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Anche il sottosuolo è di proprietà del condominio

  • Quotidiano Del Condominio
  • 2 dicembre 2019

La parte sottostante il suolo su cui sorge il condominio va considerato di proprietà condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condòmini. Pertanto, nessun condomino può, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondità del sottosuolo (ad esempio, della pavimentazione della propria cantina) per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti. È quanto disposto dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 29925 del 18 novembre 2019, di cui riportiamo un estratto.

——————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 18.11.2019,
n. 29925
——————-

Fatti di causa e ragioni della decisione

G.F. ha proposto ricorso articolato in unico motivo (violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 840 e 1102 c.c.) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 53/2018 del 17 gennaio 2018, che pur parzialmente accogliendo il gravame, ha comunque confermato la condanna della ricorrente al ripristino del suolo e del livello originario della pavimentazione della cantina, la cui altezza era stata ampliata mediante scavo.

Rimane intimato, senza svolgere attività difensive, il Condominio ….

L’unico motivo di ricorso, per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 840 e 1102 c.c., assume che la sentenza impugnata abbia erroneamente ritenuto lo scavo operato dalla condomina G.F. un’attività lesiva della proprietà condominiale, senza aver accertato che venisse così precluso l’uso comune del sottosuolo, oppure che fosse così alterata la funzione di sostegno del fabbricato.

(omissis)

La Corte d’Appello di Genova ha affermato che lo scavo realizzato da G.F. nel suolo sottostante alla cantina di sua proprietà, abbassando il livello del pavimento di circa sessanta centimetri, fosse illegittimo, trattandosi di parte comune assoggettata a vantaggio di un singolo.

In tal modo, la Corte d’Appello si è uniformata al costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte.

L’art. 1117 c.c. ricomprende fra le parti comuni del condominio “il suolo su cui sorge l’edificio”. Oggetto di proprietà comune, agli effetti dell’art. 1117 c.c., è, quindi, non solo la superficie a livello del piano di campagna, bensì tutta quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l’intero fabbricato e dunque immediatamente pure la parte sottostante di esso. Il termine “suolo”, adoperato dall’art. 1117 citato, assume, invero, un significato diverso e più ampio di quello supposto dall’art. 840 c.c., dove esso indica soltanto la superficie esposta all’aria.

Piuttosto, l’art. 1117 c.c., letto sistematicamente con l’art. 840 dello stesso codice, implica che il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiaria che è alla base dell’edificio (seppure non menzionato espressamente dall’elencazione esemplificativa fatta dalla prima di tali disposizioni), va considerato di proprietà condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condòmini. Pertanto, nessun condomino può, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell’orbita della sua disponibilità esclusiva, verrebbe a ledere il diritto di proprietà degli altri partecipanti su una parte comune dell’edificio, privandoli dell’uso e del godimento ad essa pertinenti (omissis). La condotta del condomino che, senza il consenso degli altri partecipanti, proceda a scavi in profondità del sottosuolo, acquisendone la proprietà, finisce, in pratica, con l’attrarre la cosa comune nell’ambito della disponibilità esclusiva di quello.

La Corte d’Appello di Genova ha valutato l’illegittimità dello scavo eseguito dalla G.F. non con riferimento ad una ipotizzata alterazione della destinazione del bene (sicché non ha rilievo invocare la verifica sotto il punto di vista della funzione di sostegno alla stabilità dell’edificio, o dell’idoneità dell’intervento a pregiudicare l’interesse degli altri condòmini al pari uso della cosa comune, su cui si veda, ad esempio, Cass. 22 settembre 2014, n. 19915), quanto alla stregua della consistenza in sé dello scavo (55-60 centimetri di abbassamento del livello del pavimento). Ciò ha dato luogo, stando al giudizio di fatto sul punto formulato dai giudici del merito – che non è sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – , ad un’appropriazione di una porzione rilevante del sottosuolo, che ha comportato una modifica significativa del bene condominiale, in rapporto alla sua estensione e alla destinazione della modifica stessa, e che perciò non si può spiegare soltanto come modalità di uso più intenso della cosa comune da parte del condomino, in prospettiva di migliore godimento della unità immobiliare di proprietà esclusiva.

Il ricorso va quindi rigettato. Non occorre regolare le spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato non ha svolto attività difensive.

(omissis)

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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  • comunione
  • disponibilità esclusiva
  • parti comuni
  • sentenze di cassazione
  • sottosuolo
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