlare di sopraelevazione quando l’opera comporti aumento di volume e/o di superficie coperta, ovvero, incide sul rapporto tra proprietà singola e proprietà totale. Ciò vuol dire che piccole opere di trasformazione non sono qualificabili come sopraelevazione. La sopraelevazione di cui all’art. 1127 cod. civ. si configura nei casi in cui il proprietario dell’ultimo piano dell’edificio condominiale esegua nuovi piani o nuove fabbriche ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie, ma non anche quando egli intervenga con opere di trasformazione del tetto che, per le loro caratteristiche strutturali (nella specie, ampliamento della superficie dell’appartamento con spostamento di una parete, nonché realizzazione di un balcone, di due ripostigli e di un abbaino), siano idonee a sottrarre il bene comune alla sua destinazione in favore degli altri condòmini ed attrarlo nell’uso esclusivo del singolo condomino (Cass. 2865/2008).
  • La sopraelevazione da parte del proprietario dell’ultimo piano di un edificio in condominio è configurabile anche per la trasformazione che comporti un aumento della superficie o della volumetria, indipendentemente dall’innalzamento dell’altezza del fabbricato, obbligando il suo autore a corrispondere agli altri condomini l’indennità prevista dall’art. 1127 c.c., con la rettifica, inoltre, delle tabelle millesimali, ai sensi dell’art. 69, n. 2 disp. att. c.c., che consente, poi, la proposizione delle azioni di indebito o arricchimento a far data dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce l’eventuale lite sorta al riguardo (Cass. 2007/16794).
  • Qualora il proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale provveda a modificare una parte del tetto condominiale trasformandola in terrazza a proprio uso esclusivo, tale modifica è da ritenere illecita non potendo essere invocato l’art. 1102 cod. civ. poiché non si è in presenza di una modifica finalizzata al migliore godimento della cosa comune, bensì all’appropriazione di una parte di questa che viene definitivamente sottratta ad ogni possibilità di futuro godimento da parte degli altri; né assume rilievo il fatto che la parte di tetto sostituita continui a svolgere una funzione di copertura dell’immobile (Cass. 14950/2008).
  • È escluso che l’altana (loggetta sopratetto tipica degli edifici veneziani) possa costituire propriamente una sopraelevazione, continuando a fungere da copertura dell’edificio la parte di tetto su cui insiste la sua struttura e, ancorché essa sia qualificabile come una costruzione, non rappresenta l’espressione del diritto di sopraelevazione. Pertanto, in tema di condominio, la sostituzione integrale o parziale del tetto – così come la sua permanente occupazione in parte con la sovrapposizione di altro manufatto – ad opera del proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale, con una diversa copertura (terrazza od altra struttura equivalente, come potrebbe essere proprio un’altana) che pur non eliminando l’assolvimento della funzione originariamente svolta dal tetto stesso, valga ad imprimere al nuovo manufatto, per le sue caratteristiche strutturali e per i suoi annessi, anche una destinazione ad uso esclusivo dell’autore dell’opera, costituisce alterazione della destinazione della cosa comune e non può considerarsi insita nel più ampio diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell’ultimo piano (Cass. n. 5039/2013).
  • La giurisprudenza richiamata spiega che le opere non riconducibili alla sopraelevazione riportano alla disciplina ex art. 1102 c.c. o alla differente disciplina delle innovazioni.

L’indennità

La sopraelevazione determina un differente rapporto tra proprietà singola e proprietà comune. Semplificando, se costruisco sul lastrico solare, il nuovo immobile mi vedrà proprietario di una parte più consistente dello stesso fabbricato. Tale variazione implica che gli altri condòmini vedranno diminuita la loro quota di partecipazione rispetto all’intero. In condominio, le tabelle millesimali indicano il rapporto tra la proprietà singola e la proprietà comune. Ciascun condomino detiene la comproprietà delle parti comuni in misura pari ai millesimi a lui attribuiti dalla tabella di proprietà generale. La sopraelevazione implica un incremento di millesimi a favore del condomino dell’ultimo piano e ciò determinerà una riduzione delle quote dei restanti condòmini che, per esempio, vedranno ridotta la quota di comproprietà del suolo sul quale l’immobile è edificato. L’indennità ha la funzione di remunerare tale perdita.

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